"I CIARDI. PAESAGGI E GIARDINI" IN PALAZZO SARCINELLI A CONEGLIANO

CONEGLIANO\ aise\ - Si è aperta il 16 febbraio in Palazzo Sarcinelli a Conegliano la mostra dedicata a i Ciardi, la famiglia di artisti veneti che ha saputo declinare nei modi più innovativi la pittura di paesaggio tra ‘800 e ‘900.
Promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre Venezie, "I Ciardi. Paesaggi e giardini", curata da Giandomenico Romanelli con Franca Lugato e Stefano Zampieri, consentirà sino al 23 giugno di apprezzare attraverso più di 60 opere e con un taglio legato principalmente alla rappresentazione della natura e del paesaggio veneto, gli elementi qualificanti della produzione di questa famiglia, tra le più affermate dell’epoca.
"Non si poteva fare a meno dei Ciardi nel nostro percorso espositivo dedicato al paesaggio", ha affermato Romanelli. "Per la prima volta i lavori della famiglia Ciardi sono riuniti insieme, dopo oltre 60 anni dalla ultima mostra a loro dedicata. Le loro opere si inseriscono in quel movimento trasversale della cultura post risorgimentale che risponde al bisogno di rappresentare il nuovo paese e avviare il necessario processo di una progressiva presa di coscienza da parte dei nuovi italiani".
"La nostra mostra", continua Romanelli, "non tratta, per esplicita scelta, il soggetto veneziano in Guglielmo. Ci pareva importante che il lungo confronto di Guglielmo con la natura e le sue manifestazioni chiedesse di privilegiare una tale scelta. Abbiamo preferito accostare i nostri protagonisti sul terreno del paesaggio e della sua resa pittorica in modo che la nostra lettura dei tre Ciardi si potesse accostare e confrontare su un piano di parità, lontani da ogni tentazione venezianista".
La mostra nasce nell’ambito di un ampio progetto pensato e voluto per il territorio. I dipinti dei Ciardi, i loro paesaggi selvaggi o intimistici, imponenti nelle diverse stagioni e incantevoli nei giardini sollecitano uno sguardo "nuovo", dove arte e paesaggio si rivelano non solo fonte di benessere per il presente ma soprattutto come risorsa vitale per il futuro.
"Il valore di questa mostra", spiega il sindaco di Conegliano, Fabio Chies, raccoglie i frutti seminati nel tempo volti a valorizzare un territorio unico e si pone a complemento dell'"agricoltura eroica" di chi lavora su queste dolci colline".
LA MOSTRA
Il percorso si apre con un focus sugli esordi di Guglielmo ancora influenzato dalla tradizione paesaggistica ottocentesca come si può vedere dal precocissimo e inedito dipinto del 1859 Paesaggio fluviale, per proseguire con gli anni trascorsi all’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di Domenico Bresolin (Padova, 1813-Venezia, 1899) e l’importanza che assumerà il paesaggio dell’entroterra veneto nella sua ricerca artistica. Atmosfere campestri e "acquitrini" lungo il Sile ma altresì paesaggi pedemontani e dolomitici costituiscono filoni originali e per certi versi trascurati della produzione dell’autore. I prolungati soggiorni attorno a Quinto di Treviso, Fonzaso, Asiago, San Martino di Castrozza gli avevano consentito d’instaurare un dialogo intimo con le caratteristiche specifiche di questi luoghi dell’infanzia e della memoria, permettendogli di ritrarli con rara profondità e continuità.
La seconda sezione è dedicata al lavoro di Emma, instancabile pittrice e viaggiatrice apprezzata a livello internazionale, cultrice della tradizione del vedutismo veneziano, capace di rielaborare le esperienze macchiaiole, impressioniste e tardo impressioniste con un’originale chiave espressiva. L’artista riscopre la grande tradizione guardesca in un inedito settecentesimo ironico e brioso con un chiaro gusto moderno e insieme citazionista, toccando forse i più singolari risultati nell’attenzione verso i giardini e i parchi, una sorta di hortus conclusus dove regnano quiete e sicurezza. Vi è anche un altro elemento importante che la mostra mette in luce: le numerose peregrinazioni artistiche in Europa, testimoniate da un confronto tra alcune opere di Guglielmo ed Emma. In questi viaggi la passione naturalistica e la pratica della veduta si arricchiscono di acquisizioni cosmopolite così come di soggetti e iconografie rinnovati, dagli Impressionisti alla scuola di Glasgow.
Il percorso si chiude con l’opera di Beppe, presentata sotto una luce nuova che vuole mettere in evidenza la modernità e gli accenti simbolisti dell’autore, il quale, pur nella fedeltà alla poetica paterna, introduce elementi più tipicamente novecenteschi fino a dar spazio a una visione personale del paesaggio. Nonostante le evidenti analogie con la produzione di Guglielmo, opportunamente segnalate in mostra, è evidente l’attrazione verso il simbolismo nordico e la fascinazione per l’opera di Böcklin. Nella sua pittura si afferma via via, oltre a una presenza pacata di animali e pastori, la centralità della figura umana che, grazie alla lezione di Ettore Tito, talora si emancipa fino a prevalere sul paesaggio.
L’itinerario segue, dunque, l’evoluzione del linguaggio di ciascuno dei tre autori, ripercorrendo la vicenda di una delle più importanti famiglie della storia dell’arte veneta a cavallo tra Otto e Novecento.
I prestiti provengono da alcune istituzioni pubbliche come l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia, Casa Cavazzini - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Udine e la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia, con un nucleo significativo di dipinti finora conservati nei depositi ed esposti al pubblico dopo circa vent’anni, oltre che da collezioni private.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Marsilio Editori, con saggi di Giandomenico Romanelli, Franca Lugato, Stefano Zampieri e Myriam Zerbi. (aise)