SOTTOSEGRETARIO MERLO, VIAGGIO LAMPO PER ASSISTERE ALLA NASCITA DELL’OSPEDALE ITALIANO DI CARACAS – di Mauro Bafile

MADRID\ aise\ - “Lo annunciò poco dopo il suo arrivo in Venezuela. L’Ambasciatore Placido Vigo, a seguito dei primi incontri con la nostra Collettività, disse che si sarebbe impegnato nella creazione di un Ospedale Italiano a Caracas e avrebbe cercato di riunire in una sola sede Ambasciata, Consolato Generale, Istituto Italiano di Cultura, Camera di Commercio, Comites ed altre istituzioni rappresentative dell’Italia. Due mete molto ambiziose e difficili ma anche molto importanti. Soprattutto quella riguardante una struttura sanitaria che garantisca l’accesso alla salute per i nostri connazionali. E sabato sarà dato ufficialmente il primo passo verso la creazione dell’Ospedale Italiano in Venezuela. Poi, probabilmente entro l’anno, vedrà la luce anche l’altro progetto accarezzato dal nostro ambasciatore: una sede unica per tutte le istituzioni italiane a Caracas; una sede più consona alle necessità della nostra comunità”. Di questo Mauro Bafile ha parlato con il sottosegretario Merlo che ha intervistato per “La voce d’Italia”.
““Credo che l’Ospedale Italiano sia un’iniziativa molto importante per i venezuelani e per tutti gli italiani che vivono in Venezuela. In questo momento economico, politico e sociale particolarmente delicato per il Venezuela, avere un Ospedale Italiano che assista soprattutto gli italiani è un qualcosa di veramente significativo – lo afferma il sottosegretario agli Esteri, Ricardo Merlo, che sarà presente alla cerimonia ufficiale della fondazione della struttura ospedaliera che si terrà nel Centro Italiano Venezolano di Caracas. Intervistato dal nostro Giornale riconosce quanto sia necessaria in questo momento una struttura come quella che si spera cominci a funzionare in breve.
– Vado in Venezuela e vi resterò meno di 48 ore – afferma -. Vado perché voglio essere presente alla cerimonia. E anche per parlare con l’Ambasciatore Vigo, per conoscere i dettagli dell’operazione, per sapere come sarà l’Ospedale e quando si stima possa entrare in funzione. Era molto, molto necessario. Ci sono Paesi in cui gli Ospedali Italiani funzionano benissimo. Averne adesso uno a Caracas è fondamentale.
L’Ospedale Italiano, fortemente voluto dal nostro Ambasciatore, rappresenta una nuova sfida anche per la nostra Collettività. In circostanze, assai diverse e sicuramente non avverse come quelle che viviamo oggi, gli italiani del Venezuela riuscirono a costruire centri di aggregazione che oggi tanti ci invidiano. In quegli anni, l’economia del Paese era florida e la nostra comunità era prospera. Si sentiva la necessità di ritrovarsi, di trascorrere alcune ore in compagnia di amici con i quali condividere sogni, tradizioni e la propria cultura. La solidarietà verso i connazionali poco fortunati era una consuetudine. Oggi le circostanze sono cambiate. L’Ospedale Italiano, come allora i nostri club e le nostre Case d’Italia, rappresenta una necessità per la nostra comunità. Ed anche una responsabilità che non può eludere.
– Altri Paesi d’emigrazione, come ad esempio Spagna e Portogallo, oltre a politiche orientate ad aiutare le loro comunità in Venezuela, e quindi ad evitare una emigrazione di rientro, hanno politiche per favorire il reinserimento dei loro connazionali e dei figli nel Paese d’origine. Quali politiche di rientro ha l’Italia e quali sono in studio?
– Un connazionale, quando torna in Patria, ha gli stessi diritti di qualunque italiano – sostiene il senatore -. Non possiamo discriminare. Ci sono tanti italiani in Italia che non hanno lavoro…
– La Spagna lo fa… ha politiche per facilitare il rientro dei connazionali…
– Spagna, altri paesi possono farlo, ma io parlo dell’Italia – insiste il sottosegretario Merlo. Sostiene che “non sarebbe giusto dare priorità ad un italiano proveniente dall’estero quando un altro in Italia vive in condizioni di estrema necessità”.
– L’importante – prosegue – è che, avendo la cittadinanza italiana, possano tornare e possano lavorare. Ci sono politiche sociali che sono orientate verso tutti gli italiani; sono politiche sociali per chi verte in condizioni di necessità. L’italiano che torna in Italia ha gli stessi diritti del connazionale che vi vive. Gli italiani all’estero sono tantissimi. Stiamo parlando di circa 6 milioni e dei loro discendenti. Non so se il Portogallo o la Spagna ne avranno tanti. Noi abbiamo una cittadinanza generosissima. Potrebbe essere un numero in perenne crescita. Se continuiamo a dare la cittadinanza come stiamo facendo… Solo in Argentina risiedono 1 milione 700mila italiani. Sono numeri importanti. Il fatto di avere la cittadinanza da il diritto di tornare in Italia e di accedere, come tutti gli italiani, agli ammortizzatori sociali.
– Comunque, non sono certo 6 milioni coloro che si trovano nella necessità di dare le spalle a quella che era la loro vita, le loro abitudini per tornare in Patria. È una infima minoranza… e lo fa per un reale bisogno. Non è affatto una decisione facile quella che prendono i connazionali in Venezuela che dopo una vita di sacrifici decidono di tornare in Italia.
– Vi sono i connazionali del Venezuela e quelli di altri paesi – insiste -. Abbiamo 140mila italiani in Venezuela. Un milione 7OOmila in Argentina. Oggi sono stato nel Consolato di Madrid e ho visto che emigrano in Spagna tanti italo-venezuelani, tanti italo-uruguayani, tanti italo-argentini. In Sudamerica non è solo il Venezuela in crisi. Ci sono altri paesi la cui economia non è prospera. Quando ci sono situazioni del genere la prima cosa che fanno gli italiani è andare in Consolato a chiedere la cittadinanza.
– Lei ne sa qualcosa perché in Argentina accadde una circostanza simile. Allora fu creata una corsia preferenziale per aiutare chi voleva tornare… Sarà possibile per gli italiani del Venezuela?
– Corsia preferenziale no – afferma -. Credo che gli italiani che tornano potranno godere degli stessi diritti di chi vi vive. Mi sembra che sia abbastanza.
– Per molti figli di italiani, e per molte famiglie, oggi il passaporto rappresenta un documento indispensabile, vista la situazione politica del Paese. Per i richiedenti di cittadinanza dal Venezuela si è pensato di creare una corsia preferenziale?
– Ci sono già meccanismi… – assicura -. Settimane fa abbiamo lavorato per permettere ad un italiano di tornare. Coloro che vogliono tornare, possono recarsi in consolato e chiedere il rimpatrio…
– E chi ha la pratica della cittadinanza in corso? Il rimpatrio è limitato ai cittadini italiani.
– La pratica di cittadinanza ha un percorso burocratico che non si può evitare – spiega -. Purtroppo, ha bisogno di un tempo. Noi vogliamo aumentare il personale dei consolati. Dal 2019 ad oggi, l’Italia ha investito più di 7 milioni di euro. Con l’Ambasciatore Vigo stiamo cercando di migliorare i servizi consolari. C’è una politica per rendere più veloci le pratiche burocratiche. Per noi il Venezuela è fondamentale. Ci sono stato già due, tre, quattro volte. Abbiamo inviato 44 tonnellate di medicine e alimenti. La cooperazione italiana si è attivata per aiutare il Venezuela attraverso l’Unicef, Caritas. Stiamo cercando di fare tutto quello che possiamo. È sempre poco ma continueremo a lavorare.
– 48 ore. Un viaggio lampo. Avrà occasione di incontrare politici… esponenti della politica locale.
Il suo è un “no” categorico. Esclude qualunque incontro.
– Per noi quello di Maduro – afferma – non è un governo legittimo.
– Quale a suo avviso dovrebbe essere l’atteggiamento dell’Europa nei confronti del Venezuela in futuro?
– In Europa c’è consenso nel non riconoscere il governo illegittimo di Maduro – ci dice -. Poi ci sono differenze. Alcuni Paesi considerano Guaidó presidente. Noi riconosciamo l’Assemblea Nazionale, quella eletta nel 2015, come organismo legittimo. Non il governo Maduro. Quindi, non abbiamo un rapporto bilaterale.
– Contatti diplomatici informali?
– Potrebbero esserci – non entra nei dettagli -. Noi abbiamo una comunità importante. Dobbiamo essere in grado di aiutarla. Sono convinto che la posizione dell’Italia è quella giusta. Noi abbiamo chiesto… io personalmente ho chiesto a Maduro di indire elezioni al più presto, con il controllo di organismi internazionali. Purtroppo, lui continua lì. Noi speriamo in una transizione verso un sistema democratico. È quello che chiediamo al signor Maduro. Per noi non è il presidente, è il signor Maduro”. (aise)