TRA MEMORIA ITALIANA E FUTURO ITALICO – di Marco Basti

BUENOS AIRES\ aise\ - “Venerdì 2 novembre alle 11, si terrà in Piazza San Martín - sede di tutti gli omaggi dei visitatori stranieri al Padre della Patria dell’Argentina - la cerimonia di commemorazione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate Italiane. Si tratta di una manifestazione organizzata dall’Ambasciatore d’Italia Giuseppe Manzo e dall’Addetto per la Difesa Col. Elio Babbo, rivolta a tutta la comunità, che quest’anno ricopre particolare importanza, visto che ricorre il 100º anniversario del IV Novembre 1918, quando fu proclamata la Vittoria, che pose fine alla Prima Guerra Mondiale e segnò la definitiva Unità nazionale, con il ritorno di Trento e Trieste all’Italia”. Inizia così l’editoriale con cui Marco Basti apre il nuovo numero della “Tribuna italiana”, quindicinale che dirige a Buenos Aires.
“La Festa del IV Novembre ebbe storicamente una grande importanza per la nostra collettività, sia per il legame profondo che gli emigrati hanno sempre mantenuto con la Madre Patria, sia anche, e più specificamene, perché migliaia di quegli emigrati o figli loro nati in Argentina, si recarono in Italia per dare il loro contributo di valore e di sacrifico, e circa seicento fra loro caddero sul campi di battaglia di quella sanguinosa guerra.
I loro nomi e tanti ricordi e cimeli di quella gesta, sono custoditi nel “Sacrario” allestito da decenni nella sede dell’Associazione Reduci di Guerra, in via Luis Saenz Peña 1442, di Buenos Aires. Una volta era tradizione che i Presidenti della Repubblica Italiana e altre importanti autorità giunte a Buenos Aires in visita ufficiale, si recassero in quel monumento alla memoria, per conoscerlo, rendere omaggio ai Caduti i cui nomi sono iscritti sul muro in fondo al Sacrario e per firmare il libro dei visitatori illustri.
Purtroppo in questo centesimo anniversario non è previsto altro che una cerimonia, alla quale è invitata tutta la collettività, domenica 4 novembre alle ore 16.
La Reduci, come viene tradizionalmente conosciuto il sodalizio, che una volta ospitava le sezioni dell’Argentina della Ex Combattenti, dei Marinai d’Italia, e di altre associazioni nazionali combattentistiche, non ha quasi più soci. È in realtà un mondo che non c’è più, ma l’edificio conserva una testimonianza, che la Reduci custodisce, che merita di essere conservata.
Non è l’unico caso, anzi. Da decenni si parla e si dibatte sul futuro del patrimonio storico, culturale e materiale delle associazioni italiane in Argentina. Ci sono sodalizi che sono scomparsi in tutta l’Argentina. Ci sono storiche “nonne” che stano perdendo pezzo dopo pezzo di una ricchezza anche materiale, accumulata lungo oltre un secolo. Mancanza di soci, di iniziativa, di capacità, e - purtroppo - anche la presenza di furbi che colgono l’occasione per arricchirsi, stanno facendo scomparire quel patrimonio. E se è grave la perdita delle proprietà in quanto tali, spesso edifici maestosi condannati alla demolizione, non meno drammatico per la storia della presenza italiana in Argentina è la perdita di documenti storici che testimoniano la vita, i giorni, i sogni, i dibattiti degli emigrati italiani che costruirono e gestirono le nostre associazioni.
In questo senso è lodevole il fatto che nel programma proposto da un gruppo di federazioni che propongo Julio Croci alla presidenza della FEDITALIA, venga proposto, tra l’altro, “raccogliere la saggezza ed esperienza degli anziani emigrati, attraverso la costituzione di un archivio orale all’uopo di perpetuare le loro storie di vita e la nascita del Museo Nazionale dell’Immigrazione Italiana. E inoltre, portare avanti una ricerca e classifica del patrimonio architettonico, materiale e immateriale delle società italiane in Argentina, per lavorare nella loro conservazione e diffusione. C’è da aggiungere che la conservazione e catalogazione dei documenti delle nostre associazioni (libri di verbali, registri di soci, corrispondenza, ecc), è indispensabile perché dovrebbe servire a ricercatori e studiosi della presenza italiana in Argentina. Una storia purtroppo ancora non scritta in modo completo e obiettivo, specialmente per quanto riguarda l’ondata migratoria giunta nel Paese nell’ultimo dopoguerra.
Scrivere e studiare la storia dell’emigrazione italiana non è un semplice omaggio a chi ci ha preceduto. È scoprire una parte determinante della storia di questo Paese, l’Argentina, che dall’emigrazione italiana è stato in gran parte costruito e che da essa riceve una eredità culturale determinante. È conoscere la nostra storia, per capire chi siamo e da dove veniamo. È raccontare un pezzo dell’Italia cresciuta fuori d’Italia lungo oltre un secolo, che costituisce materia e materiale di quella italicità della quale tanto si parla negli ultimi tempi.
Lo ha fatto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale, parlando ai partecipanti ai lavori alla terza edizione degli Stati Generali della Lingua Italiana ha ricordato che “le comunità di origine italiana all’estero sono i primi, naturali, ‘moltiplicatori di italianità’, antenne capaci di ritrasmettere sia il forte carattere della tradizione, sia il Paese di oggi con la sua cultura, con il suo modo di vivere, di produrre e di lavorare, con la sua capacità di innovazione”.
L’intervento del Capo dello Stato è stato ricco di spunti e definizioni. Tra le altre, una che interessa anche la nostra TRIBUNA ITALIANA, quando, parlando degli strumenti sperimentati per lo studio della lingua italiana all’estero, ha ricordato tra essi la stampa e all’editoria in lingua italiana all’estero, per la quale è indispensabile il sostegno pubblico. Una citazione - ci sia consentita la digressione - che ricopre particolare valore a pochi giorni dal Convegno sul ruolo della stampa italiana all’estero, che si terrà il 15 novembre alla Farnesina, organizzato dal CGIE e dalla FUSIE, la Federazione che riunisce le testate italiane all’estero. E anche di fronte a settori dei M5s che vorrebbero azzerare i contributi per l’informazione all’estero previsti dalla legge per l’Editoria.
Ma tornando agli Stati Generali della Lingua Italiana, vale la pena sottolineare i ricchi interventi che si sono susseguiti da parte di prestigiosi partecipanti. Nel citato intervento del Presidente Mattarella e in quelli di altri esperti del settore, è stato ricorrente il riferimento all’italicità, agli italici, all’ital-simpatia, ecc.
Sembra che comincia a svilupparsi una consapevolezza e un maggiore interesse su questa realtà che riguarda prima di tutto l’Italia. “La sfida, oggi, è, esattamente, come far fiorire la nostra lingua e cultura al tempo della mobilità, in cui, cioè, accanto alle comunità territoriali, sorgono comunità globali, talvolta solo virtuali, legate da linguaggi peculiari”, descrive il Presidente italiano, che sottolinea l’esistenza di “una vera e propria “fame” di Italia” nel mondo.
Nel suo saluto, il Capo dello Stato ha passato in rassegna una articolata realtà fatta di istituzioni in Italia e all’estero, di persone e personalità che da anni lavorano allo sviluppo della rete italica, che negli ultimi tempi sta evolvendo verso un vero e proprio “Progetto Italici”, che va oltre la proposta originale di Piero Bassetti.
Ne parleremo ancora, ma diciamo subito che la nostra comunità è chiamata ad essere protagonista del Progetto Italici, a patto che riesca ad essere consapevole del proprio passato, delle possibilità attuali e di sapersi reinventare per il futuro”. (aise)