BOCCHIETTO A MONTRÉAL: “UN MONDO MIGLIORE È POSSIBILE” – di Vittorio Giordano

MONTRÉAL\ aise\ - “Non solo ospita la sede sociale dell’Organizzazione Mondiale del Design (WDO): dal giugno 2006 Montréal è anche “città Unesco del design”. Tra le metropoli più creative, frizzanti e dinamiche al mondo, Luisa Bocchietto, architetto e designer piemontese, dal 2017 presidente dell’Organizzazione Mondiale del Design (WDO), seconda donna e italiana nella storia dell’Organismo, non poteva che scegliere Montréal per celebrare l’inconfondibile stile tricolore in occasione della terza Giornata del Design Italiano nel Mondo. E così, il 20 marzo scorso, ha partecipato al pranzo-conferenza, organizzato dalla Camera di Commercio Italiana in Canada, per il Consolato Generale, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura e l’Istituto per il Commercio Estero, con il sostegno di Sajo, Mapei, Samcon e CORIM, nella sala conferenze del raffinato Sofitel, nel cuore della città”. A scriverne è Vittorio Giordano sul “Cittadino canadese”, settimanale di Montreal di cui è caporedattore.
“A dire la loro sul tema “Il design e l’architettura: per la città del futuro”, sono state anche due autorevoli personalità quebecchesi del settore: Nathalie Dion, presidente dell’Ordine degli Architetti del Québec, e Jean-François Simard, ceo di Cyclone Lighting e amministratore delegato dell’Associazione dei designer industriali del Québec.
A moderare gli interventi è stato Giovanni De Paoli, architetto, ricercatore e docente emerito all’Università di Montréal, mentre a fare gli onori di casa è stata Danielle Virone, direttrice generale della Camera, che ha aperto i lavori invitando sul palco l’Ambasciatore d’Italia in Canada, Claudio Taffuri.
Il diplomatico ha voluto subito rendere omaggio a Montréal: “Città attenta allo sviluppo di nuove forme di espressione artistica e di contaminazione culturale”. Ed ha definito il design come “strumento di comunicazione, in cui bellezza e originalità si fondono con qualità e innovazione”, diventato una “dimensione della cultura” e quindi “strumento per interpretare meglio il nostro futuro”.
A salire sul palco, poi, è stata Silvia Costantini, neo Console Generale d’Italia: “Montreal - ha detto – è una città fiorente e creativa, con una vita culturale e accademica molto intensa, un ambiente decisamente favorevole allo sviluppo del design, con oltre 25 mila persone che lavorano nel settore”. Ed ha concluso: “Il Bel Paese ha nel suo DNA il gusto, il modo di vivere all’italiana, che significa vivere in qualsiasi momento nella bellezza, con uno stile ed un’eleganza senza eguali. Il design è una testimonianza concreta di questo modo di vivere bene”.
Molto atteso l’intervento dell’ospite d’onore, Luisa Bocchietto: “Qual è la cifra del design italiano? Non ci basta l’idea di disegnare una sedia, ma puntiamo all’idea di disegnare ogni volta la sedia più bella del mondo. È una sfida continua, per realizzare qualcosa di straordinario. A caratterizzare il design italiano sono anche il colore e l’ironia. Così come il futurismo con il suo carattere sovversivo. Il design tedesco, o quello dei Paesi nordici, è sempre lo stesso, mentre quello italiano si rimette continuamente in discussione. Basti pensare alla macchina da scrivere Olivetti “Valentina”: è rossa, ha un nome di donna, è sexy e assume un valore emotivo. Anche la scelta di dare dei nomi propri alle cose è tipicamente italiano, mentre in Germania, a identificare una cosa, è un numero di serie. L’Italia non è ricca di materie prime e quindi è diventata, col tempo, un Paese trasformatore: il nostro lavoro è quello di fare molto con poche cose, aggiungendo valore. Fa parte della nostra tradizione”.
Sulla città del futuro e il design, Bocchietto ha le idee chiare: “La famosa frase degli anni ’50 di Ernesto Nathan Rogers che, parlando del progetto, ipotizzava che si applicasse “Dal cucchiaio alla città”, è arrivata alla sua concretizzazione. La città ha bisogno di team trasversali in grado di collaborare tra loro: architetti, pianificatori certamente, ma anche designer e non solo. Oggi possiamo dire che il design può aiutare le città del futuro a cambiare, a migliorare. Che poi è anche l’obiettivo del WDO, che da due anni non si chiama più ‘International Council of Society of Industrial Design’. Oggi il design è cambiato, diventando qualcosa di immateriale: c’è poco da disegnare, ma c’è molto da fare per creare rete, fare comunicazione, sviluppare servizi e processi: per permettere alla gente di vivere in un modo migliore”.
Un vero e proprio cambio di paradigma, di visione: “Se l’obiettivo originale dell’industrial design era quello di creare oggetti in cui la forma e la funzione fossero in perfetta armonia, oggi gli obiettivi sono esattamente quelli della sostenibilità, che coincidono con i 17 goals che le Nazioni Unite, come la riduzione dei rifiuti, la parità di condizioni per le persone, l’accesso all’istruzione, la lotta ai cambiamenti climatici e l’energia verde. Prima cercavamo di realizzare i prodotti ergonomici mettendo l’uomo al centro del progetto e della produzione. Oggi è tutto cambiato: non siamo più in una rivoluzione industriale, ma digitale, e al centro dobbiamo mettere il pianeta”.
E poi ha aggiunto, rispondendo alle nostre domande: “Fiera di rappresentare la scuola italiana: non solo business, ma utilità per il pianeta. Il design, ovvero la capacità di immaginare ciò che non esiste, e realizzarla: è un linguaggio universale, come la musica. Il design italiano è sempre in evoluzione, ipercritico su se stesso, imprevedibile, è tutto e il contrario di tutto, ma ogni volta scopre strade inesplorate. La città ideale? Oggi è realizzabile, ed è quella a misura d’uomo, dove hai tutti i servizi moderni”.
A concludere gli interventi sono stati Nathalie Dion e Jean-François Simard: la prima ha auspicato l’adozione anche in Québec di una Politica per l’Architettura, come hanno già fatto 20 Paesi europei, tra cui l’Italia; mentre il secondo ha ricordato che proprio a Montréal, il 24 ottobre 2017, designer industriali, architetti, urbanisti e grafici hanno firmato la “Dichiarazione dei Designers di Montréal” per realizzare la città del futuro, perché “all people deserve to live in a well-designed world”.
A far calare il sipario sui lavori, come da copione, è stato Emmanuel Triassi, presidente della Camera di Commercio”. (aise)