MENIA (CTIM): SU ARSIA SCHIAVONE FA CONFUSIONE, LA STORIA VA STUDIATA PRIMA DI ESSERE USATA

ROMA\ aise\ - “Schiavone fa confusione, la storia va studiata prima di essere usata...”. Così il Segretario Generale del Ctim, on. Roberto Menia, interviene dopo le dichiarazioni del Segretario Generale del Cgie, Michele Schiavone, in occasione del 78mo anniversario della sciagura mineraria dell’Arsia.
“Non è l’amore di polemica ma la conoscenza della storia e le mie origini istriane che mi inducono a far notare gli obbrobri contenuti nel comunicato del Segretario Generale del CGIE Schiavone e dedicato al 78mo anniversario della sciagura mineraria dell’Arsia nella quale persero la vita 185 minatori italiani il 28 febbraio 1940 – osserva Menia in una nota - Se può essere lodevole l’intento, è però evidente che Schiavone non sa di che parla. Crede di parlare di emigranti italiani in Croazia ma è fuori strada. Della cittadina di Arsia dice 'Raša in Croazia, nella penisola dell’Istria a pochi chilometri dalla città di Valonga”. Rivolge il suo pensiero “ai minatori deceduti e feriti, alle loro famiglie” e a “tutte le vittime italiane emigrate alla ricerca di un futuro migliore'. Puntualizziamo allora”.
“Raša – sottolinea Menia - è la croatizzazione di Arsia, città mineraria di fondazione, costruita durante il fascismo ed inaugurata il 4 novembre 1937. Mussolini pose la prima pietra e scese anche in miniera. Si trattava della prima città a carattere minerario progettata e costruita dal regime; ad essa seguì Carbonia in Sardegna. Sorse in una zona di bonifica sul torrente Carpano. Non vi erano emigranti italiani per il semplice motivo che l’Istria allora era Italia, casomai coloni che popolarono fino a quasi 10.000 unità la cittadina producendo un milione di tonnellate di carbone all’anno.
La 'vicina città di Volonga' citata da Schiavone non esiste: esiste invece Albona, storica città istriana che fu importante municipio romano della Gens Claudia”.
E conclude: “Con l’esodo istriano seguito alla cessione dell’Istria alla Jugoslavia, Arsia di svuotò quasi completamente e le miniere divennero triste sede di prigionia e lavori forzati per i dissidenti del regime comunista di Tito. Ecco tutto. Senza acrimonia, ma per amor di verità...” (aise)