Politica spaziale e di difesa: due sfide dell’Ue del nuovo millennio. colloquio con Massimiliano Salini – di Alessandro Butticè

BRUXELLES\ aise\ - La New space economy, il fenomeno Elon Musk, Space X. Sono solo alcuni esempi che dimostrano una trasformazione in atto del settore spaziale, da sempre propaggine dei ministeri della difesa e oggetto di interesse di player prettamente istituzionali o governativi.
Questo trend sta cambiando, come ci dimostrano gli americani. Lo spazio può a tutti gli effetti rappresentare una nuova area di business, non solo per grandi aziende ma anche per Pmi e start-up. In una fase di rilancio economico post pandemia, il settore spaziale può costituire un volano importante per la nostra economia.
Non solo, ma le applicazioni offerte dall’infrastruttura satellitare sono ormai tra le più varie e possiamo dire a tutti gli effetti che la nostra società dipende quasi totalmente da questa infrastruttura, dall’app di geolocalizzazione, all’agricoltura di precisione, dal monitoraggio dei cambiamenti climatici, ai servizi di crisis management.
Una società che decida di non puntare su questo settore probabilmente è una società che non è a conoscenza di quanto la propria vita dipenda da esso.
L’Unione europea ha capito il potenziale di questa sfida e il Programma spaziale europeo ne è la prova. Di questo ed altro abbiamo voluto parlarne con Massimiliano Salini, eurodeputato di FI che è stato il relatore, per il PPE, durante il terzo trilogo sulla regolamentazione della politica spaziale europea.
D. Cosa significa l’accordo provvisorio raggiunto la settimana scorsa durante il terzo teologo sul regolamento spaziale europeo, e perché provvisorio?
R. Il trilogo è un negoziato tra Parlamento europeo e Consiglio, alla presenza della Commissione europea, e ha come obiettivo quello di allineare le posizioni dei co- legislatori su un regolamento o una direttiva. I negoziati condotti in questa fase cruciale del processo legislativo devono essere successivamente confermati da Parlamento e Consiglio, che votano il risultato dell’accordo nelle rispettive sedi. Per queste ragioni, quello trovato la settimana scorsa sul Programma spaziale europeo è un accordo provvisorio. Ad oggi posso confermare che l’accordo ha già ottenuto il benestare del Coreper (il Comitato dei Rappresentanti Permanenti degli Stati membri presso l’Ue, n.d.r.), il prossimo passo sarà il voto della commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) del Parlamento, previsto a gennaio.
La procedura di adozione del testo dovrebbe concludersi entro fine febbraio 2021, dopo che il testo finale sarà votato dalla plenaria dell’Eurocamera e avrà ottenuto il via libera definitivo dei ministri competenti.
D. Qual era il problema riguardo la durata del programma?
R. Il Consiglio aveva rivisto l’articolo 1 del regolamento inserendo di fatto una data di fine del programma (31/12/2027). Le ragioni avanzate dalla presidenza tedesca erano semplici: il programma spaziale doveva essere allineato alla durata del prossimo Quadro finanziario pluriennale europeo per il periodo 2021-2027. Tuttavia le modalità con cui è stato proposto questo allineamento potevano minare l’esistenza stessa del programma: a differenza di altri programmi settoriali, quello spaziale costituisce un uniqum, é infatti l’unico a regolare un’infrastruttura che appartiene all’Unione europea. Inserire una data di fine del programma avrebbe minacciato la continuità dei servizi offerti dall’infrastruttura e creato una zona grigia a livello legale che avrebbe compromesso l’operatività stessa del settore.
Per queste ragioni fin da subito mi sono opposto alla decisione del Consiglio e ho chiesto che al programma fosse applicato un regime derogatorio, alla luce delle specificità elencate. Sono molto soddisfatto che le ragioni avanzate dal Parlamento siano state accolte.
D. Quali sono le condizioni di partecipazione dei paesi terzi e delle organizzazioni internazionali al programma spaziale europeo?
R. Le condizioni di partecipazione dei paesi terzi e delle organizzazioni internazionali sono disciplinate dagli Articoli 7 e 8 del Regolamento, entrambi oggetto di un lungo negoziato interistituzionale. La partecipazione è molto articolata e varia a seconda della componente in gioco e del tipo di relazione tra Stato terzo e Ue, ma in generale possiamo dire che i nostri partner dello Spazio economico europeo e i paesi che appartengono all'Associazione europea di libero scambio (pensiamo ad esempio alla Norvegia e alla Svizzera) continueranno ad avere accesso alla maggior parte delle componenti. Una differenza importante riguarda l’accesso alle componenti sensibili del programma, come ad esempio Govsatcom, un sistema satellitare innovativo per servizi di telecomunicazioni destinati a finalità istituzionali, la cui natura richiede regole di partecipazione più stringenti.
D. Cosa significa che la componente "sorveglianza e monitoraggio dello spazio" (SST) non è aperta alla partecipazione di Stati non membri?
R. Space surveillance and tracking (Sst) consiste nell’identificazione e monitoraggio di oggetti spaziali artificiali presenti in orbita, ed è una sottocomponente dello Space situational awareness (Ssa), ossia la capacità di monitorare e comprendere lo spazio. Sst rappresenta forse la componente piu’ sensibile del programma per ragioni di sicurezza, per il suo carattere prettamente militare. L’Sst infatti può essere utilizzato per tracciare il tragitto di missili balistici o monitorare satelliti militari, di conseguenza gli Stati Membri si sono mostrati da subito fermi nell’escludere completamente dalla partecipazione a Sst i paesi non membri dell’Unione.
D. La Commissione Europea aveva proposto un budget complessivo di 16 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, mentre il Consiglio europeo del luglio 2020 era sceso a 14,8 miliardi di euro quando la proposta del PE era di 16,9 miliardi di euro. Cosa è stato deciso e perché?
R. Il taglio al bilancio del 7% rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea (2018) e del 12% rispetto alla posizione del Parlamento (marzo 2019) é frutto di una revisione fatta alla luce dell’attuale crisi covid. Come ricorderete lo scorso maggio, in occasione del lancio del Recovery plan, poi conosciuto con il nome di Next generation Eu, la Commissione europea aveva rivisto le cifre del prossimo Qfp. Purtroppo in questa revisione il budget destinato allo spazio ha subito dei tagli che, come Parlamento europeo, abbiamo fin da subito criticato. Sono infatti del parere che il settore spaziale costituisca un volano importante per l’economia della nostra Unione, non solo nelle sue applicazioni piu’ tradizionali ma anche in una serie di innumerevoli servizi che si stanno facendo strada (non da ultimo le applicazioni di tracciamento sviluppate durante la pandemia con tecnologia Galileo, o il monitoraggio delle emissioni di Co2 grazie a Copernicus, fondamentale alla luce del Green deal europeo). La nota positiva è che il bilancio approvato per il prossimo settennato, sebbene ridimensionato, é comunque più alto rispetto a quello dell’attuale Qfp e che il settore spaziale potrà usufruire di altri strumenti di finanziamento, come ad esempio InvestEU per le attività delle Pmi, attraverso l’iniziativa Cassini recentemente promossa dal Commissario Breton, e da Horizon Europe per quanto riguarda la parte ricerca.
D. Per quale motivo il Parlamento non è riuscito a introdurre un atto delegato sulle disposizioni di flessibilità del bilancio, sul programma di lavoro e sull'Accordo quadro finanziario di partenariato (Ffpa)? Cosa significherà questo fatto in termini pratici?
R. Sebbene il Parlamento non abbia ottenuto questo atto delegato, sono stati fatti passi avanti importanti verso una maggiore trasparenza e un maggiore diritto di informazione, il tutto riconosciuto nel testo stesso del Regolamento.
L’Ffpa disciplina i rapporti fra Commissione europea, Euspa e Esa. Il contratto trilaterale, oggetto di negoziato ormai da svariati mesi, dovrà seguire fedelmentll l’architettura che i co-legislatori hanno dato alla governance dello spazio, caratterizzata da una chiara separazione dei ruoli. Il Parlamento ha ribadito con forza questa necessita’: siamo fermamente convinti che senza una chiara separazione di ruoli non vi possa essere una cooperazione efficace fra questi soggetti.
D. Quale sarà l’impatto di tale accordo per l'industria spaziale dell'Unione europea, che è già una delle più competitive al mondo?
R. L’industria spaziale dell’Unione europea ottiene molti vantaggi da questo accordo.
Primo fra tutti una governance chiara e regole di partecipazione trasparenti. Un budget ambizioso che permetterà di consolidare la leadership dell’Ue nel settore attraverso progetti chiave e di stimolare un’industria che ad oggi conta circa 230 mila occupati, per un valore complessivo stimato tra i 45 e 54 miliardi di euro.
Il Regolamento prevede un focus importante sul settore downstream e sulle applicazioni dell’infrastruttura satellitare in ambito civile e apre alla partecipazione di Pmi e start up.
D. E per l’industria spaziale italiana?
R. L’industria spaziale italiana non potrà che beneficiare del nuovo programma europeo preservare il ruolo di protagonismo che ha in Europa a fianco di Francia e Germania. Si fissano paletti alla partecipazione di aziende non europee al programma spaziale. Prima, ad esempio, nei lanci potevano partecipare aziende di paesi terzi con la propria tecnologia.
Ora si valorizzano asset industriali strategici europei. E in Europa, come nel mondo, le imprese italiane non sono seconde a nessuno quanto a creatività e capacità di innovazione tecnologica. Si può fare una riflessione simile riguardo all’abbandono del meccanismo del “single source” e l’inserimento del “double source” nelle forniture spaziali: è una scelta che favorisce l’innovazione e la competizione tra territori Ue, eliminando i rischi di monopolio connaturati ad un’impostazione selettiva. A parità di eccellenza tecnologica, d’ora in avanti una start up italiana, come una bulgara, tedesca o francese, potranno quindi giocare la loro partita fino in fondo valorizzando le proprie innovazioni.
D. Quali sinergie si potranno avere tra il settore civile e quello della difesa dalla politica spaziale europea?
R. Si tratta di un fronte apertissimo, la cui declinazione dipenderà molto dalle scelte politiche. Di certo, il primo e più evidente punto di sintesi destinato ad avere sviluppi positivi, è rappresentato dai sistemi satellitari Copernico e Galileo: garantiscono prestazioni eccezionali e una qualità di dati mai vista prima, informazioni che costituiscono la base per innumerevoli progetti ed applicazioni. Si tratta di infrastrutture che favoriscono una continua cooperazione tra gli Stati membri, migliorano la sicurezza informatica e pongono le basi per una più efficace autonomia strategica nella difesa, sono indispensabili per assicurare un accesso allo spazio in modo autonomo, lo sviluppo di tecnologie di lancio satellitare alternative e un potenziamento delle infrastrutture terrestri.
D. Cosa è significato per lei essere relatore? Ci può spiegare il suo ruolo nella pratica?
R. Il ruolo di relatore del Programma spaziale ha rappresentato una delle sfide più entusiasmanti del mio mandato da eurodeputato. Dall’autunno del 2018 guido la squadra negoziale del Parlamento europeo, con cui ho ottenuto un primo importante risultato a marzo 2019, al termine della scorsa legislatura. Dopo le elezioni di maggio 2019 sono stato riconfermato relatore e ho potuto lavorare sui capitoli ancora aperti del Programma, nello specifico il bilancio e le regole di partecipazione dei paesi terzi alla luce della Brexit. Un ruolo che mi ha consentito di conoscere al meglio le specificità del settore e le enormi potenzialità dell’Ue sullo scacchiere internazionale.
D. Se avesse una bacchetta magica e tre desideri da esaudire, cosa chiederebbe per la politica spaziale europea?
R. La politica spaziale europea ha tutte le carte per giocarsela al pari di giganti come Usa, Russia e Cina, quello che forse manca è la consapevolezza. Mi auguro che la comunicazione su questo settore venga intensificata in modo da fare dello spazio un chiaro modello di successo dell’integrazione europea. Molto spesso per raccontare i vantaggi dell’Unione ai nostri cittadini portiamo l’esempio di Erasmus, mentre molti cittadini europei chiamano con il nome americano Gps un servizio di geolocalizzazione che invece é 100% europeo e si chiama Galileo. Ai nostri politici e addetti ai settori dico: facciamo dello spazio una vera storia di successo dell'Unione europea. (aise\alessandro butticé)