CODARIN (ANVGD): LA NUOVA VITA DEGLI ESULI GIULIANO-DALMATI PROTETTI DALLA NATO

TRIESTE\ aise\ - “I nostri connazionali dell’Istria, del Carnaro e della Dalmazia sperimentarono tra i primi in Italia le logiche della Guerra fredda come contrapposizione tra un occidente libero e democratico, che 70 anni fa dette vita alla Nato come strumento di difesa, ed un blocco comunista totalitario”. Partono da qui le riflessioni di Renzo Codarin, Presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che aggiunge: “dopo le avvisaglie delle prime uccisioni nelle foibe avvenute all’indomani dell’8 settembre 1943, i nostri connazionali patirono le stragi commesse dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito a guerra finita nei Quaranta giorni del maggio-giugno 1945”.
“Seguì lo stillicidio di uccisioni nella zona sotto amministrazione militare jugoslava, in cui andava consolidandosi la dittatura di Belgrado (il martirio di Don Bonifacio e l’eliminazione dei partigiani del nuovo CLN dell’Istria, ad esempio). Fu così – continua Codarin – che le potenze occidentali rappresentarono una possibile protezione ed un baluardo contro l’espansionismo jugoslavo, di cui avevamo colto le caratteristiche snazionalizzatrici e liberticide. La resa incondizionata firmata dal Regno d’Italia nel 1943 aveva tolto qualunque facoltà di intervento alle istituzioni italiane, mentre le prime crepe nella coalizione antinazista fecero sì che inglesi ed americani si interessassero maggiormente alle sorti dell’Adriatico”.
“Il porto commerciale di Trieste e quello militare di Pola – ricorda il Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - passarono sotto controllo alleato dopo l’accordo di Belgrado nel giugno 1945, dando l’illusione che almeno il capoluogo istriano si sarebbe salvato dalle mire jugoslave, anche se l’attentato di Vergarolla dimostrò che pure qui gli emissari titoisti potevano colpire mortalmente. L’accoglienza concessa ai fuggitivi dalle dittature comuniste che andavano rafforzandosi in Europa consentì anche a migliaia di esuli giuliani, fiumani e dalmati di trovare una nuova sistemazione in grandi paesi che avrebbero fatto parte dell’alleanza atlantica o ne sarebbero stati partner (Stati Uniti, Canada, Australia). L’amore per la Patria e per la libertà che contraddistingue l’italianità adriatica non poteva sopravvivere sotto l’oppressione titoista, ma si salvò, benché costretto all’esilio, grazie alla Nato, che ha garantito la pace, la sicurezza e la libertà in un’Europa uscita annichilita dalla Seconda guerra mondiale e nel mondo “occidentale”. Si crearono così i presupposti affinché gli esuli adriatici potessero cominciare una nuova vita in paesi liberi, democratici e sicuri: è bene ricordarlo – conclude – nel momento in cui l’assetto della Nato è in discussione”. (aise)