25 APRILE/ DA FIRENZE A CASSINO: ONORE E RISPETTO - di Mirko Crocoli

ROMA\ aise\ - Se si vuole veramente onorare la giornata del 25 aprile, quale liberazione della nostra penisola dal Nazifascismo allora crediamo sia alquanto opportuno almeno non specularci sopra, visto e considerato quanti, in quei due anni di campagna d’Italia, hanno perso la vita per noi.
Non demagogia dunque, non populismi ne tanto meno canti popolari che non si addicono alla verità storica. L’unica cosa da fare ora, se lo si vuole e lo si sente nell’animo, è dirigersi negli unici posti dove è presente il vero spirito della nostra libertà, quella che ancora oggi ci godiamo, a pieno e in ogni forma.
Le scelte sono diverse, così come le location, sparse da nord a sud, un po’ in tutto lo Stivale. Si può scegliere tra Firenze, Nettuno, Anzio, Cassino, Caserta, Napoli, Salerno, Siracusa, Catania, Cesena, Gradara, Ravenna, Forli’, Udine, Bologna, Milano e tanti altri borghi presenti sul nostro suolo. In soli 24 mesi, dal luglio ‘43 all’aprile ’45, in decine di migliaia e provenienti da molte nazioni del mondo perdono la vita per donarci quella tanto agognata riconquista del Paese. 32 mila circa, solamente i "ragazzi" degli Stati Uniti d’America e oltre 46 mila quelli del Regno Unito e del vasto Impero Britannico periti durante il biennio di guerra italica.
Gran capo dell’intera spedizione è D. Eisenhower (poi divenuto presidente) che si contrappone ad un Albert Kesserling piuttosto agguerrito. I primi a metter piede sulle spiagge italiane sono la 7° armata USA comandata dal Generale “d’acciaio” Patton e l’8 armata britannica del leggendario Bernard Montgomery, con 160 mila uomini, 7 divisioni di fanteria e l’appoggio dei Canadesi, degli Australiani e di molti giovani degli Stati del Commonwealth; fedeli alla corona di Sua Maestà. Si opta dunque per l’operazione Husky ovvero Sbarco in Sicilia per dare l’avvio a quella che sarà denominata la campagna d’Italia.
Prima ancora del D-DAY di Normandia, prima ancora di Parigi, prima ancora dello sfondamento ad oriente delle armate “rosse” e prima ancora di tutto…ci siamo stati NOI, nei loro cuori. Partita nella notte tra il 9 e il 10 luglio ’43, l’offensiva alleata è così dirompente che in soli 39 giorni dalla costa orientale della Sicilia arriva a Messina e riconquista la bella isola del Mediterraneo.
Il partito fascista comincia a vacillare e già nel settembre dello stesso anno i "nostri sconosciuti eroi" si trovano a Salerno. Duri scontri ovunque, di casa in casa, oltrepassando fiumi e strade con bombardamenti prolungati per mesi interi. Gli italiani, ormai in fuga e successivamente divisi tra badogliani e mussoliniani, lasciano il campo ai tenaci combattenti alleati nella dura controffensiva lungo il fronte Gustav, tra la baia di Napoli fino a Ortona (la Stalingrado d’Italia) che taglia in due la nazione, dal Tirreno all’Adriatico passando per Cassino. La piazza di Roma è ormai “città aperta”, in balia degli eventi e senza una vera e propria leadership tra fascisti e nazisti. In realtà la città/capitale è solo nelle mani del Gen. Kurt Mälzer, del Colonnello Herbert Kappler (noto per la rappresaglia alle Fosse Ardeatine) e del Questore Pietro Caruso, più marionetta che altro. Ma è l’affondo finale tra la fine del ’44 e l’aprile del ’45 sulla linea Gotica, tra Massa e Carrara fino a Pesaro per 300 km su tutto l’Appennino tosco-emiliano, che annienta definitivamente le speranze dei Feldmarescialli di Hitler.
Da Licata alla Pianura padana, un inferno che lascerà sui terreni di battaglia migliaia tra militari e civili. L’incessante resistenza delle truppe germaniche annidate nei promontori e sulle colline del dorso appenninico, ha dato filo da torcere agli alleati, i quali pagano la vittoria e la nostra preziosa libertà ad un prezzo di vite umane altissimo. E dunque, se si vuole veramente celebrare questa straordinaria giornata, il miglior modo per farlo è evitare canti e canzonette, sventolii di bandiere e fazzoletti di vario colore, ma avviarsi con rispetto e devozione verso la città di Firenze o Nettuno, per recarsi nei cimiteri militari delle forze armate degli Stati Uniti d’America, o Cassino e Minturno dove riposano gli alleati Inglesi e del Commonwealth. Non frasi e stornelli, perché mai dimenticare che senza di loro, noi italiani in fuga e con un esercito oramai dissolto nell’aria, non ce l’avremmo fatta.
Una preghiera sincera e silente per qualche minuto sopra a quelle croci bianche al posto di inutili frastuoni che, per onestà intellettuale, non hanno alcun senso. L’unica e sola forma è la gratitudine, il tributo, il silenzio e il pensiero commosso rivolto a quei giovani venuti, per la nostra amata libertà, da terre molto lontane! (aise)