LA REPUBBLICA DEL “NI” E L’ASCESA DELLA “QUALIPATIA”

ROMA\ aise\ - Ruota attorno al concetto di “qualità” il Rapporto dell’Eurispes che, giunto alla sua 31esima edizione, come da tradizione, descrive il paese attraverso 6 dicotomie, illustrate attraverso altrettanti saggi e 60 schede fenomenologiche.
“Qualità” come “parola chiave”, per “sottolineare, in particolare per la sua mancanza, che ci pare di ravvisare, ciò che contraddistingue le tendenze sociali, economiche, politiche e culturali in atto nel Paese”, il commento del Presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara.
Le dicotomie tematiche del Rapporto 2019 sono:
Pubblico/Privato; Sovranismo/Mondialismo; Lavoro/Tecnologia; Identità/Differenza; Realtà/Rappresentazione; e, infine, Sicurezza/Insicurezza.
Ad arricchire il Rapporto, le indagini campionarie che, nell’edizione di quest’anno, hanno sondato alcuni dei temi tradizionalmente proposti dall’Eurispes e altri di recente interesse: la fiducia nelle Istituzioni, l’opinione sull’operato del Governo, la situazione economica delle famiglie e i consumi, il mondo del lavoro, l’euro e l’Europa, l’opinione sui temi etici, il testamento biologico e il fine vita, il gioco con vincita in denaro, il rapporto dei cittadini con la televisione pubblica, il mondo degli animali, le nuove abitudini alimentari e la sensazione di sicurezza dei cittadini.
“La separazione tra Sistema e Paese, che abbiamo descritto nel Rapporto Italia 2018, non sembra affatto superata e il Paese resta in attesa di capire che cosa intende fare il Sistema per sanare la frattura”, prosegue Fara. “È caduta la cultura della programmazione. Le grandi questioni che attraversano la vita del Paese sono affrontate con la superficialità e con l’improvvisazione dettate dai tempi della comunicazione. Ogni argomento, anche se di grande rilevanza, viene affidato ad uno spot, uno slogan, un tweet. Il dibattito pubblico risulta immiserito a causa del declino della cultura dell’ascolto, del rispetto dell’altro da sé e dalla mancanza di una idea di comunità e di un senso stesso dello Stato. L’appiattimento del livello dello scambio politico a quello di eloquio da bar e, di più, l’imbarbarimento producono solo volgarità fine a se stesse”. Per Fara “il tratto distintivo dell’Italia di questo 2019 sembra consistere nella difficoltà di affermare la propria identità, di sapere scegliere i percorsi ai quali affidare il proprio cammino, di dimostrare la capacità di decidere e di operare per poter stare ai tempi della complessità e della globalizzazione. Il nostro si potrebbe definire “Paese del Ni”, che non riesce mai ad esprimersi in maniera definitiva con un “No” o con un “Si”. Le scelte non sono mai chiare, soggette a cambiamenti o capovolgimenti. Sul piano istituzionale, mai, nella storia recente, si erano potute osservare una tale “capacità di indecisione”, una così grande confusione di ruoli e di responsabilità, una così netta separazione tra dichiarazioni, annunci e fatti”.
I DATI DEL RAPPORTO
FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI
Aumenta il numero dei cittadini che esprimono un aumento di fiducia nei confronti delle Istituzioni rispetto al 2018, triplica rispetto a due anni fa (20,8% contro il 13% del 2018 e il 7,7% del 2017). Parallelamente, diminuiscono gli sfiduciati dal 34,4% al 29,4%. L’apprezzamento nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si “impenna” dal 44,5% al 55,1%; in particolare, è raddoppiato il consenso da parte degli elettori del Movimento 5 Stelle (dal 30,1% al 59,4%). Cresce anche il gradimento nei confronti del Governo di oltre 15 punti rispetto all’anno scorso (36,7%). I consensi nei confronti del Parlamento arrivano al 30,8%, quelli verso la Magistratura raggiungono il 46,5%.
Si conferma il sentimento di fiducia nei confronti delle Forze dell’ordine. L’Arma dei Carabinieri raccoglie l’apprezzamento di 7 italiani su 10 (70,5%; nel 2018 era il 69,4%), la Polizia del 71,5% (+4,8% rispetto al 2018), la Guardia di Finanza è pressoché stabile (68,3%; nel 2018 era il 68,5%). Trend della fiducia in crescita nei confronti della Polizia Penitenziaria (68,2%, nel 2018 era il 66,3%). Se lo scorso anno l’86,6% dei cittadini esprimeva affidamento nei confronti del Corpo dei Vigili del Fuoco, nel 2019 i fiduciosi sono arrivati all’87,3%. Sul fronte della Difesa, l’Esercito Italiano conquista due punti in più (dal 70,4% al 72,3%); stesso trend di crescita per l’Aeronautica Militare (dal 72,9% al 74,8%). Pressoché stabile la Marina Militare al 72,7%. L’Intelligence raccoglie la fiducia del 67,6% (+ 2,2% rispetto al 2018).
Tra le altre Istituzioni, aumenta la fiducia per le associazioni dei consumatori (dal 51,2% al 53%), le associazioni degli imprenditori (dal 41,1% al 43,2%), i partiti, che registrano il miglior risultato dal 2009 (dal 21,6% del 2018 al 27,2%); la Scuola (dal 63,2% al 67,4%), la Protezione civile (dal 76,3% al 79,2%), l’Università (dal 69,8% al 73,5%) e il sistema sanitario (dal 61,2% al 62,3%). In calo invece la Chiesa cattolica (dal 52,6% al 49,3%) e i sindacati (40,2% al 37,9%).
NONOSTANTE LA FIDUCIA, PREVALE LO SCETTICISMO RISPETTO AI TRAGUARDI DA RAGGIUNGERE
Nell’indagine sono state poste alcune domande per capire le aspettative e il giudizio sull’operato dell’attuale Governo. I valori espressi in termini di apprezzamento per il Governo Lega-M5S non sempre concordano con il livello di fiducia nelle azioni future dell’Esecutivo. La capacità di risanare i conti pubblici convince solo il 26% dei cittadini; un terzo degli italiani (33,2%) è convinto che le politiche adottate concorreranno a rilanciare i consumi; poco più di 3 su 10 (31,5%) credono che si riuscirà a combattere la disoccupazione; il 30,8% pensa che il Governo riuscirà a dare prospettive ai giovani; il 32,9% che aumenterà la tutela dei diritti; il 29,9% è certo che questo Governo sia garanzia di unità e coesione del Paese; la capacità di tenere alta l’immagine dell’Italia nel contesto internazionale convince il 31,4% degli italiani. Solo il 28,6% è fiducioso del fatto che verranno elaborate politiche a sostegno della famiglia tali da aumentare il tasso di natalità; ancora più bassa la percentuale di chi ritiene che verrà abbassata la pressione fiscale (27,2%).
Il giudizio degli italiani risulta d’altra parte più ottimista su alcuni particolari temi proposti: nel 53,3% dei casi si dicono fiduciosi sulla possibilità che il Governo sappia gestire le problematiche legate alla crisi immigrazione e nel 51% dei casi che saprà tutelare il Paese dalle minacce del terrorismo internazionale.
Il sostegno del Made in Italy nel mondo sarà un fiore all’occhiello dell’Esecutivo secondo il 48,1% delle indicazioni. Le voci relative alla futura capacità di contrasto alla criminalità organizzata e quello alla microcriminalità raccolgono entrambe l’opinione positiva del 43% circa degli italiani.
DEBITO PUBBLICO, IMMIGRAZIONE, REDDITO DI CITTADINANZA E FLAT TAX
Rispetto ad azioni già intraprese dal Governo, la scelta di aumentare il debito pubblico per finanziare maggiori spese ha diviso il campione a metà: il 51,9% contrario, il 48,1% favorevole. Il 69% è favorevole al rimpatrio di tutti gli immigrati irregolari; parallelamente, il 68,9% è d’accordo sulla necessità di contenere l’immigrazione. Il 63,4% è d’accordo sulla riforma della legge Fornero; solo il 44,6% concorda sull’istituzione del reddito di cittadinanza e meno della metà (47,2%) sull’introduzione della flat tax. Solo 1 italiano su 10 crede che lo Stato debba vendere le proprie infrastrutture; quasi 6 su 10 sono convinti, invece, che debba possederle anche se in modi differenti (59,6%): per il 28% le infrastrutture devono essere gestite in maniera diretta dallo Stato, per il 16,8%, pur conservandone la proprietà, lo Stato deve cedere la gestione a imprese private e per il 14,8% ad imprese pubbliche.
L’EUROPA CHE C’È E CHE NON C’È. PER 6 SU 10 L’ITALIA DEVE RIMANERE IN EUROPA. LA MAGGIORANZA (53,1%) VUOLE L’EURO
Quasi la metà dei cittadini (49,5%) rimane su una posizione equilibrata, affermando che per l’Italia far parte dell’Unione comporta vantaggi e svantaggi. Quasi uno su cinque (19,2%) pensa invece che per l’Italia far parte dell’Unione rappresenti un valore aggiunto, mentre il 13,4% crede sia uno svantaggio. Il 17,9% non ha voluto prendere una decisione. Oltre sei italiani su dieci (60,9%) ritengono che il nostro Paese debba restare in Europa (+12,1% rispetto all’indagine del 2017), solo il 14,2% vorrebbe uscirne definitivamente (-7,3% rispetto al 2017); ben un quarto non sa orientarsi (24,9%).
USCIRE DALL’EURO? VINCE IL FRONTE DEL “NO”
La maggioranza degli italiani vuole che l’euro continui ad essere la moneta corrente (53,1%), solo il 23,9% vorrebbe che l’Italia uscisse dalla moneta unica; molti (23,9%) non hanno saputo rispondere.
Quasi quattro intervistati su dieci (39,2%) ritengono che l’Italia debba rispettare una regola imposta dall’Europa anche se va contro gli interessi del Paese, ma, nello stesso tempo, credono che si debba impegnare affinché possa essere modificata. Il 20,5% suggerisce di non rispettare regole che ledono i nostri interessi e il 12,4% afferma che, anche se non condivisa, una regola va comunque rispettata. Il 27,9% non sa rispondere.
IL FUTURO: 4 SU 10 PENSANO CHE L’EUROPA RESISTERÀ
Per quasi quattro cittadini su dieci (39,3%) l’Unione europea resisterà nonostante le difficoltà, il 19,3% è convinto che dopo la Brexit un altro paese membro uscirà dall’Unione, il 16,3% crede che l’Europa unita non sia destinata a durare; il 24,1% non si esprime.
ECONOMIA DELLE FAMIGLIE. CRESCE L’OTTIMISMO MA IL 45% È COSTRETTO AD ATTINGERE AI RISPARMI.
Il 41,8% dei cittadini ritiene che negli ultimi 12 mesi, la situazione economica del Paese sia rimasta stabile, con un valore superiore a quello del 2018 di quasi 3 punti (38,9%) e di quasi 20 punti rispetto al 2017 (22,2%). In parallelo, diminuiscono coloro che ravvisano un peggioramento (38,6%, -2,9% rispetto al 2018); contenuta in un 12,7% la percentuale degli ottimisti. Tuttavia, ben il 45,1% degli italiani afferma di essere costretto a utilizzare i risparmi per arrivare alla fine del mese (40,7% nel 2018) mentre un terzo non ha difficoltà (33%); il 22% riesce a risparmiare; più di 1 su 4 (27,7%) incontra difficoltà a pagare le utenze; il 21,1% a sostenere le spese mediche.
Tra coloro che hanno un mutuo, quasi un terzo (32,7%) paga con fatica le rate e la metà di chi è in affitto fatica a pagare il canone. Per far fronte alle difficoltà, il 32,6% è stato costretto a ricorrere al sostegno economico della propria famiglia di origine, uno su dieci ha chiesto prestiti a privati (10,1%).
CONSUMI DELLE FAMIGLIE, BOOM PER LE SPESE DELLE BADANTI (+17,3%)
I consumi delle famiglie italiane rimangono mediamente stabili rispetto ai valori dello scorso anno. Secondo la rilevazione dell’Eurispes, a gennaio 2019, gli italiani hanno mantenuto le stesse abitudini per i prodotti alimentari (56,2%), gli animali domestici (58,2%), i controlli medici (52%), le automobili (51,4%), la bellezza (49,7%), l’abbigliamento (49,5%) e le pulizie domestiche (47%). Le spese si sono mantenute stabili o sono diminuite per viaggi e vacanze (in media il 43,9%), pasti fuori casa (in media il 43%), articoli tecnologici (in media il 40,6%), mobili (in media il 44,2%), attività sportive (in media il 44,6%). Per gli spettacoli il 47,4% ha speso meno, il 43,6% ha speso la stessa cifra. Un vero è proprio boom ha, invece, registrato la voce di spesa dedicata alle badanti: dal 24,9% del 2018 all’attuale 42,2% di italiani che affermano di aver speso di più per questa voce; in particolare, a spendere di più sono le persone che vivono sole (62,5%). Quasi tre italiani su dieci hanno speso somme più alte per la baby sitter (29,6%); un altro 29,3% per l’istruzione scolastica privata dei figli e il 26,6% per le attività sportive ed extra scolastiche dei figli.
ACQUISTI ON LINE: OLTRE LA METÀ COMPRA SUL WEB. SONO PIÙ UOMINI CHE DONNE
Oltre la metà degli italiani acquista prodotti on line (52,9%): il 24,8% lo fa “qualche volta”, quasi 1 su 4 “spesso” (18%), 1 su 10 “abitualmente” (10,1%). A fronte di un 31,4% che non acquista mai on line e di un 15,7% che lo fa “raramente”. Gli uomini acquistano on line più spesso delle donne (57,1% contro il 48,6%). Al primo posto l’acquisto di biglietti ferroviari e aerei (75,4%), seguiti dai capi di abbigliamento (63,4%), dalle apparecchiature tecnologiche (61,6%) e da viaggi e vacanze (53,7%).
LAVORO: DIMINUISCE IL PESSIMISMO
Il 58,3% di quanti hanno partecipato all’indagine dell'Eurispes afferma di avere un lavoro. Più della metà del campione (54,2%) dichiara che la sua posizione lavorativa gli permette (“molto” e “abbastanza”) di fare progetti per il futuro (nel 2013 i pessimisti erano il 64%); resta comunque alta la percentuale di quanti non hanno questa sicurezza (45,8%). Il 69,5% di chi lavora non si sente nelle condizioni di dover cercare una nuova occupazione. Il 53,2% può sostenere con il proprio lavoro spese come l’acquisto di una casa, di un’automobile o l’accensione di un mutuo (contro il 46,8%). Rispetto al 2013 risulta aumentata di quasi 15 punti la quota di quanti possono permettersi determinate spese. Rispetto a 6 anni fa, aumenta di più di dieci punti percentuali la quota di quanti si sentono sicuri di garantire una stabilità alla propria famiglia grazie al proprio lavoro (dal 46,5% al 56,8%).
L’ALTRA FACCIA DEL LAVORO. PIÙ DI 1 SU 5 COSTRETTO AL DOPPIO LAVORO E A LAVORARE SENZA CONTRATTO
Una quota interessante del campione afferma di essersi trovata nell’ultimo anno nella condizione di svolgere un doppio lavoro (22,3%), lavorare senza contratto (21,2%) o svolgere un lavoro con qualifiche inferiori rispetto alle proprie competenze (24,2%). I più esposti i giovani tra 18 e 34 anni, che hanno lavorato senza contratto nel 58,6% dei casi per i 18-24enni e nel 34,7% per i 25-34enni.
I DISAGI SUL LAVORO. IRREGOLARITÀ DEI PAGAMENTI PER UNO SU CINQUE
I disagi più sentiti dai lavoratori italiani sono la mancanza di tempo da dedicare a se stessi (48,5%), i carichi troppo pesanti di lavoro (47,7%), gli spostamenti casa-lavoro (44,4%) e le difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia (41,8%). Il 38,6% lamenta l’assenza di stimoli professionali, mentre sono circa il 32% coloro i quali dichiarano di avere rapporti conflittuali con i colleghi ed il 30% con i superiori. Il 28,5% ritiene che i propri diritti siano scarsamente tutelati e circa il 27% è preoccupato dalla precarietà del contratto e dall’insicurezza del posto di lavoro; circa uno su cinque (21,1%) deve fare i conti con l’irregolarità nei pagamenti. Ritardi o mancate retribuzioni sono proprio la motivazione più frequente che ha costretto a cambiare lavoro: lo ha affermato il 14,4% dei lavoratori, a cui si aggiunge un ulteriore 14,5% che ha pensato di farlo. Ad abbandonare il posto di lavoro a causa del mobbing è stato il 7,1% dei rispondenti, a cui va aggiunto il 16,5% che ci ha pensato, ma non lo ha fatto, per un totale del 23,6%. L’assenza di un contratto è stata la spinta a lasciare il lavoro nel 12,7% dei casi. Il 40,6% dei lavoratori ha pensato di mettersi in proprio avviando un’attività autonoma: fra questi il 15% lo ha fatto con successo, il 9,7% ha avviato un’attività in proprio, ma non ha avuto successo e il 15,9% vorrebbe farlo, ma non ne ha la possibilità.
SICUREZZA/INSICUREZZA
Quattro italiani su dieci (39%) ritengono di vivere in città “poco” (33,1%) o “per niente” (5,9%) sicure. Al contrario, il 47,5% crede che il luogo dove vive sia “abbastanza” (39,4%) o “molto” (,8,1%) sicuro.
Negli ultimi tre anni, la paura di subire reati è rimasta invariata per la maggior parte dei cittadini (59,1%); parallelamente, rispetto al 2017, sono diminuiti coloro che hanno più paura (dal 34% al 30%), in favore di coloro che ritengono la loro paura sia diminuita (dal 7,8% al 10,9%). Gli italiani si sentono minacciati in primo luogo dal furto in abitazione (25,4%), segue il timore di subire un’aggressione fisica (20,8%, +3,8% rispetto al 2009).
UNO SU DUE NON SI SENTE SICURO NEMMENO A CASA PROPRIA
In crescita il numero di quanti dicono di sentirsi poco o per niente sicuri di uscire da soli nella zona in cui vivono di giorno: dal 27,8% del 2017 al 44% del 2019 (+16,2%). Consistente il timore di uscire soli di notte nella zona in cui si vive, passato dal 35,3% del 2017 al 42,4% del 2019 (+7,2%). Anche restare soli in casa fa più paura che in passato: non sentirsi sicuri sono ben il 46,3% degli italiani, erano appena il 27,9% nel 2017 (+18,4%). (aise)