BREXIT E “NO DEAL”: ALFIERI (PD) INTERROGA MOAVERO
ROMA\ aise\ - In vista della Brexit, il Governo italiano dovrebbe “adottare iniziative necessarie e urgenti in caso di realizzazione di "no deal", al fine di tutelare: i cittadini italiani residenti nel Regno Unito attraverso l'adozione delle opportune iniziative, anche in sede bilaterale, volte a favorire lo snellimento e la semplificazione delle procedure burocratiche, nonché il mantenimento dello status di residenti necessario per l'accesso alla sanità pubblica e alle altre misure di welfare previste; le imprese italiane che si troverebbero esposte a pesanti ricadute economiche”. A sostenerlo è il senatore del Pd Alessandro Alfieri in una interrogazione al Ministro degli esteri Moavero Milanesi, sottoscritta dagli eletti all’estero Garavini e Giacobbe, dagli ex ministri Fedeli e Pinotti, dall’ex premier Matteo Renzi e dai colleghi Ginetti e Pittella.
“Il 24 giugno 2016 – ricorda Alfieri nella premessa – il Regno Unito, dopo 40 anni dal suo ingresso, si è ritrovato a dover fronteggiare gli esiti del voto a favore della Brexit e della conseguente uscita dall'Unione europea. Come noto, con il 51,9 per cento dei voti il "Leave" ha vinto contro il 48,1 per cento del "Remain"; il 19 giugno 2017 sono stati avviati formalmente i negoziati tra UE e Regno Unito per l'accordo di recesso a seguito della notifica formale da parte del Governo del Regno Unito del processo di recesso dalla UE, ai sensi dell'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea (TUE). Ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 50, il processo di uscita del Regno Unito si sarebbe dovuto concludere entro due anni, e quindi, entro il 29 marzo 2019, fatta salva la facoltà del Consiglio europeo di decidere all'unanimità sulla proroga di tale termine”.
“Il Consiglio europeo nella riunione straordinaria del 25 novembre 2018 – annota il senatore – ha approvato l'accordo sul recesso del Regno Unito e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica. L'accordo conteneva una serie di previsioni tra le quali: a) un periodo transitorio dal 30 marzo 2019 al 31 dicembre 2020, rinnovabile di comune accordo una sola volta, prima del 1° luglio 2020 per un periodo di uno o due anni, nel corso del quale il Regno Unito non avrebbe più fatto parte della UE, ma si sarebbe continuato ad applicare integralmente il diritto della UE, anche senza alcuna rappresentanza del Regno Unito nelle istituzioni e negli organi europei e senza alcuna partecipazione al processo decisionale; b) la possibilità per i cittadini UE residenti nel Regno Unito, circa 3,2 milioni, di cui circa 700.000 italiani e i cittadini del Regno Unito residenti nella UE, circa 1,2 milioni, di poter continuare ad esercitare i diritti garantiti dalle normative europee, sulla base dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione; c) l'impegno del Regno Unito ad onorare tutti gli obblighi finanziari dovuti per la sua partecipazione alla UE e, in particolare, tutti gli obblighi finanziari fino al 2020; d) la creazione di un'area doganale comune (single custom territory), a partire dalla fine del periodo transitorio e in caso di mancata definizione di un accordo sulle future relazioni tra Regno Unito e UE, nella quale l'Irlanda del Nord avrebbe applicato il codice doganale comunitario in modo integrale, rimanendo, pertanto, sostanzialmente nel mercato unico UE. L'accordo prevedeva, inoltre, il mantenimento dell'attuale livello di protezione delle circa 3.000 denominazioni di origine e indicazioni geografiche protette degli Stati membri UE, un protocollo sulle zone di sovranità di Cipro e, infine, un ulteriore protocollo di cooperazione amministrativa tra Spagna e Regno Unito, relativo a Gibilterra”.
“Tale accordo, alla prova del voto del Parlamento britannico è stato respinto dalla Camera dei comuni, con 432 voti contrari e soli 202 a favore”, prosegue Alfieri. “Il primo ministro Theresa May, tuttavia, ha superato il voto della mozione di sfiducia presentata dal partito labourista, bocciata con 325 voti contrari e 306 voti favorevoli;
a seguito della bocciatura potrebbero verificarsi diverse conseguenze, tra queste a destare maggiore preoccupazione è certamente il "no deal", ovvero la secca trasformazione del Regno Unito in parte terza rispetto all'Unione europea in caso di mancato raggiungimento di un accordo entro la mezzanotte del 29 marzo 2019. I cittadini europei residenti nel Regno Unito e quelli britannici residenti nell'Unione si troverebbero improvvisamente senza uno status giuridico: tecnicamente extracomunitari. Contestualmente si avrebbe la cessazione immediata di tutti gli accordi esistenti che permettono alle persone e alle merci di viaggiare liberamente tra Unione europea e Regno Unito. Le frontiere che dividono porti e aeroporti, ma anche i confini di terra tra Irlanda e Irlanda del Nord e tra Gibilterra e Spagna diventerebbero come quelli che separano l'Unione da Paesi terzi, con tutte le ricadute in materia di controlli di documenti delle persone, controlli sanitari e di aderenza alle norme europee nei confronti delle merci provenienti dal Regno Unito, che perderebbe, pertanto, l'accesso al mercato unico europeo. A quanto detto si aggiungano le ricadute sui permessi di trasporto, nonché per le licenze di esercizio delle compagnie aeree”.
Il Regno Unito, sottolinea Alfieri, “rappresenta un importante mercato di sbocco per l'Italia. Nel 2017 l'export made in Italy verso il mercato britannico ammontava a 23,1 miliardi di euro. L'esito del voto del Parlamento britannico comporta, pertanto, un'indubbia serie di ricadute negative per le imprese esportatrici italiane, che potrebbero trovarsi a dover utilizzare le regole tariffarie del WTO. Il comparto "bevande, vini e bevande spiritose" e il comparto "agrifood", sono certamente tra quelli più esposti con esportazioni per un valore rispettivamente pari a 1,1 miliardi di dollari e 2,6 miliardi di dollari solo nel 2017. Accanto ai predetti comparti, pesanti ricadute verrebbero a verificarsi anche per il comparto "legno e arredi" e per tutto il settore automobilistico. Inoltre, altre importanti attività che si troverebbero esposte sono tutte le attività finanziarie e di intermediazione che necessiterebbero di apposite autorizzazioni, nonché il comparto relativo alle imprese e ai materiali di difesa italiane, che da sempre intrattengono stretti rapporti commerciali con il Regno Unito”.
C’è da considerare, inoltre, “lo stretto rapporto che l'Italia intrattiene con il Regno Unito, sia in materia di sicurezza e difesa, che di contrasto al terrorismo internazionale; come riportato dall'agenzia di stampa "Ansa", il 17 gennaio 2019, la Francia ha fatto scattare il suo piano per far fronte all'ipotesi di un "no deal", il primo ministro Edouard Philippe, infatti, ha annunciato l'investimento di 50 milioni di euro nelle prossime settimane in porti e aeroporti, nonché l'adozione di diverse misure a tutela dei propri concittadini. Accanto alla Francia, diversi altri Paesi membri della UE hanno già pronte misure in caso di "no deal" a tutela, sia dei cittadini residenti nel territorio britannico, che delle imprese ivi operanti”.
Alla luce di questa lunga premessa, Alfieri chiede a Moavero “come il Governo intenda adoperarsi, nelle opportune sedi, al fine di scongiurare un esito così drammatico come quello del "no deal"; se abbia adottato o intenda adottare iniziative necessarie e urgenti in caso di realizzazione di "no deal", al fine di tutelare: i cittadini italiani residenti nel Regno Unito attraverso l'adozione delle opportune iniziative, anche in sede bilaterale, volte a favorire lo snellimento e la semplificazione delle procedure burocratiche, nonché il mantenimento dello status di residenti necessario per l'accesso alla sanità pubblica e alle altre misure di welfare previste; le imprese italiane che si troverebbero esposte a pesanti ricadute economiche” e, infine, “quali ulteriori urgenti iniziative intenda adottare allo scopo di garantire il mantenimento dello stretto rapporto di collaborazione che storicamente il nostro Paese intrattiene con il Regno Unito in materia di sicurezza e contrasto al terrorismo internazionale”. (aise)