NOSTRI PROBLEMI – di Silvia Finzi

TUNISI\ aise\ - "Grande momento di emozione dopo la scomparsa del primo Presidente eletto della Seconda Repubblica tunisina, Beji Caïd Essebsi. Funerali in pompa magna che hanno visto riunite al Palazzo di Cartagine personalità politiche venute da Paesi arabi ed europei". Si apre con l’attualità interna l’editoriale di Silvia Finzi all’ultimo numero del mensile Il Corriere di Tunisi.
"Il Presidente defunto ha attraversato tutta la storia della Tunisia dall’Indipendenza ad oggi e, specie dopo la rivoluzione del gennaio 2011, è stato capace di mantenere intatte le istituzioni, impedendo così che il Paese sprofondasse in una guerra civile, com’è invece accaduto in molti Paesi del sud del Mediterraneo; ma soprattutto e malgrado le critiche ricevute è stato in grado, attraverso giochi di alleanze politiche apparentemente improbabili, di mantenere equilibri politici che hanno permesso che due visioni contrastanti della società si affrontassero in modo pacifico. Arguto diplomatico ha saputo gestire i diversi e gravi episodi di violenza e di terrorismo che si sono verificati durante la sua presidenza riuscendo sempre ad imporre la mediazione al conflitto. Meno illuminata è stata invece la sua guida al partito da lui creato, alla vigilia della sua elezione, Nidaa Tunes che dopo un momento di effimera gloria si è frantumato in molteplici partiti, non riuscendo così ad imporsi come reale alternativa alla guida del Paese.
Morire il giorno della Festa della Repubblica (25 luglio) ha dato simbolicamente alla Nazione il sentimento che Stato e capo dello Stato si identificassero. La partecipazione popolare è stata grande, anche quella dei suoi detrattori che hanno visto scomparire con lui l’ultimo erede della tradizione desturiana di Burghiba, al quale, attraverso l’organizzazione spettacolare del funerale di Essebsi, il popolo tunisino ha reso un omaggio indiretto, omaggio che non fu permesso dall’ex presidente Ben Ali.
Molte le incognite però sul futuro; se la transizione è stata indolore con l’immediata nomina di Mohamed Ennaceur quale Presidente ad interim il 25 luglio stesso, la data fissata al 15 settembre per le future elezioni presenta un numero così elevato di candidati alla presidenza da confondere l’elettore medio.
Se è vero che il ministro italiano Moavero è stato presente alla cerimonia del 27 luglio a Cartagine, è anche vero che è stata una presenza passata in secondo piano rispetto a quella del Presidente francese, del presidente del Portogallo o del re di Spagna per non nominarli tutti. Una presenza di basso tono per un Paese amico e vicino quale l’Italia, ma soprattutto una mancata presenza per gli italiani che operano nel Paese e che si sono sentiti poco rappresentati in un momento in cui la solidarietà del loro governo sarebbe stata un segno dell’importanza dei rapporti con la Tunisia, in un momento così delicato di transizione ed attraverso questo un segno dell’importanza della nostra collettività.
Sì, è vero che il 1° agosto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto visita all’ambasciatore della Repubblica di Tunisia a Roma, Moez Eddine Sinaoui, per portare le proprie condoglianze e quelle di tutto il Governo italiano per la scomparsa del Presidente tunisino Beji Caid Essebsi lo scorso 25 luglio, ma sappiamo che il caffè riscaldato lascia sempre un gusto amaro in bocca.
In Italia la coalizione 5Stelle/Lega, sempre ad un passo dalla crisi di governo (crisi poi scoppiata, ndr), ha votato però in modo compatto per il decreto Sicurezza bis diventato così legge. Lunedì 5 agosto il Senato lo ha approvato con 160 voti favorevoli, 57 contrari e 21 astenuti: tale provvedimento limita il soccorso in mare e modifica in parte la gestione dell’ordine pubblico.
Questo il commento del ministro Salvini sui social: "Il decreto Sicurezza bis, più poteri alle forze dell'ordine, più controlli ai confini, più uomini per arrestare mafiosi e camorristi, è legge. Ringrazio voi, gli italiani e la Beata Vergine Maria". Avremo modo di dettagliare nel prossimo numero questa legge, il suo impatto sulle libertà personali e collettive, sul dovere di salvare persone in pericolo di vita in mare, sul rispetto o meno delle leggi internazionali, ma intanto non possiamo non sottolineare come l’utilizzo di un simbolo religioso e non politico per confortare una legge sia poco consono allo Stato ed alla religione stessa!". (aise)