Paolo Fortugno: “La cultura italiana ci aiuta ad avere successo” – di Vittorio Giordano

MONTRÉAL\ aise\ - “Lo abbiamo annunciato nella scorsa edizione: Paolo Fortugno, 54 anni, prende il posto di Domenic Diaco al vertice della CIBPA, l’Associazione della gente d’affari e dei professionisti Italo-Canadesi, fondata nel 1949. Papà di Fossato Jonico, in provincia di Reggio Calabria, e mamma di Cervinara, provincia di Avellino, Fortugno lavora da 30 anni nel settore delle telecomunicazioni”. Ad intervistarlo è stato Vittorio Giordano per “il Cittadino canadese”, settimanale di Montreal di cui è caporedattore.
“Nato e cresciuto nella zona di Hochelaga-Rosemont, lì dove si erano stabiliti i nonni paterni e materni, arrivati rispettivamente negli anni ’50 e ’60, ha studiato Science e Tecnologie Informatiche al Computer Institute of Canada. Poi, nel 1992, lavorando part time per Rogers, si è innamorato delle telecomunicazioni, proprio nell’anno in cui entrava in vigore la deregolamentazione, che poneva fine al monopolio di Bell in tutto il paese. Ci è rimasto per 30 anni. Oggi è il direttore regionale delle vendite strategiche, presso il Dipartimento Commerciale/Business
del colosso Rogers.
Tra i suoi clienti ci sono importanti imprese, come Bombardier ed Air Canada.
Da due anni, Fortugno è membro del consiglio di amministrazione della CIBPA, ‘conditio sine qua non’ per la nomina alla presidenza. Il suo mandato è cominciato ufficialmente il 15 gennaio scorso. Lo abbiamo contattato telefonicamente, per conoscerlo meglio.
D. Come è nata l’idea di diventare presidente della CIBPA?
R. “Dopo che Diaco mi ha promosso a vicepresidente esecutivo, circa un anno fa, a più riprese mi ha chiesto di accettare la guida dell’Associazione: le prime 2 volte gli ho detto di no, alla terza forse, ed al quarto tentativo ho accettato. Voglio continuare il bel lavoro che ha fatto da Dominic”.
D. Come hai scoperto la CIBPA?
R. “Ho sempre aiutato la Comunità, anche se dietro le quinte, in occasione di eventi della CIBPA, o di altri organismi. Mi sono sempre messo a disposizione, come Rogers e a titolo personale. A 25 anni ero già membro della CIBPA, ma dopo 2-3anni ho lasciato perché ero sempre in viaggio in Canada, ma anche in Europa e negli Usa. Da qualche anno lavoro in ufficio a Montréal e quindi ho deciso di tornare a rendermi utile alla CIBPA”.
D. Che contributo vuoi dare alla CIPBA? Quali sono le linee-guida del tuo mandato?
R. “Per prima cosa, abbiamo tutti un lavoro, siamo tutti occupati; la CIBPA è una scelta di cuore, un impegno che svolgiamo con affetto. Per prima cosa vorrei aumentare i membri della CIBPA e rinnovare il nostro consiglio, coinvolgendo sempre più giovani professionisti, con meno di 35 anni. Basti pensare a Jonathan Guerrera e Alessia Parasuco, figli di due grandi imprenditori Italo-Canadesi. Senza però mai dimenticare la tradizione: esistiamo dal 1949, dal 1961 distribuiamo le Borse di studio tramite la Fondazione CIBPA, oggi guidata sapientemente da Sam Scalia. Nonostante la pandemia, la CIBPA continua ad avere grande successo grazie agli eventi virtuali. Sempre più giovani, Italiani o Italo-Canadesi, sono interessati a fare affari salvaguardando e promuovendo la cultura italiana. Passano le generazioni, ma la CIBPA resta ancora attuale. Il capitolo di Montréal, fondatore dell’organismo a livello nazionale, è tra i più attivi in Canada. Per fare affari, la gente vuole sentirsi a suo agio, stabilire una connessione umana, un legame culturale con l’interlocutore. Solo dopo si può fare business ed avere successo”.
D. I giovani sono legati alle loro radici, come i loro genitori ed i loro nonni?
R. “Basta andare una volta in Italia, basta guardare un film italiano e la connessione con la cultura è immediata. Come è successo a me da giovane. Ancora oggi ci vado almeno una volta ogni due anni, ho ancora la casa della mamma e tanti parenti con cui sono in contatto. Mio padre ci ha sempre tenuto che io e mio fratello parlassimo italiano in casa, conoscessimo le tradizioni calabresi e napoletane. Ed ho fatto la stessa cosa con i miei figli. Anche mia moglie, che è quebecchese, alla fine ha imparato l’italiano. Altrimenti cosa fa quando andiamo in Italia?””. (aise)