FRANCESCO: L’AMORE FA GRANDI COSE CON LE PICCOLE COSE
foto Osservatore Romano
ROMA\ aise\ - “Dire e dare”. Così Papa Francesco ha sintetizzato la Parola proposta ieri dalla Liturgia, Solennità del Corpus Domini. Da un lato la “benedizione” nel senso di “dire bene”, dall’altro l’azione.
“Tutto parte dalla benedizione: le parole di bene generano una storia di bene”, ha detto Francesco nell’omelia della Santa Messa celebrata nella parrocchia romana di S. Maria Consolatrice a Casalbertone. “Lo stesso accade nel Vangelo: prima di moltiplicare i pani, Gesù li benedice: “prese i cinque pani, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli”. La benedizione fa di cinque pani il cibo per una moltitudine: fa sgorgare una cascata di bene. Perché benedire fa bene? Perché – ha sottolineato Francesco – è trasformare la parola in dono. Quando si benedice, non si fa qualcosa per sé, ma per gli altri. Benedire non è dire belle parole, non è usare parole di circostanza: no; è dire bene, dire con amore”.
L’Eucaristia “è una scuola di benedizione”. E “solo da benedetti possiamo benedire gli altri con la stessa unzione d’amore. È triste invece vedere con quanta facilità oggi si fa il contrario: si maledice, si disprezza, si insulta. Presi da troppa frenesia, non ci si contiene e si sfoga rabbia su tutto e tutti. Spesso purtroppo – ha osservato il Santo Padre – chi grida di più e più forte, chi è più arrabbiato sembra avere ragione e raccogliere consenso. Non lasciamoci contagiare dall’arroganza, non lasciamoci invadere dall’amarezza, noi che mangiamo il Pane che porta in sé ogni dolcezza. Il popolo di Dio – ha ricordato – ama la lode, non vive di lamentele; è fatto per le benedizioni, non per le lamentazioni. Davanti all’Eucaristia, a Gesù fattosi Pane, a questo Pane umile che racchiude il tutto della Chiesa, impariamo a benedire ciò che abbiamo, a lodare Dio, a benedire e a non maledire il nostro passato, a donare parole buone agli altri”.
Il secondo verbo è “dare”.
“Come per Gesù che, dopo aver recitato la benedizione, dava il pane perché fosse distribuito, svelandone così il significato più bello: il pane non è solo prodotto di consumo, è mezzo di condivisione. Infatti, sorprendentemente, nel racconto della moltiplicazione dei pani non si parla mai di moltiplicare. Al contrario, i verbi utilizzati sono “spezzare, dare, distribuire”. Insomma, - ha spiegato – non si sottolinea la moltiplicazione, ma la con-divisione. È importante: Gesù non fa una magia, non trasforma i cinque pani in cinquemila per poi dire: “Adesso distribuiteli”. No. Gesù prega, benedice quei cinque pani e comincia a spezzarli, fidandosi del Padre. E quei cinque pani non finiscono più. Questa non è magia, è fiducia in Dio e nella sua provvidenza”.
“Nel mondo – ha detto ancora il Papa – sempre si cerca di aumentare i guadagni, di far lievitare i fatturati… Sì, ma qual è il fine? È il dare o l’avere? Il condividere o l’accumulare? L’“economia” del Vangelo moltiplica condividendo, nutre distribuendo, non soddisfa la voracità di pochi, ma dà vita al mondo. Non avere, ma dare è il verbo di Gesù”.
Quindi, una richiesta “perentoria” di Gesù ai discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare”: “proviamo a immaginare i ragionamenti che avranno fatto i discepoli”, ha detto Bergoglio. ““Non abbiamo pane per noi e dobbiamo pensare agli altri. Perché dobbiamo dare loro da mangiare, se loro sono venuti ad ascoltare il nostro Maestro? Se non hanno portato da mangiare, tornino a casa, è un problema loro, oppure ci diano dei soldi e compreremo”. Non sono ragionamenti sbagliati, ma non sono quelli di Gesù, che non sente ragioni: voi stessi date loro da mangiare. Ciò che abbiamo porta frutto se lo diamo – ecco cosa vuole dire Gesù –; e non importa che sia poco o tanto. Il Signore – ha sottolineato ancora – fa grandi cose con la nostra pochezza, come con i cinque pani. Egli non compie prodigi con azioni spettacolari, non ha la bacchetta magica, ma agisce con cose umili. Quella di Dio è un’onnipotenza umile, fatta solo di amore. E l’amore fa grandi cose con le piccole cose. L’Eucaristia ce lo insegna: lì c’è Dio racchiuso in un pezzetto di pane. Semplice, essenziale, Pane spezzato e condiviso, l’Eucaristia che riceviamo ci trasmette la mentalità di Dio. E ci porta a dare noi stessi agli altri l’antidoto contro il “mi spiace, ma non mi riguarda”, contro il “non ho tempo, non posso, non è affare mio”. Contro il guardare dall’altra parte”.
“Nella nostra città affamata di amore e di cura, che soffre di degrado e abbandono, davanti a tanti anziani soli, a famiglie in difficoltà, a giovani che stentano a guadagnarsi il pane e ad alimentare i sogni, il Signore ti dice: “Tu stesso da’ loro da mangiare”. E tu puoi rispondere: “Ho poco, non sono capace per queste cose”. Non è vero, il tuo poco è tanto agli occhi di Gesù se non lo tieni per te, se lo metti in gioco. Anche tu, mettiti in gioco. E non sei solo: hai l’Eucaristia, il Pane del cammino, il Pane di Gesù. Anche oggi saremo nutriti dal suo Corpo donato. Se lo accogliamo col cuore, questo Pane sprigionerà in noi la forza dell’amore: ci sentiremo benedetti e amati, e vorremo benedire e amare, a cominciare da qui, dalla nostra città, dalle strade che percorreremo. Il Signore – ha concluso – viene sulle nostre strade per dire-bene, dire bene di noi e per darci coraggio, dare coraggio a noi. Chiede anche a noi di essere benedizione e dono”. (aise)