LA RABBIA DEGLI ITALIANI DIMENTICATI A CARACAS: “COSÌ ROMA NON CI AIUTA” – di Marco Mensurati
CARACAS\ aise\ - “La rabbia degli italiani a Caracas covava già da tempo. Almeno da quando l'autoproclamazione di Juan Guaidó, il 23 gennaio scorso, aveva catapultato la crisi venezuelana al primo posto dell'agenda internazionale, trovando la politica italiana titubante, paralizzata dall'ennesima contraddizione interna al suo governo. C'era solo bisogno di un innesco perché esplodesse. E l'innesco è arrivato quando un esponente dell'opposizione, Gabriel Gallo - un dirigente del partito Voluntad popular e della Ong Foro Penal Venezolano - ha reso pubblica la vicenda di sua mamma, la signora Laura Gallo. Anche lei, come il figlio, attivista politica, ma di passaporto italiano. Proprio il 23 gennaio, ha raccontato Gabriel, la signora Gallo è stata arrestata insieme ad altre 31 persone - tra cui 11 ragazze e ragazzi tra i 12 e i 16 anni - durante una retata governativa al termine di una manifestazione nello stato di Yaracuy, circa 300 chilometri dalla capitale”. Ne scrive Marco Mensurati, inviato a Caracas del quotidiano “la Repubblica”.
“Un arresto "arbitrario" e "infondato" per usare le parole di Gabriel. Uno dei tanti di questi giorni. A fronte del quale, l'intervento dello Stato italiano - riassumibile in un tweet dell'ambasciata nel quale si invoca "il rispetto dei diritti procedurali" - è stato giudicato dalla comunità decisamente insufficiente. Anzi, di più: "Vergognoso".
Il giudizio a dire il vero, sembra essere ingeneroso. Al di là della prudenza formale del tweet, l'ambasciata di Caracas sta facendo di tutto, in queste ore, per provare a tirare fuori dal carcere la donna. E però la confusione in cui versa il Paese rende la situazione difficilmente gestibile. Così è successo che il giudice ha rinviato per tre volte l'udienza di convalida del fermo (associazione per delinquere, terrorismo e occupazione stradale, i reati contestati a tutti gli arrestati, minorenni compresi) prolungando uno stato di detenzione che sembra destinato a durare ancora. Più probabile che la "vicenda Gallo" abbia funzionato da catalizzatore per l'enorme dose di malcontento e delusione che la comunità italiana aveva già accumulato nei giorni precedenti a causa della scelta di Roma di non esporsi con chiarezza a favore di Guaidó. Come invece hanno fatto altri paesi europei. Spiega Alfredo D'Ambrosio presidente della Cámara de comercio Venezolano-Italiana: "In questi giorni noi italiani siamo vittime di una sorta di persecuzione, via twitter ma anche nella vita reale, da parte dei nostri concittadini venezuelani. Ci accusano di ambiguità. Ci dicono che per colpa del nostro Paese il processo di ricambio al potere in Venezuela è stato rallentato, che abbiamo indebolito la posizione europea".
D'Ambrosio è uno dei pochi italiani che accetta di parlare in chiaro, nome e cognome. I più chiedono l'anonimato. Temono ritorsioni. "Tu parli con la stampa, poi il giorno dopo arrivano a casa tua con una macchina nera, senza targa. E sparisci per qualche mese", raccontano. La loro preoccupazione non è solo di natura politica. Ma anche, se non soprattutto, commerciale ed economica.
Per quanto possibile, negli anni, la politica estera italiana a Caracas è sempre stata allineata alla attuale posizione europea, quella di un'opposizione composta e pacata al governo Maduro. Anzi, spiegano da ambienti diplomatici, "anche a costo di numerosi sacrifici" si può dire che a tratti fosse "persino d'avanguardia". Ecco perché questo improvviso cambio di direzione è risultato inspiegabile. Oltre a suonare beffardo. Essendo giunto quando le condizioni internazionali sembravano finalmente favorevoli.
Detta in altri termini, dopo anni trascorsi all'opposizione di Maduro - che prediligeva come partner economici Russia, Cina, Turchia e Cuba - gli italiani adesso temono di non poter passare all'incasso e di trovarsi superati nel gradimento del nuovo potere da Paesi, come la Spagna, la cui linea, oggi a favore di Guaidó, negli anni è stata più ambigua.
Se la manovra dell'opposizione dovesse andare in porto, uno dei primi passi formali del nuovo governo potrebbe essere la rivisitazione dell'assetto contrattuale relativo allo sfruttamento delle enormi risorse minerarie. Tra le altre compagnie presenti in Venezuela c'è l'Eni che gestisce tre giacimenti (Perla, nel Golfo di Venezuela; Junin 5, nella Faja dell'Orinoco; e Corocoro, nel Golfo di Paria) e che, soprattutto, punta allo sfruttamento futuro di alcune riserve non sviluppate sempre di Perla, scoperte nel 2009 con la spagnola Repsol.
Che adesso rischierebbe di trovarsi avvantaggiata. Lo stesso discorso vale a maggior ragione per le piccole imprese degli italiani presenti in Venezuela: 160mila, secondo l'anagrafe consolare, il 65% dei quali con il doppio passaporto. Sono quasi tutti imprenditori che in questi anni hanno sofferto moltissimo la crisi dell'intero sistema. E che adesso si sentono traditi dalle incertezze di Roma. "Non so se si possa parlare di un tradimento vero e proprio - dice ancora D'Ambrosio - fatto sta che l'eco dei discorsi italiani che arrivano fin qui ci preoccupano. E non poco. Sarebbe ora di dare una sterzata decisa".
A cominciare magari proprio dal caso Gallo, quello che sta incendiando il dibattito della comunità e sul quale si invoca un intervento diretto di Roma.
"Sarebbe il minimo. Nessuno Stato può rimanere indifferente di fronte all'arresto e la detenzione illegittima di un suo cittadino", spiegano gli attivisti di Voluntad Popular mostrando un video in cui uno dei ragazzi arrestati viene picchiato con un bastone dal carceriere. Scene del genere, stando alle denunce delle Ong, sono all'ordine del giorno nelle carceri venezuelane. "Ho fatto visita a mia madre, sta bene - rassicura Gabriel Gallo - . Anche se è chiusa da giorni dentro una cella due metri per due. Come sta? Dice che se tutto questo è per la libertà, allora va bene così"”. (aise)