2 GIUGNO 1946: L’ITALIA SOVRANA SCEGLIE LA FORMA REPUBBLICANA - di Mirko Crocoli

ROMA\ aise\ - Dopo la resa di Badoglio e la successiva capitolazione di Hitler e Mussolini, tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945, gli alleati si spartiscono la grande Europa: la distesissima parte orientale all’Unione Sovietica di Stalin mentre l’ala occidentale - ad ovest di Berlino - agli anglo-americani e alle forze alleate. In Italia - il 2 giugno 1946 - si indicono le prime elezioni/referendum del dopoguerra, chiedendo al popolo italiano quale forma di governo dovrà assumere la penisola: Monarchia o Repubblica.
È la prima consultazione della storia del nostro Paese a suffragio universale e, grazie al decreto De Gasperi/Togliatti noto come Bonomi, anche le donne al compimento del ventunesimo anno di età acquisirono il diritto al voto. È tempo di ricostruzione e il vento di libertà soffia in tutto lo Stivale. L’esito del confronto porta alla vittoria della forma Repubblicana con uno scarto di oltre due milioni di voti.
Il Re Umberto II è costretto all’esilio, la Presidenza dell’Assemblea Costituente viene assegnata a Giuseppe Saragat, succeduto da Umberto Terracini e all’elezione - il 28 giugno - di Enrico De Nicola alla carica di primo inquilino provvisorio del Quirinale nell’era post fascista. Tale investitura sarà ricoperta fino al maggio del 1948, anno in cui sale al Colle Luigi Einaudi.
Dal voto della Costituente (stesso giorno del referendum) i dati appaiono subito chiari: 207 seggi (pari al 37,2% dei consensi) vanno alla Dc di De Gasperi, 115 (20,7%) al Partito socialista di Pietro Nenni, 104 (18,7%) al Partito comunista di Palmiro Togliatti e 41 (7%) all’Unione Democratica Nazionale (liberali e altri) guidata da Vittorio Emanuele Orlando. Alle altre compagini i pochi restanti seggi spartiti in base alle percentuali ottenute. Il referendum consegna l’Italia alla Costituente e alla Democrazia Cristiana, l’area moderata centrista d’orientamento cristiano cattolico e filo Usa, sollevando non pochi dubbi e dissapori da parte dei monarchici che - nelle primissime battute - gridano al broglio elettorale.
La riconta non lascia scampo e l’antica casa Reale incassa la sconfitta. È netta la divisione territoriale: da quel voto escono due Nazioni: da Roma in giù la fedeltà alla corona è totale, mentre il centro-nord completamente Repubblicano.
La resistenza partigiana nelle roccaforti rosse quali l’Emilia, unita alla forza di De Gasperi nelle regioni del nord ottengono una maggioranza netta ma non plebiscitaria nei confronti degli ex monarchici. I due anni successivi rappresentano un momento transitorio; mesi di lavori intensi fino all’entrata in vigore della Costituzione datata 1 gennaio 1948. Due Italie, una Nazione spaccata a metà in un periodo post liberazione molto difficoltoso, sia per i governanti dell’epoca sia per il popolo, in piena fase di ricostruzione.
La capitale è il crocevia e il punto di contatto tra le due identità. Tutto il sud è “Reale”, tutto il nord desidera un cambio dopo il ventennio fascista. Tra macerie, dolore ed in una lenta ripresa, con non poco scetticismo, gli accaniti sostenitori di Sua Maestà perdono quella sfida alle urne contro gli irriducibili appassionati della democrazia e promotori, con il benestare dei liberatori, del sistema Repubblicano.
È lì, in quelle ore di fermento, tra il 2 e il 3 giugno del ’46 che nasce - definitivamente - l’attuale sistema politico e istituzionale della nostra Nazione.
La cosiddetta Prima Repubblica vide la luce in quei giorni e morirà in agonia nei primi anni novanta, con l’avvento del fenomeno di tangentopoli e mani pulite, che spazzò via gran parte di quei partiti storici che furono l’ossatura del “bel Paese” per mezzo secolo. (mirko crocoli\aise)