INTERVISTA A MERLO SU CITTADINANZA E PASSAPORTO
RIO DE JANEIRO\ aise\ - “In visita ufficiale in Brasile, Ricardo Merlo inaugura il Consolato di Recife e fa il bilancio del primo semestre del suo mandato come sottosegretario della Farnesina, parlando dei progressi nei servizi consolari e del progetto che potrebbe cambiare il sistema di voto degli italiani all'estero Il sottosegretario della Cooperazione Internazionale del Ministero degli Affari Esteri italiano, Ricardo Merlo, è stato in Brasile all’inizio di dicembre per una serie di eventi ufficiali, dopo esser stato presente in Messico, dove ha partecipato all'insediamento del Presidente López Obrador”. È quanto si legge su Comunità Italiana, il giornale diretto a Rio de Janeiro da Pietro Petraglia, dove compare un’intervista al sottosegretario Ricardo Merlo.
“Il 5 dicembre, Merlo è intervenuto all'inaugurazione del Consolato Italiano di Recife e, il 6, ha aderito alla riunione del coordinamento consolare del Sistema Italia Brasile, a Rio de Janeiro, occasione in cui ha concesso un'intervista esclusiva a Comunità. "Sono molto contento perché ora abbiamo un consolato a Recife, con tecnologia e spazio per le persone, con varie funzionalità. Mi congratulo con l'Ambasciatore Antonio Bernardini e il Console Gabor Zagon, perché hanno fatto un ottimo lavoro ", ha elogiato. Dal mese di giugno, con l’incarico di sottosegretario della Farnesina, il primo oriundo a esercitare questa posizione nel governo italiano, il senatore eletto dal MAIE (Movimento Associativo Italiani all’Estero), ha detto di sentire un cambio di comportamento da parte del governo rispetto ai cittadini italiani all'estero, che sono sempre più visti come una risorsa e patrimonio della stessa Italia. Nato a Buenos Aires e laureato in Scienze Politiche, Merlo, che è figlio di un emigrante trevigiano, è stato presidente dell'Associazione Trevigiani nel Mondo, del Comitato dell’Associazione Veneta Argentina e della Gioventù Veneta Argentina, oltre ad aver presieduto il Comites. Ha frequentato una specializzazione nel processo d’integrazione europea presso l'Università di Padova.
CI Poco dopo la sua nomina a sottosegretario della Farnesina, in un'intervista concessa a Comunità, Lei ha affermato come fosse un segnale positivo, il fatto che, per la prima volta, un oriundo assumesse l’incarico nel governo italiano, per rafforzare la rete consolare. Che bilancio fa di questi cinque mesi? Possiamo dire che i servizi sono migliorati e che la visione degli italiani all'estero come una risorsa e non come una "spesa" sia più diffusa?
Ricardo Merlo — In cinque mesi, percepisco almeno un cambio di comportamento. Prima, sentivamo solo parlare della chiusura di Ambasciate e Consolati, e noi, negli ultimi tre mesi, abbiamo inaugurato delle nuove sedi nelle ambasciate della Repubblica Domenicana e in Panama, il Consolato a Recife, e stiamo portando avanti il progetto per costruire un nuovo Consolato a Montevideo. Sono fiducioso del fatto che a Santa Catarina avremo qualche nuova struttura consolare per migliorare i servizi. Già l'anno prossimo? Non ne sono sicuro, ma sono ottimista. Sappiamo che non è facile sensibilizzare il governo sulla questione degli italiani che vivono all'estero, ma già esiste un’inversione di marcia e ci muoviamo poco a poco. Possiamo fare un'autocritica perché gli eletti all'estero non sono stati in grado di trasmettere questa idea al Parlamento. È cresciuta la consapevolezza sui cittadini all'estero? Sì, ma non abbastanza. In ogni caso, il fatto che un governo nomini un oriundo al Ministero degli Esteri come sottosegretario è un modo per riconoscere questa esistenza. Siamo all'inizio, ma qualcosa è cambiato.
CI — In caso di caduta dell'attuale governo italiano, formato dai partiti della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle, cambia la politica per gli italiani all'estero?
RM — Sono concentrato sulle mie attività di sottosegretario, che includono relazioni bilaterali con altri paesi, come Canada, Australia e Messico. Spero davvero che questo governo continui. Vediamo. Tuttavia, negli ultimi quarant'anni, abbiamo questa situazione in Italia: un governo ogni 18 mesi. Da parte mia, io lavoro, cerco di darmi da fare per migliorare la situazione.
CI — Il sistema di voto per corrispondenza, utilizzato per anni durante le elezioni italiane all'estero, sarà abolito?
RM — Penso di sì, forse l'anno prossimo. Il CGIE ha formulato una bozza di disegno di legge da presentare al Parlamento italiano. Porterò il testo in Parlamento per avviare un dibattito. Abbiamo la possibilità del voto elettronico, la possibilità di inversione di opzione...
CI — Quale sarebbe la possibilità di inversione di opzione?
RM — Significa che chiunque desideri votare deve iscriversi. In altre parole, invece di inviare sei milioni di e-mail o di lettere, invieremo, per esempio, un milione, un milione e mezzo di comunicati, a chi voterà. È un risparmio energetico, per sicurezza. Voglio stimolare il dibattito, che spero, sarà fatto in modo maturo in Parlamento l'anno prossimo. La cosa più importante è che siamo consapevoli del fatto che la situazione non può continuare così com'è. Il sistema deve essere modificato, anche per evitare critiche e commenti su possibili frodi, sebbene nessuno sia mai stato condannato. Cercheremo di creare un sistema più trasparente e più efficace. L'anno prossimo, sicuramente, avremo in Parlamento la discussione sul modo di votare all'estero.
CI — A grandi linee, oggi, qual è la situazione degli italiani in America Latina?
RM — Il caso più particolare oggi è in Venezuela, dove una comunità di 100.000 italiani non può comprare medicine o articoli elementari, come la carta igienica. La svalutazione della moneta rende la pensione che arriva in euro, convertita in bolivar, molto inferiore al suo valore. Quest'anno sono stati inviati sette contrattisti (impiegati assunti a tempo determinato) ai consolati venezuelani perché molte persone, nell'emergenza, hanno richiesto la concessione dei passaporti per lasciare il paese. Ad ogni modo, in tutto il Sud America, il problema principale sono i servizi consolari. Abbiamo trovato delle circostanze disastrose nel continente. Stiamo cercando di cambiare la situazione attraverso l'aumento del personale, con 100 contrattisti quest'anno e l'anno prossimo, più di 150. Inoltre, contiamo con l’aiuto dell’innovazione tecnologica, come ad esempio il sistema di videochiamata a San Paolo, utilizzato per le prenotazioni, che è un sistema efficiente e fa risparmiare tempo, oltre a eliminare la mafia delle prenotazioni. M’impegno per risolvere questi problemi. Anche a Londra esiste questo tipo di situazione. In Inghilterra, ad esempio, che sta lasciando l'Unione europea, stiamo lavorando affinché i diritti degli italiani non vengano toccati.
CI — Come valuta la situazione della comunità italiana in Argentina?
RM — Il problema è lo stesso del Brasile: i servizi consolari sono molto richiesti. Nella regione corrispondente al Consolato di Buenos Aires vivono 150.000 italiani con la cittadinanza, oltre alle migliaia che vorrebbero richiederla. Con gli sforzi delle associazioni, del CGIE, le cose stanno migliorando sulla faccenda dei passaporti, sia in Brasile sia in Argentina. Per quanto riguarda la questione della cittadinanza, stiamo lavorando per eliminare le mafie, che sono al di fuori dei consolati. In Argentina ci sono meno persone in fila rispetto al Brasile, paese, quest’ultimo, in cui sono presenti più discendenti. È un numero più piccolo, ma il problema esiste. Siamo concentrati sulla questione della trasparenza. Vogliamo mettere fine a queste mafie che esistono nelle file per la cittadinanza e per il passaporto. In cinque mesi abbiamo già fatto qualcosa; in cinque anni, faremo molto di più. Ora, la presenza culturale esiste anche senza la politica statale. Vado nel sud del Brasile, in città in cui si parla un dialetto veneto che non è più parlato in Italia, e dove la cultura è ancora più forte. La politica culturale viene fatta attraverso gli Istituti di Cultura, ma non solo. Anche le associazioni, come i Comites, svolgono un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura. In un pranzo di un'associazione, ad esempio, abbiamo musica italiana, con 300 italiani; abbiamo molti studenti di lingua italiana nei vari paesi. La cultura italiana esiste, è inevitabile.
CI — L'accordo tra l'Unione europea e il Mercosur potrà essere finalmente firmato a breve?
RM — Sono ottimista perché credo che i presidenti dei paesi desiderino l'accordo. Ho parlato anche personalmente con il presidente del Paraguay sull'argomento. L'accordo ha un consenso diffuso nei paesi del Mercosur. Credo che faranno tutto il possibile per terminare le ultime negoziazioni in modo che possa essere approvato nei vari parlamenti interessati.
CI — Il futuro ministro dell'Economia del governo eletto di Jair Bolsonaro, Paulo Guedes, ha dichiarato alla stampa che il Mercosur non sarà una priorità. Pensa che questo possa interrompere le negoziazioni?
RM —La partecipazione del Brasile al Mercosur va oltre la politica. Per quanto riguarda l’integrazione esistente tra Brasile, Paraguay, Uruguay e Argentina, non si può tornare indietro. Nel mondo della politica, in certi momenti si fanno delle dichiarazioni, ma poi, quando si governa, ci si trova di fronte alla realtà dei fatti e le opinioni possono cambiare. Preferiamo aspettare di vedere cosa succede prima di giudicare.
CI — La situazione economica in Argentina è preoccupante?
RM — La situazione attuale è complicata, con un'inflazione elevata, che sta iniziando a scendere, grazie agli sforzi fiscali compiuti dal governo. Nel 2019, il popolo argentino potrà decidere se far continuare questo governo. Fortunatamente, abbiamo la democrazia.
CI — Nel MAIE non c'è tendenza politica.
RM — Veniamo dall'associazionismo volontario, dove ognuno ha la sua tendenza politica. Non siamo un partito, non ci dividiamo, né separiamo. Siamo un movimento, alcuni sono di centro-sinistra, altri di centro-destra, altri ancora di centro. Personalmente provengo da una storia legata all'associazionismo cattolico. Ho studiato all'Università Cattolica di El Salvador, che è gesuita, strettamente legata al pensiero di Papa Francesco. Oggi la politica è giudicata più per i fatti e meno per l'ideologia. Questo non significa che l'ideologia non esista più. Io ho dei valori: credo nella solidarietà, nella giustizia sociale, in un'economia sociale di mercato. I governi di sinistra in alcuni paesi hanno fatto del bene alle persone, ma anche i governi di destra. Credo soprattutto nelle persone. In questo senso, sono piuttosto pragmatico. Credo nella presenza dello Stato nell'economia, che è fondamentale, e che sia necessario promuovere le piccole imprese. Se vuoi, puoi dare un nome a queste idee, sei libero farlo, ma io continuo a crederci. Abbiamo già avuto nel MAIE persone che provenivano dal partito comunista e anche dai partiti di destra. Siamo un movimento. Non ci chiediamo da dove vengono le persone: debattiamo dove andiamo tutti insieme.
CI — Oggi abbiamo una sfida nella comunicazione, come per esempio attrarre nuove generazioni di oriundi affinché partecipino al movimento culturale e associativo all'estero. A novembre, il disegno di legge del M5S che vuole abolire i finanziamenti ai tradizionali veicoli d’informazione, compresi i giornali della comunità italiana in diversi paesi, ha provocato proteste a Roma e all'estero.
RM — Abbiamo realizzato il congresso mondiale dell'editoria e ho cercato di spiegare a Vito Crimi (senatore e autore della legge) che la stampa italiana all'estero non solo informa, ma promuove anche la lingua e la cultura italiana. Ho la speranza che quest'anno non vengano fatti dei tagli, ma ci saranno dei cambiamenti. Credo che tutti abbiamo bisogno di aggiornarci: i politici, le associazioni, la stampa. Internet è fondamentale per la politica, per la questione istituzionale, per l'informazione. Credo che la stampa italiana all'estero dovrebbe aggiornarsi ed essere molto più presente su internet. Tra poco, la stampa impressa non esisterà più. Credo tuttavia che questa funzioni ancora. Però bisogna pensare a un altro modello. Ovviamente dobbiamo mantenere le fonti di lavoro e l'esistenza di questa stampa che, oltre ad informare, diffonde la lingua e la cultura. Oggi, la TV non influenza più come prima. O piangiamo, nostalgici o facciamo i cambiamenti necessari e ci adeguiamo alla realtà. Io sono a favore della seconda ipotesi”. (aise)