UN MERCATO DA CONQUISTARE – di Alessandro Bettero

PADOVA\ aise\ - “In Italia sta ancora facendo discutere l’apertura di credito all’iniziativa della “Nuova via della seta”, voluta dal presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, per rafforzare partnership e scambi commerciali nell’area dell’Eurasia. Se il peso del gigante orientale nell’economia italiana è comunque già assai notevole, viene da chiedersi quanto conti davvero il Belpaese nel mercato cinese”. Così scrive Alessandro Bettero che ha intervistato Davide Cucino, presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina, per il “Messaggero di Sant’Antonio – edizione per l’estero”.
“Gli ultimi dati Istat disponibili, relativi al 2018, indicano non solo uno squilibrio di oltre 17 miliardi di euro della bilancia commerciale, ma soprattutto una diminuzione percentuale del peso dell’export italiano verso la Cina”, osserva Davide Cucino, presidente della Camera di Commercio italiana in Cina.
Dal 2004, anno della firma del Partenariato strategico globale, gli scambi commerciali tra i due Paesi hanno raddoppiato il loro valore, seppur con fasi di rallentamento nel periodo della recente crisi economica. Nel 2018 la Cina ha rappresentato il settimo mercato mondiale per le esportazioni italiane (3 per cento del totale), e il terzo più grande partner commerciale per quanto riguarda le importazioni (7,1 per cento). È dunque necessario trovare nuove strategie per ridurre la forbice che, negli ultimi anni, non ha fatto che allargarsi.
“Se consideriamo anche Hong Kong – aggiunge Cucino – il numero di imprese italiane direttamente presenti in Cina supera le 2 mila unità. La comunità di imprenditori italiani è stabile negli anni e, pur evidenziandosi l’importanza del mercato cinese, permane la difficoltà di “aggredirlo” con determinazione. Negli ultimi anni la Cina ha investito circa 5 miliardi di euro nel mercato azionario per le imprese italiane, una cifra che corrisponde al 10 per cento del totale degli investimenti di questo tipo fatti in Europa dal 2015, anno in cui è stata realizzata l’operazione tra Pirelli e ChemChina per un valore di 7 miliardi di euro. Oltre a Pirelli, acquisizioni di rilievo sono state fatte in importanti società italiane come Ansaldo Energia e CDP Reti”.
A fronte di questo gap, quali obiettivi si è data la Camera di Commercio italiana per sostenere l’Italia e il made in Italy in Cina?
“Il nostro lavoro – prosegue Cucino – è focalizzato sulla promozione del settore agroalimentare italiano attraverso il progetto “True Italian Taste” che mira a promuovere i prodotti italiani al fine di ostacolare l’italian sounding ovvero quel fenomeno riferito ai prodotti a parvenza italiana che non sono realmente riconducibili a una filiera produttiva autentica e che, perciò, confondono il consumatore finale, danneggiando l’immagine delle produzioni made in Italy”.
Al fine di sviluppare ulteriormente gli scambi tra i due Paesi, si mira anche a incrementare contatti e collaborazioni con imprenditori e istituzioni locali, e a realizzare una serie di iniziative informative su tematiche di interesse per la comunità d’affari italiana in Cina. “Verranno analizzate anche opportunità di collaborazione tra aziende locali e italiane nel settore delle disruptive technologies” ovvero nell’ambito delle cosiddette innovazioni “dirompenti”.
Per quanto riguarda la crescita della base associativa della Camera di Commercio, c’è una forte volontà di includere giovani membri: studenti, neolaureati e giovani professionisti.
“Stiamo inoltre seguendo gli sviluppi del progetto IGNITE, realizzato in collaborazione con l’AGIC, l’Associazione Giovani Italiani in Cina, che punta a creare un legame tra la comunità d’affari e i giovani tramite lo sviluppo di progetti innovativi. “IGNITE: Moving ideas” è nato dall’esigenza congiunta di Camera di Commercio e imprenditori italiani in Cina di avvicinare i giovani al mondo delle imprese. Team di studenti e giovani professionisti italiani e cinesi sono protagonisti di questo concorso, pensato per sostenere le idee più creative e innovative. A questi giovani viene chiesto di presentare progetti che rispettino valori ormai irrinunciabili per chi vuole fare impresa oggi, e cioè utilità sociale, sostenibilità, innovazione e creatività. Una volta selezionati da un gruppo di auditors, i partecipanti sono inseriti in un percorso di tutoring, fianco a fianco a imprese che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa, mettendo in risalto la loro responsabilità sociale. Le idee più brillanti vengono premiate proprio questo mese dalla Camera di Commercio italiana in Cina, in occasione della serata del Panda d’Oro a Shanghai”.
Gli obiettivi di sviluppo promossi dalla Camera di Commercio italiana in Cina sono perseguiti in cooperazione e coordinamento con gli altri soggetti istituzionali presenti nel Paese asiatico: l’Ambasciata d’Italia a Pechino, e la relativa rete consolare (Chongqing, Guangzhou, Shanghai), l’Istituto Italiano di cultura, l’Agenzia Ice, l’Enit, ecc.
“La rete di contatti consolidata negli anni, e il riconoscimento istituzionale – precisa Cucino – ci hanno permesso di realizzare numerose iniziative volte al sostegno del made in Italy, e a facilitare la conclusione di affari tra operatori privati: dall’organizzazione di missioni istituzionali e imprenditoriali a partecipazioni individuali o collettive, fino a manifestazioni fieristiche in Cina e in Italia, eventi di networking, premi, giornate gastronomiche, career days, iniziative di formazione, lancio di prodotti, seminari, master class”.
Inoltre la Camera di Commercio sostiene il made in Italy in Cina tramite i propri canali di informazione e promozione, e attraverso i suoi Gruppi di Lavoro attivi nei settori strategici per le opportunità delle imprese italiane in Cina.
Giovani talenti italiani
Chi sono i giovani italiani che oggi fanno impresa in Cina? Se in passato i nostri ragazzi che si recavano in Asia erano studenti di lingua cinese che puntavano a migliorare le proprie competenze linguistiche, oggi le articolate connessioni tra università cinesi e italiane offrono a studenti con competenze specifiche la possibilità di svolgere un periodo di studi in Cina. “Un esempio è rappresentato dai programmi di Double Degree – ricorda Cucino –. Si tratta di percorsi di studio universitari tramite i quali gli studenti iscritti presso atenei italiani hanno l’opportunità di svolgere un certo numero di semestri presso un’università cinese ottenendo, alla fine, due titoli di studio rilasciati da entrambe le istituzioni. Ai giovani italiani, i cui ambiti di studio non sono necessariamente collegati alla Cina, questa soluzione offre un’occasione unica per proseguire il loro percorso universitario in un Paese nuovo, acquisendo una maggiore preparazione che andrà a loro vantaggio nel momento in cui si inseriranno nel mondo del lavoro. Oggi il mercato si trasforma velocemente, e le sole competenze linguistiche non sono più sufficienti per emergere. La competizione spinge le aziende operanti in Cina a ricercare professionisti la cui conoscenza del cinese è uno tra i molti vantaggi. Così i giovani italiani si trovano in competizione con i loro coetanei cinesi, la cui lingua madre è il mandarino, e la cui preparazione universitaria è di livello sempre più alto”.
Un’altra questione strategica riguarda il ruolo degli imprenditori italiani in Cina. Uno studio commissionato proprio dalla Camera di Commercio nel 2018 (Italian Business in China Survey 2018, on line sul sito www.cameraitacina.com), ha rilevato che gli imprenditori italiani che decidono di lavorare in Cina sono interessati soprattutto al settore manifatturiero. La metà di loro, il 51,1 per cento, inizia a operare nel mercato cinese con una società interamente propria al cento per cento, mentre solo una minoranza decide di aprire uffici di rappresentanza (9,4 per cento) o joint-ventures con un’azienda cinese (8,6 per cento). Le zone preferite sono Shanghai, centro nevralgico economico-finanziario della Cina, e il Guangdong, provincia cinese che si distingue per la forte presenza di aziende manifatturiere.
Del made in Italy che cosa domandano i consumatori cinesi? Dando per scontata la forte attenzione verso i prodotti della nostra tradizione: moda, pelli, accessori, vino e cibo, l’Italia spicca per la sua competenza tecnologica.
“Parliamo di prodotti specifici – puntualizza Cucino – che vanno dai farmaci e dalle attrezzature ospedaliere ai beni strumentali e alla meccanica di precisione, fino alla filiera ferroviaria che rappresenta un mercato in crescita, data l’estensione della rete ferroviaria cinese. In contemporanea, per tornare agli articoli preferiti dal consumatore medio, prevediamo un ulteriore sviluppo del settore agroalimentare – siamo i primi fornitori di cioccolato e di pasta – favorito anche da una continua attenzione da parte del ministero italiano delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, supportata dalla rete diplomatica italiana in Cina, tramite i numerosi accordi stipulati tra i due Paesi, e volti ad ampliare l’export italiano””. (aise)