TRATTATO SULLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI: L’ANALISI DI CARLO TREZZA PER L’ISTITUTO AFFARI INTERNAZIONALI

ROMA\ aise\ - “Con la ratifica dell’Honduras è stato raggiunto, il 24 ottobre scorso, il quorum necessario per l’entrata in vigore, dopo 90 giorni, del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari del 2017 (Tpnw). Con questo nuovo Trattato, che alcuni ritenevano un obiettivo non raggiungibile, diventerà per la prima volta una norma internazionale la proibizione dell’uso, possesso, sperimentazione, immagazzinamento e anche lo stazionamento delle armi nucleari”. A scriverne è Carlo Trezza, senior adviser dello IAI per il Disarmo e la Non Proliferazione e coordinatore del Gruppo italiano dello European Leadership Network, già ambasciatore d'Italia nella Repubblica di Corea e per il Disarmo e la Non Proliferazione a Ginevra. È lui a firmare questo articolo per l’Istituto Affari Internazionali. Ne riportiamo la versione integrale.
“Questo significativo risultato è in parte offuscato dal fatto che mancano tra i firmatari proprio gli Stati cui il trattato dovrebbe essere principalmente rivolto e cioè quelli che posseggono l’arma nucleare. Si tratta dei cinque Stati (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) cui il Trattato sulla non proliferazione nucleare (Tnp) concede di possedere l’arma nucleare e quelli (Corea del Nord, India, Israele, Pakistan) che si sono procurati l’arma nucleare al di fuori del Tnp.
Si sono schierati dalla parte del “no” anche tutti i membri della Nato i quali, con l’eccezione dei Paesi Bassi, non hanno neppure ottemperato all’obbligo, previsto dal Tnp e confermato dalla Corte internazionale di Giustizia, di partecipare al negoziato per l’adozione del Trattato. Tra i membri del gruppo G20 solo il Sudafrica ha ratificato l’accordo.
TPNW E TNP: COSA CAMBIA

Tutti gli Stati che vi hanno aderito avevano in realtà già rinunciato all’arma nucleare al momento di sottoscrivere, come membri non militarmente nucleari, il Trattato Tnp del 1970. Vi sono tuttavia alcune disposizioni aggiuntive rispetto al Tnp. Tra esse spicca quella della proibizione dello stazionamento delle armi nucleari in territorio altrui che non è esplicitamente contemplata dal Trattato del 1970. Tale aggiunta rende impossibile ai Paesi Nato che ospitano armi nucleari americane sul proprio territorio (tra cui l’Italia) di aderire al nuovo Trattato. Qualora questi ultimi avessero partecipato al negoziato, avrebbero almeno avuto la possibilità di evitare questa clausola che, rebus sic stantibus, li esclude automaticamente dal nuovo Trattato.
Vi è però un’altra contraddizione di fondo tra il Tnp e nuovo Trattato che non può essere ignorata ed è il fatto che il primo permette ad alcuni Paesi di possedere l’arma atomica mentre il secondo lo proibisce tassativamente a tutti. I nodi potranno venire al pettine in occasione della grande Conferenza di riesame del Tnp prevista per l’anno prossimo. Per il momento gli aderenti al nuovo Trattato cercano di mantenere sottotraccia tale disparità i cui effetti, se portati alle estreme conseguenze, sarebbero dirompenti.
UNA TAPPA IMPORTANTE

L’entrata in vigore del Tnp costituisce in ogni caso una tappa importante di quello che non può che essere un processo graduale verso un mondo privo di armi nucleari, un obiettivo che, almeno a parole, viene perseguito dall’intera comunità internazionale. Anche se esso non porterà a risultati immediati, non si può trascurare l’impatto che il nuovo accordo ha sul comune sentire a riguardo della stigmatizzazione dell’arma nucleare.
Essa proviene non solo dal trattato in sé ma anche dal sostegno che essa ha trovato presso la società civile. Ne è testimonianza la concessione del premio Nobel per la Pace nel 2017 proprio all’Incan, l’ong che maggiormente sostiene questo Trattato. La prima ratifica di quest’ultimo è stata quella del Vaticano che si è attivamente prodigato a favore del Tpnw. L’artefice di tale importante iniziativa diplomatica vaticana è stato il monsignor Silvano Tomasi, già Rappresentante permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali di Ginevra, il quale è appena stato nominato cardinale da papa Francesco. È auspicabile che altre confessioni religiose si uniscano a tale autorevole voce.
Si è sempre parlato della disomogeneità dell’Europa sul nucleare sia esso civile o militare. Tale situazione non si è mai manifestata in maniera così evidente come nel caso del Tpnw: alcuni Stati membri hanno partecipato al negoziato e altri no, alcuni lo hanno firmato e altri no, alcuni lo hanno ratificato e altri no. Tale situazione rispecchia quella che si produce a livello mondiale. È da augurarsi che l’Ue riesca ad effettuare al proprio interno uno sforzo di maggiore coesione ed una sintesi cui si possa poi ispirare la comunità nel suo insieme”. (aise)