RIAPRE IL MUSEO CAPPELLA SANSEVERO DI NAPOLI

NAPOLI\ aise\ - Dopo mesi di chiusura a causa dell’emergenza Covid-19, uno dei gioielli del Barocco napoletano riapre le porte al pubblico.
Luogo storico nato dall’idea del principe Raimondo di Sangro nel XVIII secolo, il Museo Cappella Sansevero dal 12 giugno scorso è tornato ad accogliere i visitatori e nel primo mese, sino al 12 luglio, ha ottenuto oltre 15 mila presenze.
La Cappella, all’interno della quale è custodito il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino (1753), è da sempre uno dei musei e dei complessi monumentali più visitati della città di Napoli, con oltre 750 mila visite solo nel 2019.
Ora, nel rispetto delle misure imposte dall’emergenza sanitaria, il Museo ha disposto una pianificazione degli accessi per garantire la sicurezza dei visitatori.
Intanto il progetto per la realizzazione dei nuovi uffici del Museo Cappella Sansevero, ideato da Marita Francescon, ha ricevuto un riconoscimento al Contest Progetti Refin 2020, organizzato da Ceramiche Refin spa, azienda del Gruppo Concorde e secondo gruppo ceramico europeo per fatturato. Nello specifico, il lavoro dell’architetto e designer napoletana è stato il primo a ricevere la menzione d’onore nella categoria “Office”. Il concept della Francescon trae ispirazione dal disegno del pavimento labirintico settecentesco della navata della cappella barocca, eseguito da Francesco Celebrano su incarico del principe di Sansevero e sostituito alla fine dell’Ottocento, a causa di gravi danni, con l’attuale pavimento in cotto. L’originale pavimentazione labirintica ideata dal principe Raimondo di Sangro prevedeva tarsie policrome marmoree, all’interno delle quali risultava incastrata una linea di marmo bianco, continua e senza giunture. Il disegno marmoreo, composto dall’alternanza di croci gammate, formate dalla linea continua di marmo bianco e quadrati concentrici collocati in prospettiva, diviene così un elemento caratterizzante del design di interni dei nuovi ambienti, declinandosi su una moltitudine di superfici ed elementi decorativi: dalla quinta scorrevole ai desk, dalle foto d’autore alla pavimentazione. Le piastrelle, protagoniste dei nuovi spazi, ridanno vita alle linee dell’antico pavimento settecentesco grazie al progetto custom realizzato da Refin su disegno della Francescon, che coniuga tradizione e innovazione e rivisita in chiave contemporanea la pavimentazione ricca di simbolismo voluta dal principe, diventando un pavimento contemporaneo in gres 60 x 60 cm.
Situato nel cuore del centro antico di Napoli, il Museo Cappella Sansevero è un gioiello del patrimonio artistico internazionale. Creatività barocca e orgoglio dinastico, bellezza e mistero s’intrecciano creando qui un’atmosfera unica, quasi fuori dal tempo.
Tra capolavori come il celebre Cristo velato, la cui immagine ha fatto il giro del mondo per la prodigiosa “tessitura” del velo marmoreo, meraviglie del virtuosismo come il Disinganno ed enigmatiche presenze come le Macchine anatomiche, la Cappella Sansevero rappresenta uno dei più singolari monumenti che l’ingegno umano abbia mai concepito. Un mausoleo nobiliare, un tempio iniziatico in cui è mirabilmente trasfusa la poliedrica personalità del suo geniale ideatore: Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero.
Fu proprio Raimondo di Sangro ad incaricare un giovane artista napoletano, Giuseppe Sanmartino, di realizzare “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”.
Nelle intenzioni del committente, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradini morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino.
Sanmartino tenne poco conto del precedente bozzetto dello scultore veneto. Come nella Pudicizia, anche nel Cristo velato l’originale messaggio stilistico è nel velo, ma i palpiti e i sentimenti tardo-barocchi di Sanmartino imprimono al sudario un movimento e una significazione molto distanti dai canoni corradiniani.
La moderna sensibilità dell’artista scolpisce, scarnifica il corpo senza vita, che le morbide coltri raccolgono misericordiosamente, sul quale i tormentati, convulsi ritmi delle pieghe del velo incidono una sofferenza profonda, quasi che la pietosa copertura rendesse ancor più nude ed esposte le povere membra, ancor più inesorabili e precise le linee del corpo martoriato.
La vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato finalmente nella morte liberatrice sono il segno di una ricerca intensa che non dà spazio a preziosismi o a canoni di scuola, anche quando lo scultore “ricama” minuziosamente i bordi del sudario o si sofferma sugli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo. L’arte di Sanmartino si risolve qui in un’evocazione drammatica, che fa della sofferenza del Cristo il simbolo del destino e del riscatto dell’intera umanità.
Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il Cristo velato è ancora oggi una delle opere più note e suggestive al mondo. Fra i moltissimi estimatori vi fu anche Antonio Canova, il quale durante il suo soggiorno napoletano provò ad acquistarlo e si tramanda dichiarasse in seguito che avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere lo scultore di questo marmo incomparabile. (aise)