"L'AUSTRALIA? UN'ESPERIENZA DA FARE, MA NON FATEVI SFRUTTARE NELLE FARM" – di Francesca Valdinoci

MELBOURNE\ aise\ - “L’espatrio in Australia viene vissuto da molti giovani italiani come un colpo di testa, la reazione ad un senso di frustrazione dettato da prospettive non incoraggianti nel paese d’origine, la voglia di mettersi in gioco e cambiare vita, un desiderio di ricominciare. Così è stato anche per Denise Giglio, originaria di Alba, e Lorenzo De Beris, di Roma, ma non è stata la loro prima volta. I due avevano vissuto per cinque anni in Olanda, ad Amsterdam, prima di decidere di ricominciare un terzo capitolo della loro vita in Australia nel 2018”. Ad intervistare i due giovani è stata Francesca Valdinoci per “Sbs Italian”, lo special broadcasting che trasmette in italiano in tutta l’Australia.
“"L'Australia nasce come viaggio, come esperienza super emozionante" ci ha raccontato Denise. "Quando vivi all'estero conosci persone, fai esperienza. Ci erano arrivate delle voci che descrivevano l’Australia come una bolla di perfezione” ha aggiunto Lorenzo. Per questo i due decidono di vedere con i propri occhi se il sogno australiano esistesse davvero.
Trascorso un primo periodo a Melbourne, i due acquistano un furgoncino per farne la loro piccola casa portatile e partire alla scoperta del continente.
Dopo un'esplorazione della costa est fino a Noosa, i due iniziano a lavorare in un’azienda agricola per completare gli 88 giorni di “farm” e ottenere il secondo anno di visto vacanza-lavoro.
“Quando si parla di farm tutti ti dicono che ci sono belle e brutte esperienze, e soprattutto dicono tutti che sono bei soldi e quando uno viene in Australia pensa che i soldi sono un po’ più facili da fare”, ha raccontato Lorenzo a SBS Italian.
Ma l'esperienza si è rivelata molto più complessa del previsto.
L’azienda agricola nella quale lavorano produce fragole, a nord di Brisbane.
Come ricorda Denise, il lavoro è davvero duro: ogni fila di campo è composta da 400 piantine da piantare o da cui raccogliere, “dopo le prime quattro ore la schiena l’avevi buttata”.
Subito emergono due problemi: da una parte la paga molto bassa, lo stipendio era di circa $100 al giorno a testa, dall’altra la mancanza di continuità del lavoro: “si lavorava 3 o 4 giorni alla settimana, quindi un mese siamo riusciti a fare 10 giorni per cui ci siamo dovuti spostare”.
Dall’azienda di fragole i due si muovono e trovano lavoro in un’azienda di lamponi, sempre nella stessa zona.
Dopo una settimana dall’inizio di questo secondo contratto, nell’azienda arrivano controlli da parte degli ispettori del Fairwork Ombudsman per via di alcune segnalazioni, ricevute nei mesi precedenti, fatte da lavoratori che lamentavano condizioni ai limiti della legalità.
A seguito dei controlli, il management dell’azienda cambia e i due si vedono arrivare senza preavviso la rescissione di un contratto iniziato solo da qualche giorno.
“Io capisco che il datore di lavoro non avesse obblighi verso di noi ma non ho capito il modo, la mancanza di umanità con cui ci ha rispediti a casa”, ha spiegato Lorenzo.
Il nuovo manager infatti convoca alla fine del turno i ragazzi che non avrebbero più lavorato nella fattoria, non per nome, ma chiamandoli con i numeri corrispondenti alla targhetta usata per contrassegnare il raccolto di ognuno.
“Quando voglio, li caccio come pedine e ciao ciao con la manina”, così Denise ha percepito l'atteggiamento con cui è avvenuto il licenziamento.
“In Olanda non mi sarei mai sottoposta a un lavoro del genere, e perché devo farlo qui quando per me deve essere un’esperienza?”, ha continuato l’italiana, “vedevo le persone lottare per questi 88 giorni, che erano diventati un’ossessione.”
“A volte mi dicevo: tutti lo fanno, perché, Denise, non dovresti farlo tu? Stringi un po’ i denti e lo fai. Fino a quando mi sono detta no, non voglio fare come tutti gli altri.”
Per questo Denise e Lorenzo hanno deciso di abbandonare l’impresa e tornare in città.
“Sulla strada del ritorno siamo passati a trovare degli amici a Gatton, li abbiamo trovati in situazioni pessime in caravan park, in van che sono delle catapecchie pagando un affitto come se fossi in una casa”, ha spiegato Denise, “quindi vieni qua per cosa? Per lavorare in una situazione che se stavi a casa stavi meglio, abbiamo conosciuto persone che piangevano tutti i giorni”.
“Una cosa che accumunava tutti i ragazzi che rimangono in farm è che nessuno parlava bene inglese, anche per questo non ci siamo sentiti parte di questa esperienza”. Secondo Lorenzo per molti l’unico modo di rimanere in Australia e mantenersi è fare le farm.
Ora i due sono tornati a Melbourne dove trascorreranno gli ultimi mesi del loro visto vacanza-lavoro. I due hanno voluto lanciare un messaggio ad altri giovani italiani alle prese con le farm: “l’Australia è un’esperienza da fare, ma non vi fate sottomettere””. (aise)