AMADEO PETER GIANNINI, IL PAPÀ DELLA BANK OF AMERICA, “IL BANCHIERE DI TUTTI” – di Sara Fruner

NEW YORK\ aise\ - “Quanto gli immigrati italiani, e i loro discendenti italoamericani, abbiano contribuito alla crescita degli Stati Uniti, è una realtà che dobbiamo continuare a ricordare, soprattutto in un periodo storico come questo, nel quale, di immigrazione, si parla in termini ostili, collegandola al dibattito politico, e ai “gravi danni” che comporterebbe a livello globale — la narrazione dell’immigrazione come minaccia, lo sappiamo, è uno dei cavalli di battaglia dell’Amministrazione Trump, ma certo non solo di Trump. Poi, quando lo facciamo, quando ricordiamo quanto l’estro italiano abbia fatto per l’America, finiamo sempre per pescare nel paniere delle arti, del design, della moda, della cucina, del cinema, dell’automobile. Raramente infiliamo le banche nella lista, dimenticandoci, per esempio, di un nome che ha scritto la storia del sistema bancario moderno, americano e internazionale”. A rimediare ci pensa Sara Fruner che firma questo articolo su Amadeo Peter Giannini per “La voce di New York”, quotidiano online diretto da Stefano Vaccara.
“Parliamo di Amadeo Peter Giannini, il padre della Bank of America, il colosso che, nel 1904, nacque con il nome di Bank of Italy.
Dopo il documentario A Little Fellow di Davide Fiore, di cui vi avevamo parlato nell’aprile del 2018, riportiamo l’attenzione sul personaggio grazie a Francesca Valente e alla nuova biografia “A.P. Giannini. Il banchiere di tutti”.
Questo dettagliatissimo viaggio attraverso la vita di Giannini è uscito in e-book in versione bilingue per The Mentoris Project, una collana di romanzi e biografie sulla vita di grandi personalità italiane e italo-americane. Un progetto, questo, promosso dalla Barbera Foundation, con l’obbiettivo d’ispirare il lettore attraverso ogni singolo volume, e fargli “scoprire come apportare il proprio positivo contributo alla società” — istituita da Robert J. Barbera, la Barbera Foundation promuove iniziative educative che valorizzano la storia e la cultura e che possano servire come fonte d’ispirazione per i giovani.
Il nome della collana racchiude filosofia e finalità del progetto: attraverso il racconto di storie d’eccellenza e genio, è il libro stesso, a farsi mentore. All’interno della collana, vite di uomini e donne che hanno cambiato la storia: scienziati, inventori, esploratori, pensatori e creatori.
Non poteva esserci contesto migliore in cui inserire il cammino personale e professionale di Amadeo Peter Giannini, che nacque a San José, in California, da madre e padre italiani. Una storia che ha dell’incredibile, e che si colloca nella più classica letteratura del rags-to-riches: il figlio di migranti che dalla polvere costruisce un impero.
Il padre, Luigi Giannini, era immigrato da Favale di Malvaro, vicino Genova, nel 1864, dapprima attirato dalla corsa all’oro, e poi dalla possibilità di sfruttare il grande potenziale agricolo che la California aveva da offrire. Luigi uscì di scena, e dalla vita della famiglia, tragicamente e molto prematuramente: morì assassinato da un bracciante che aveva assunto per aiutarlo nella raccolta della frutta. Il primogenito Amadeo aveva sei anni. Rimase con la madre e il fratello minore, sulle spalle l’onere di un’azienda agricola da mandare avanti e una famiglia da mantenere.
Partendo da questa premessa — che farebbe gola a qualsiasi romanziere, ma immaginiamoci essere il protagonista e viverla sulla nostra pelle — Francesca Valente segue il percorso di vita di questo ragazzo straordinario, che diventerà un uomo straordinario, in grado di passare da un’impresa agricola a conduzione famigliare, al gigante bancario della Bank of America. E lo fa attraverso un lavoro certosino di ricerca e documentazione che traspare nella mole di dati e informazioni contenuti nel testo. Un’impostazione analitica affiancata a un approccio umano, che non scorda di documentare il carattere dell’uomo e, a tratti, d’immaginare i suoi sentimenti, le sue reazioni emotive alle prove della vita. Questa combinazione, in cui segmenti narrativi più strettamente tecnici sono alleggeriti da segmenti più personali, movimenta la lettura e la rende piacevole, il che non è scontato per un testo che illustra anche, di riflesso, la nascita del sistema bancario moderno.
Per apprezzare “A.P. Giannini. Il banchiere di tutti”, non serve essere esperti di finanza o laureati in economia, ma animi curiosi di leggere un capitolo della storia italoamericana ancora troppo poco conosciuto.
Man mano che assistiamo all’ascesa professionale di Giannini, impariamo quanto innovativo, ed estremamente democratico ed egualitario, sia stato il suo approccio alla professione — per lui missione — di banchiere, e a quanto l’abbia copernicanamente rivoluzionata.
“Un banchiere degno di questo nome non deve negare il credito a nessuno. Purché onesto”, sosteneva Giannini, e con questo principio in testa lavorò per realizzare il suo sogno: aprire una banca “per l’uomo qualunque”. Per quelli che, all’epoca, non avevano mai messo piede in una banca. Per gli immigrati.
Giannini era certo mosso da uno spiccato senso democratico, ma anche da un grande intuito: comprese che la gran parte degli immigrati italiani, sarebbero presto diventati la colonna portante dello sviluppo della California. Era anche consapevole di quanto fosse difficile ottenere credito dalle banche, soprattutto se arrivavi da un altro paese. Soprattutto se parlavi inglese con difficoltà. Soprattutto se venivi discriminato per come apparivi, o per cosa mangiavi…
Quindi Giannini intercettò un bisogno. E “non face altro che” soddisfarlo, guadagnandosi la fiducia dei suoi clienti.
Avviata nel 1904 con tre impiegati, in un piccolo ufficio di North Beach, San Francisco, la Bank of Italy acquisì altre banche in difficoltà, le aggiunse alla sua rete, e si espanse sempre di più, diversificando i propri investimenti — dimostrando, in questo modo, quanto la lungimiranza fosse un’altra qualità che apparteneva al suo leader.
Nel 1920, Giannini lesse lo straordinario potenziale inscritto nell’industria cinematografica, che all’epoca si stava rapidamente sviluppando. Creò un dipartimento per il cinema, che contribuì ad aiutare artisti e registi — tra cui Charlie Chaplin — e a fondare la United Artists.
Nel 1930, la Bank of Italy vantava utili per un milione e mezzo di dollari. Era pronta per una nuova identità: “Bank of America National Trust and Saving Association”. Nasceva la Bank of America.
Un anno dopo, nel 1931, un certo Walt Disney, si presentò da Giannini per chiedergli un prestito e ultimare così il suo primo film d’animazione. A quanto riporta l’autrice, il banchiere “espresse un certo scetticismo perché riteneva che ben poca gente sarebbe andata a vedere un film su sette nani” — e come dargli torto? — ma alla fine, colpito dalla passione e dalla fiducia nel progetto, glielo concesse. Il resto, come si suol dire, è storia. Biancaneve e i sette nani è considerato il film di animazione di maggior successo della storia del cinema: a tutt’oggi uno dei primi dieci film per incassi.
Diversificazione finanziaria significa infrastrutture. Nel 1932, un altro sognatore bussò alla porta di Giannini. Si chiamava Joseph Strauss, e aveva progettato un ponte sopra il Golden Gate, lo stretto che collegava San Francisco alla Marin County. Ancora una volta, la lungimiranza di Giannini gli permise di vedere oltre.
Il ponte non era solo un ponte: avrebbe aiutato la popolazione di San Francisco a superare il clima di depressione economica che gravava sulla città — sull’America tutta. Il venerdì nero del ’29 aveva aperto una decade di crisi mai conosciuta prima. A San Francisco, oltre al ponte, serviva ottimismo.
Giannini investì sei milioni di dollari nel progetto, con la clausola che la Bank of America non percepisse alcun interesse.
Diversificazione finanziaria significa, anche, cultura. Nel ’29, Giannini donò un milione e mezzo di dollari all’Università della California, Berkeley, per la creazione di una scuola di ricerca in agricoltura e per la Fondazione Giannini di Economia Agraria, istituzione che, ancora oggi, ospita la biblioteca più importante del settore, e promuove ricerche innovative in scienze forestali e in idrologia. Sempre nello stesso ateneo, finanziò anche una cattedra di cultura italiana, che continua a permettere agli studiosi italiani più qualificati di insegnare a Berkeley per un anno accademico, e che negli anni ha accolto ospiti del calibro di Mario Soldati, Luigi Dallapiccola, Luciano Berio e Giorgio Bassani.
“Una banca per tutti”, era il motto di Giannini. “Tutti” voleva dire certo gli immigrati. Ma voleva dire anche le donne, che nel 1920, in America, avevano ottenuto il diritto di voto. Un anno dopo, nel ’21, Giannini istituì un dipartimento dedicato esclusivamente a loro, alle donne: la Women’s Bank. Una banca di donne per le donne, a capo della quale mise una donna. E dobbiamo davvero tenere a mente quale fosse la condizione femminile un secolo fa per comprendere a pieno quanto pionieristica — progressista! — sia stata questa decisione.
“A.P. Giannini. Il banchiere di tutti” racconta anche le tantissime difficoltà che Giannini incontrò sul suo percorso. Le battaglie che dovette combattere con i banchieri di New York, che lo videro per molti anni come il nemico “mangia-spaghetti” della California.
Come nota l’autrice, “Giannini era importante come Morgan, Vanderbilt, e Rockefeller ma, a differenza di questi, era l’unico a essere profondamente interessato all’americano medio”. E questo lo distinse, così come ciò che riuscì a fare, e che ha, oggettivamente, dell’inverosimile: quando Giannini morì, nel 1949, la Bank of America fu riconosciuta come la banca privata più grande del mondo con 517 filiali e un capitale di 6 miliardi.
Queste storie non ci fanno solo bene all’anima, ma dimostrano due fatti: in America l’impossibile è possibile; l’immigrazione produce progresso, benessere, bellezza. Per questo dobbiamo leggerle e rileggerle, raccontarle e diffonderle attraverso opere come questa di Francesca Valente, che celebra la capacità del sogno d’inverarsi nella realtà, quando ad alimentarlo, il sogno, sono genio, coraggio, passione e tanto, tantissimo lavoro”. (aise)