CONTRO LE “REPUBBLICHE DELLE BANANE”, LA FORZA VINCENTE DI GUARDIA DI FINANZA E COMMISSIONE EUROPEA - di Alessandro Butticé e Francesco Fallica

BRUXELLES\aise\ - La Guardia di Finanza è sicuramente un fiore all’occhiello italiano in Europa e nel mondo. E dal distacco, nel 1990, del primo ufficiale del Corpo presso i servizi anti-frode della Commissione Europea, è anche un esempio di enforcement a tutela degli interessi economici e finanziari dell’Ue, grandemente apprezzato a Bruxelles e nel resto d’Europa. Quale polizia economico finanziaria, assorbe un vasto numero di competenze nelle aree di intervento dell’Unione europea, definite in base al Trattato UE.
Basti pensare alla politica commerciale comune, fondata sull’Unione doganale a norma dell’art. 28, alla lotta alle frodi in danno del bilancio dell’Unione, a norma dell’art. 325, o alla tutela dell’erario pubblico e delle finanze nazionali, affinché queste possano concorrere agli obiettivi di politica economica a sostegno di un’economia nazionale e di bilancio sana, aperta e orientata alla libera concorrenza ai sensi del Titolo VIII.
Le Fiamme Gialle hanno, tra gli altri compiti istituzionali, anche quello di tutelare la libera concorrenza in Italia, in attuazione degli Art. 101 e 102 e delle relative norme nazionali operando a tale scopo in sinergia con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che a sua volta fa parte, assieme alla Commissione europea, alla rete europea antitrust. Le operazioni della Guardia di Finanza a favore dell’Autorità vanno dalle ispezioni congiunte alle attività delegate e di iniziativa.
Abbiamo voluto parlarne con il Gen. B. (r) Pierpaolo Rossi, che è oggi uno dei più brillanti avvocati specializzati in diritto dell’UE, a proposito di un caso emblematico: quello del cartello europeo delle banane.
La ricerca e la lotta ai cartelli è un compito che viene svolto con particolare successo dalla Guardia di Finanza, in considerazione dei suoi vasti poteri investigativi e della sua naturale propensione alla prevenzione e alla repressione degli illeciti di natura economica.
Il nostro ricordo va quindi ad una celebre indagine nei confronti di un agguerrito cartello nel settore della frutta esotica, e in particolare in quello delle banane. Da sempre in Italia vi è una espressione tipica, “Repubblica delle Banane”, con la quale ci si riferisce ad un luogo dove le regole non ci sono, oppure dove le norme spesso sono violate. E dove ciò, tutto sommato, sta bene a tutti. Nel nostro caso, invece, in Italia, e grazie alla Guardia di Finanza, non andò così.
Ragione per cui il cartello delle banane, che comportava in Italia e in molti altri Paesi europei un sovraprezzo del popolare e apprezzatissimo frutto, è stato affrontato in maniera incisiva dal Nucleo Antitrust della Guardia di Finanza. L’attività di indagine trae origine, nel 2005, dalla stretta sinergia tra il Gruppo Antitrust delle Fiamme Gialle e le altre componenti del Corpo, che svolgevano verifiche fiscali a grandi imprese multinazionali.
In tale quadro il Gruppo Antitrust veniva in possesso di elementi rinvenuti nel corso di una verifica fiscale condotta dai finanzieri nei confronti di una S.p.A italiana. “L’origine di quella verifica si poneva”, ci ricorda Rossi, “quale conseguenza di uno scambio di informazioni attivato dalla Commissione Europea a seguito di una grande inchiesta del 2001 su un caso di contrabbando continentale di banane, mediante utilizzo di documenti falsi in violazione delle quote d’importazione nell’UE. Inchiesta che era stata condotta dall’Ufficio europeo per lotta antifrode OLAF, negli anni d’oro in cui era sotto la direzione del Procuratore tedesco Franz-Hermann Bruener. Quell’inchiesta aveva dato luogo ad un vasto numero di verifiche fiscali riguardanti i principali importatori di banane per accertare il volume d’importazioni irregolari, tra i quali proprio la SpA italiana, che si scopri essere coinvolta in traffici di altro genere”.
Prima dell’intervento dell’OLAF, rappresentato dal generale Rossi, i carabinieri avevano distrutto il carico di una nave bananiera, proveniente dall’Ecuador, alla ricerca di cocaina. Che invece non fu trovata, perché l’utilizzo di falsi certificati d’importazione consentiva ingenti guadagni con molti minori rischi.
La Procura della repubblica di Catania, al termine delle indagini, dichiarò infatti: "In origine, l'inchiesta era destinata soltanto a controllare un'imbarcazione sospettata di trasportare cocaina. L'inchiesta non ha dato esito, in quanto non è stata trovata cocaina a bordo; per puro caso, però, si è constatato che l'imbarcazione trasportava in realtà banane e tentava di sottrarsi alla normativa doganale. Abbiamo potuto scoprire come un modesto commerciante di un paese di provincia sia riuscito a costruire, dal nulla, un autentico impero, arrivando a controllare il traffico commerciale delle banane nell'intera Italia centrale e meridionale. Grazie all'OLAF abbiamo capito che questo tipo di attività ha ramificazioni all'estero, in Francia, Spagna, Portogallo. Siamo riusciti altresì a capire un aspetto che in origine non risultava molto chiaro: i guadagni realizzati grazie a questo tipo di frodi sono superiori a quelli che permetterebbe un delitto grave come l'importazione di una tonnellata di cocaina ...".
Su questo caso clamoroso, l’unitá comunicazione dell’OLAF fece realizzare persino una fiction a scopo didattico per le forze di polizia europee, a dimostrazione della necessità di abbattere anche agli investigatori le frontiere che da tempo non esistono per i criminali.
L’Antitrust della Guardia di Finanza, grazie a uomini come il Maresciallo Massimiliano Calaresu (non a caso oggi in forza alla Direzione Generale della Concorrenza della Commissione Europea), e del continuo apporto di funzionari della Commissione Europea, come il capo unità Flavio Laina, si accorse invece di una serie di elementi utili per definire la presenza di accordi restrittivi della concorrenza nel mercato europeo della produzione e distribuzione delle banane. Infatti, tale società, appartenente ad un gruppo ecuadoriano (comunemente conosciuto sul mercato con un notissimo marchio), insieme alle più grosse multinazionali rientra tra i cinque leader mondiali per la produzione e il commercio di banane.
Analizzando la copiosa documentazione rinvenuta a seguito della verifica fiscale e poi sequestrata penalmente, in quanto i comportamenti accertati avevano rilevanza penale-tributaria, l’Antitrust della Guardia di Finanza delineava delle condotte collusive poste in essere da una serie di altri operatori europei.
Tale documentazione, risultava utile al fine di ricostruire i gravi comportamenti collusivi posti in essere, che costituivano un’infrazione al regime di libera concorrenza tutelato dall’art. 101 del Trattato. Venivano in particolare ritrovati foglietti manoscritti raccolti in un block notes a casa dell’Amministratore, dove venivano indicati una serie di dati inequivocabili che erano l’evidenza dell’esistenza di un cartello pan-europeo finalizzato a fissare prezzi e spartirsi mercati.
In particolare, emergeva che un Gruppo avrebbe partecipato ad un cartello con alcune società concorrenti al fine d fissare i prezzi di acquisto e vendita delle banane, ripartire i volumi delle importazioni, e applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti.
Tenuto conto del numero di Stati membri interessati (riconducibili principalmente al sud Europa) e del fatto che la Commissione Europea aveva avviato preliminari accertamenti nel mercato in esame (anche se con esclusivo riferimento all’area del nord Europa), il Gruppo Antitrust delle Fiamme Gialle informò la Commissione europea.
Per garantire un rapido e proficuo utilizzo a fini operativi della propria segnalazione, il 26 luglio 2007 la Guardia di Finanza incontrò i competenti servizi della Commissione Europea, per illustrare le risultanze investigative, e consegna della relativa documentazione probatoria, autorizzata ovviamente dall’Autorità Giudiziaria italiana competente.
Successivamente, la stessa Commissione europea, ritenendo fondata l’ipotesi investigativa, disponeva l’esecuzione di una serie di accertamenti ispettivi richiedendo, per quelli da svolgersi in territorio italiano, l’assistenza anche dell’Antitrust nazionale e della Guardia di Finanza.
L’Antitrust della Commissione Europea, nell’Ottobre del 2011 sanzionava la SpA italiana con ammende per poco meno di 9 milioni di euro.
La decisione della Commissione veniva quindi contestata di fronte al Tribunale dell’Unione, dando luogo ad un lungo contenzioso conclusosi con la sentenza di primo grado del 16 giugno 2015, nella causa T-655/11, e successivamente con la sentenza d’appello del 27 aprile 2017, nella causa C-469/15P della Corte di giustizia. “Al centro del contenzioso”, ci ricorda Rossi, “vi era la delicata questione dell’ammissibilità ai fini del procedimento da parte dell’antitrust europeo di prove raccolte dalla Guardia di Finanza nell’ambito di attività di controllo a fini tributari, e quindi differenti da quelli direttamente connessi all’applicazione della disciplina della concorrenza”.
“Quella causa”, prosegue Rossi, “fu aspramente dibattuta di fronte ai giudici europei in quanto le imprese interessate avevano lamentato la violazione dei loro diritti di difesa. E determinante fu la verifica da parte della Corte UE del comportamento, altamente professionale, dei finanzieri nel corso dell’attività ispettiva, e nella successiva trasmissione delle informazioni rilevanti alla Commissione Europea, con l’osservanza delle cautele e garanzie difensive del caso. La Corte quindi sentenziò che le imprese ricorrenti non avevano dimostrato un utilizzo illegittimo delle informazioni fornite dalla Guardia di Finanza alla Commissione, confermando quindi le ammende inflitte a loro carico”.
Questa complessa vicenda offre parecchi spunti di riflessione sull’indispensabile e leale collaborazione tra l’UE e le autorità italiane, che possono offrire ispirazioni per affrontare un momento storico nel quale le amministrazioni italiane, nonostante alcune incomprensibili fughe in avanti “sovraniste”, saranno chiamate a gestire ingenti risorse economico-finanziarie europee, destinate alla rinascita economica dell’Italia post pandemia. Ma evidenzia soprattutto la necessità di una visione comune del “sistema Italia”. Nella consapevolezza che l’interesse italiano coincide, e non si contrappone, a quello dell’Unione Europea. Della quale l’Italia non è solo uno Stato membro, ma anche fondatore. Oltre a questa consapevolezza, sarà inoltre necessario, per tutte le amministrazioni nazionali, dimostrare la professionalità, la serietà, la competenza, e le conoscenze che le Fiamme Gialle hanno saputo dimostrare. Con unanime riconoscimento delle istituzioni amministrative e giudiziarie Europee. (alessandro butticé - francesco fallica\aise)