CUCINA ITALIANA, GRANDE BELLEZZA – di Nicoletta Masetto

PADOVA\ aise\ - ““La cucina italiana è arrivata ovunque. Siamo un popolo di grandi viaggiatori e di emigranti. Insieme a povere valigie di cartone, abbiamo portato in ogni angolo del mondo una ricchezza straordinaria: la nostra cultura, a partire da quella del cibo. Dentro ci sono genio, tradizione, identità. Il posto più insolito? Non sulla Terra, bensì sulla Luna, proprio quella che guardiamo a naso all’insù”. Parola di Alessandro Marzo Magno, giornalista e scrittore, per anni caposervizio del settimanale “Diario”, profondo e appassionato studioso di tradizioni, storia e italianità”. A rilanciare le sue parole è Nicoletta Masetto sul “Messaggero di Sant’Antonio”, nelle pagine dedicate agli italiani all’estero.
“Quelle stesse che saranno celebrate, con manifestazioni e iniziative, durante la quarta Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, dal 18 al 24 novembre. Torniamo alla Luna.
Nei cinquant’anni dallo sbarco dell’uomo, lo studioso ricorda che “tra il cibo degli astronauti c’era anche il piatto italiano per eccellenza: gli spaghetti. Ovviamente nella versione targata States, con le meatballs. In cambusa, gli astronauti dell’Apollo 11 avevano confezioni di spaghetti and meatballs liofilizzati”. La cucina italiana ha sempre viaggiato. “Quella tricolore – prosegue Marzo Magno – lo ha fatto soprattutto insieme ai nostri emigranti che, dagli Stati Uniti all’Australia, sul finire dell’800, hanno portato nel mondo antiche ricette e tradizioni culinarie italiane e regionali”.
La cultura, anche quella del cibo, si arricchisce solo grazie al movimento, alla contaminazione, all’incontro con altre culture.
“La cucina è sempre mescolanza: migliora viaggiando e incontrando il diverso – aggiunge –. La grandezza del genio italiano sta tutta, ora come più di un secolo fa, nel reinterpretare l’esotico, mescolarlo col casalingo e poi diffonderlo in tutto il mondo”.
Qualche esempio? “Troviamo vigneti dai quali si produce il Prosecco in Australia o salumi tipicamente veneti, come la soppressa, a migliaia di chilometri di distanza, a Chipilo, cittadina messicana dove la tradizione dei norcini è approdata più di un secolo fa. Oltreoceano ci arrivò quasi un paese intero, quello di Segusino, nel trevigiano, insieme al parroco. Era il 1882. Si stabilirono lì in 500, iniziando a fare quello che sapevano fare da sempre nelle loro campagne. Oggi quella produzione resiste e parla ancora italiano”.
Tra i cibi italiani per eccellenza: la pasta, la pizza, pure il carpaccio e il tiramisù. Peccato che, in alcuni di loro, di italiano ci sia ben poco. Partiamo dal piatto italiano per antonomasia: spaghetti, pomodoro e basilico.
“Non hanno nulla di tricolore – spiega lo studioso –. La pasta, come hanno confermato alcuni antichi documenti, è araba; il pomodoro arriva dall’America e il basilico dall’India”. E, allora, come la mettiamo col genio italiano? “Il nostro talento sta nell’accogliere lavorazioni e ingredienti da tutto il mondo, nel reinventarli e farli propri. Continuando a costruire attorno al cibo una cultura originale e un’identità collettiva”.
Oggi le cucine più popolari al mondo sono l’italiana e la giapponese. “La nostra ha conquistato il mondo. Quella francese, che era la numero uno, ha fatto il suo tempo per colpa di un “difetto” di presunzione. Quando si ha a che fare con la cultura, qualunque essa sia, non bisogna mai sentirsi arrivati. Un peccato che potremmo rischiare di pagare anche noi a caro prezzo se rinunceremo al gusto e alla passione di inventare ogni giorno qualcosa di nuovo””. (aise)