Farnesina e dintorni

ROMA – focus/ aise - “L’impegno letterario fu vissuto da Sciascia all’insegna di un’esigenza rigorosa di verità e di giustizia”. A dichiararlo è stata la Vice Ministra agli Affari Esteri, Marina Sereni, all’evento inaugurale delle celebrazioni del centenario della nascita dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia (2021-2023).
“Scrivere per lui - ha proseguito Sereni - significava denunciare e demistificare, opporsi alle iniquità e alle menzogne del potere. L’unica forma di ottimismo che Sciascia si concede è proprio la fede nell’esercizio della scrittura. Come fa dire a uno dei suoi personaggi: “Scrivere mi pare un modo di trovare consolazione e riposo; un modo di ritrovarmi, al di fuori delle contraddizioni della vita, finalmente in un destino di verità”. Con la sua intransigente esigenza di verità e di giustizia, a trent’anni dalla scomparsa, Sciascia continua a proporci un modello etico che rivendica la propria forza proprio nell’esercizio della contraddizione”.
“Ma l’importanza dell’opera di Sciascia - ha detto ancora la Vice Ministra - va anche al di là delle frontiere del nostro Paese. I suoi libri continuano ad essere tradotti nelle più diverse lingue, dalla Spagna al Giappone, dalla Cina ai Paesi di lingua araba, dalla Polonia all’Inghilterra. È quindi naturale che le celebrazioni del centenario offrano quest’anno lo spunto a numerose iniziative di studio in tutto il mondo, alle quali il Ministero degli Esteri non mancherà di offrire il proprio contributo, attraverso le proprie sedi all’estero, che hanno dedicato in questi ultimi anni un’attenzione particolare alla promozione della nostra editoria e al sostegno agli autori italiani e alle traduzioni. Proprio nell’ottica di quest’importante obiettivo, - ha concluso Sereni - gli Istituti italiani di Cultura parteciperanno a un programma di “Lezioni Sciasciane” in cui interverranno come ospiti alcuni fa i più noti specialisti, italiani e stranieri, dello scrittore siciliano”.
Con il perdurare della pandemia e delle sue pesanti ricadute sul turismo in tutto il mondo, il turismo delle radici “potrebbe essere il primo volano della ripresa per il comparto in Italia”. A sostenerlo è stato Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero alla Farnesina, che oggi pomeriggio è intervenuto al talk show on-line “TRansAtlantica”, organizzato dalla piattaforma “Stroncature”.
Introdotto da Vincenzo Pascale, Vignali ha ricordato che il nostro paese “può contare su un bacino di italiani residenti all'estero e italo-discendenti che si calcola tra i 60 e gli 80 milioni di persone”, a loro è rivolto il progetto, o, meglio, la “strategia” pensata dalla Farnesina.
“Noi vorremmo che questo turismo delle radici non venga improvvisato dai tanti attori coinvolti”, ha aggiunto Vignali, ma al contrario “organizzato” con una “regia unica”. Non si tratta di un “turismo tradizionale, né mordi e fuggi; non è neanche un turismo nei luoghi più abituali”, al contrario “è un percorso emozionale”, che parte dai ricordi di famiglia, passa attraverso l’esperienza personale, per arrivare alla volontà di scoprire, appunto, le proprie radici fino a mantenere un legame diretto e solido come una casa di proprietà.
Si tratta di un turismo “sostenibile” perché fuori dalle grandi rotte del turismo di massa, che è anche volano per i prodotti tipici e, quindi, per le economie dei borghi, “uno dei patrimoni più preziosi che abbiamo”.
Attraverso la strategia della Farnesina, quindi, si intende intercettare “soprattutto chi non è mai venuto in Italia” che “magari ha meno dimestichezza con la nostra lingua e vorrebbe studiarla”, ha aggiunto Viagnali prima di presentare alcune cifre.
Nel 1997, secondo i dati Enit, i turisti di ritorno erano 5,8 milioni; 10 anni dopo 10 milioni con un “indotto economico importante” pari a 4 miliardi di euro. “Quindi stiamo parlando davvero di una fortissima spinta economica per l'Italia”, ha commentato il Direttore generale, “che si diffonde anche nei piccoli Borghi, non rimane accentrata nelle classiche località turistiche”.
Parlando specificamente degli Stati Uniti, “nel 2018 più di 700 mila viaggiatori son venuti qui in Italia, con una spesa di 685 milioni di euro”, ha detto Vignali. “Un impatto davvero importante che noi riteniamo vada valorizzato”.
Ed è qui che interviene il progetto della Dgit: “come prima cosa – ha spiegato Vignali – abbiamo messo insieme tutti gli attori coinvolti: i rappresentanti dei territori - comuni e regioni – interessati; le altre amministrazioni dello Stato; gli enti le associazioni interessate alla promozione del turismo delle radici; i Comites e il Cgie”. Tutti attori che la Dgit ha riunito intorno a tavoli di coordinamento “nati per condividere e promuovere questa strategia”.
“Il primo prodotto che abbiamo realizzato è la Guida al turismo delle radici, preparata per adesso i due edizioni: la prima con dei percorsi di scoperta delle radici in Puglia, Basilicata Abruzzo ed Emilia Romagna; stiamo ora concludendo il secondo volume che comprenderà Calabria, Sicilia, Molise, Lazio e Lombardia, cioè le regioni che si sono fatte avanti per prime”, ha chiarito il direttore generale.
In secondo luogo, per capire il target verso cui indirizzare questa offerto, è stato preparato un questionario “per capire che tipo di esperienza il connazionale o il discendente vuole trovare”. Redatto in cinque lingue, il questionario “consente di scoprire quali siano gli interessi maggiori e cosa si cerca il turista delle radici” così da “preparare gli operatori turistici e gli enti locali a organizzare una strategia di comunicazione”.
Quanto agli addetti, il progetto si rivolge a chi prepara pacchetti turistici per fare in modo che vengano promossi “il territorio e le bellezze culturali, ma anche l'artigianato, l'enogastronomia” dei piccoli borghi, che sempre più propongono anche esperienze negli “alberghi diffusi”, che contribuiscono a rendere speciale il viaggio, dal punto di vista emozionale.
È, dunque, “una strategia che non è solamente uno slogan” e che ha bisogno, in Italia, di attori e territori pronti ad accogliere questi turisti. Per questo ci vuole la formazione che, ha ricordato Vignali, è già iniziata: “abbiamo avviato un master all’Università della Calabria che prepara chi deve promuovere il territorio nella sua globalità” e poi c’è l’interlocuzione con le realtà locali che “continua nei tavoli di coordinamento”.
Fondamentale anche la comunicazione: sollecitato da una domanda circa l’assistenza sanitaria che il turista trova nel nostro Paese, Vignali ha sostenuto che il nostro Sistema sanitario nazionale è assolutamente all’altezza e che, evidentemente, è un aspetto da comunicare meglio: “dobbiamo far sì che questo non rappresenti una preoccupazione tale da impedire il viaggio”. Il senso è “far capire che si torna al paese delle origini, ma non come se si fosse “al tempo” delle origini”. Per questo “molto importante” è il contributo “delle associazioni, dei Comites e del Cgie”.
Tanti gli aspetti da curare e da preparare per una “esperienza emozionale”, dalle grandi potenzialità.
La Collezione Farnesina dà il benvenuto ad una nuova opera. Si tratta di “Still Life 01” di Chiara Bettazzi, artista pratese nata nel 1977, che da anni si dedica al recupero in funzione sociale di spazi pubblici abbandonati.
Nelle sue ricerche, Bettazzi si interroga sul ruolo degli oggetti nella società contemporanea. In particolare, in “Still Life 01” l’artista assembla oggetti d’arredo e reperti vegetali. In questo modo, crea oggetti che raccolgono memorie e suggestioni familiari e che rinviano alla tradizione delle nature morte. (focus\ aise)