Post-Covid ed emergenza fame: il ruolo fondamentale degli USA e dell’Italia - di Marco Bevilacqua

NEW YORK\ aise\ - “Dopo essere stato ministro dell’Agricoltura nei Governi Renzi e Gentiloni e segretario del Pd, Maurizio Martina ha assunto l’incarico di vicedirettore generale della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura che ha sede a Roma. Un ruolo che lo vedrà lavorare al fianco del direttore generale Qu Dongyu su temi di bruciante attualità nell’epoca post-pandemica come la sicurezza alimentare e la sconfitta della fame nel mondo, l’equità dello sviluppo, la dignità delle persone coinvolte nella filiera agroalimentare. Lo abbiamo intervistato a poco meno di un mese dal suo insediamento”. Ad intervistarlo è stato Marco Bevilacqua per “La voce di New York”, quotidiano online diretto da Stefano Vaccara.
“D. Martina, non possiamo non chiederle subito un commento su quanto accaduto ieri in Congo, dove sono state assassinate tre persone fra le quali il nostro ambasciatore Luca Attanasio, figura di riferimento del PAM (Programma alimentare mondiale).
R. Un evento drammatico e desolante. Voglio esprimere un grandissimo cordoglio per la scomparsa dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, e naturalmente anche per il loro autista, la terza vittima di un terribile attacco che non ha ancora una firma chiara. Non conoscevo personalmente questo giovane e attivissimo diplomatico, ma leggendo in queste ore vari racconti su di lui mi hanno molto colpito le parole di tanti suoi amici e collaboratori, che lo descrivono come un “ambasciatore sul campo”, sempre pronto a stare in mezzo alle comunità dove operava, spendendosi per la cooperazione e gli aiuti. Un duro colpo per tutti, per le famiglie delle vittime in primo luogo, in un momento storico di per sé drammatico per mille ragioni.
D. Non c’è dubbio, il mondo sta attraversando uno dei momenti più complessi e dolorosi della sua storia recente. Dal suo nuovo punto di osservazione, come le sembra si stia muovendo il neopresidente Joe Biden di fronte alle grandi sfide poste dalla pandemia e dai cambiamenti climatici?
R. In linea generale, la nuova amministrazione americana sta già offrendo cambiamenti di prospettiva interessanti. Il fatto stesso che gli USA siano tornati al tavolo degli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici è più che significativo. Ed è di questi giorni l’annuncio, reso noto al G7, che gli Stati Uniti investiranno quattro miliardi di dollari per rafforzare l’acquisto e la distribuzione del vaccino anti-Covid alle nazioni povere. Mi sembrano segnali molto incoraggianti secondo una prospettiva di cooperazione e di multilateralismo, che è quella che ci interessa. Nei meeting in programma nel corso del 2021 sarà fondamentale l’apporto statunitense, come quello di tutti gli attori principali della scena mondiale.
D. Anche l’Italia avrà un ruolo importante?
R. Il nostro Paese sarà protagonista di molti fra i prossimi eventi di rilevanza internazionale. A cominciare dal G20, che come si sa sarà a presidenza italiana e vedrà coinvolta la FAO in modo molto diretto. Sarà l’occasione per individuare strategie comuni con cui affrontare le conseguenze sanitarie ed economiche della pandemia, i cambiamenti climatici, la lotta contro povertà e disuguaglianze. Sullo specifico tema del post-Covid 19, daremo attuazione alla “Food Coalition”, iniziativa lanciata dal Governo italiano e fatta propria dalla FAO che mira ad affrontare in modo strutturato l’impatto della pandemia sulla sicurezza alimentare mondiale. E infine in autunno a New York si terrà il Food System Summit, vertice ONU che si pone l’obiettivo di rendere i sistemi alimentari più inclusivi, resilienti e sostenibili e che sarà preceduto in luglio da un importante pre-summit a Roma. Tutti questi appuntamenti sono uniti dal comune denominatore di un’unica, grande azione strategica: quella di costruire progetti, interventi e azioni utili per la resilienza e il rilancio dei sistemi agricoli di fronte alle grandi emergenze che stiamo attraversando.
D. In una delle sue prime esternazioni da senior advisor della FAO lei ha detto di aver fatto suo lo slogan “la vera sfida è più conoscenza per ettaro” perché sintetizza bene le grandi questioni che attendono l’agricoltura e la nutrizione nei prossimi anni.
R. Questa frase era il titolo di un interessantissimo documento elaborato da alcuni ricercatori in campo agricolo. Mi è piaciuta perché ha un grande contenuto programmatico: significa utilizzare al massimo il grande cambiamento tecnologico che stiamo vivendo per produrre meglio e consumare meno, anche in termini di risorse. Ogni centimetro di terra può essere immaginato come un pixel elettronico, di cui possiamo conoscere e controllare tutto: potenzialità produttive, caratteristiche microclimatiche, apporti idrici, sostanze presenti nel sottosuolo, microorganismi attivi… Ovunque nel mondo imprese, cantine e allevamenti stanno già utilizzando innovative applicazioni digitali, con il risultato di migliorare le loro performance in termini di redditività, ma anche di minore impatto sull’ambiente. Il vero impegno è quindi garantire che questi strumenti non siano per pochi, ma a disposizione di una grande platea di utilizzatori, in particolare le piccole realtà agricole familiari: e per questo bisogna sostenere una catena di costi accessibili e strumenti di finanziamento adeguati. Insomma, per salvaguardare l’agricoltura e l’ecosistema si tratta di democratizzare la conoscenza e la tecnologia. Per essere efficace, la rivoluzione digitale deve riuscire a tradursi in una vera e propria svolta tecnologica partecipata.
D. Che importanza possono avere oggi aspetti apparentemente contrastanti come la tutela delle diverse culture alimentari e le grandi potenzialità nutrizionali offerte ad esempio dalle colture idroponiche o da nuovi cibi prodotti da insetti e alghe, che possono svolgere un ruolo fondamentale in termini di risposta alla fame nel mondo?
R. Cultura e coltura hanno la stessa radice non a caso. In tema di tutela e promozione delle culture agroalimentari locali la FAO agisce su molti fronti, tutti improntati al valore della biodiversità. In questo senso, giusto per citare un caso emblematico e a noi vicino, sono assolutamente convinto che la dieta mediterranea sia non solo retaggio di una nobile tradizione millenaria, ma anche patrimonio di peculiarità e di valori su cui improntare il futuro. Ma questo non significa osteggiare le innovazioni, anzi. Serve un punto di equilibrio: la diversità enogastronomica e agroalimentare è un aspetto identitario fondamentale, ma le novità nel campo della scienza nutrizionale vanno sicuramente incoraggiate come risorsa per combattere la piaga dell’iponutrizione. In questo campo, la ricerca e la tecnologia stanno facendo passi da gigante e la FAO è in prima linea nel sostenerle e diffonderle. Senza dimenticate le grandi questioni etiche poste ad esempio dall’allevamento intensivo: anche qui è necessario un cambiamento epocale, perché tutti capiscano che il benessere e la dignità degli animali non rappresentano un valore astratto, ma un’esigenza di tutti gli esseri viventi che ha riflessi anche sulla nostra salute”.
D. Le pandemie non sono soltanto pericolose per la salute umana, ma rischiano di mettere a serio rischio la governance delle politiche a sostegno dell’alimentazione. Quali scenari possiamo immaginare per il futuro?
R. Temo che il cambiamento climatico che stiamo attraversando, unito agli effetti più deleteri della globalizzazione, che in fondo sono entrambi sia cause sia moltiplicatori di zoonosi, costituirà un orizzonte al quale dovremo tutti abituarci a guardare. La FAO, in stretto contatto con la comunità scientifica mondiale, si sta impegnando per creare specifici strumenti di prevenzione delle emergenze zoonotiche, che è probabile accadano sempre più spesso. Potremo affrontarle solo se verranno rafforzati i progetti di cooperazione e partenariato utili a monitorare e circoscrivere i focolai a livello mondiale. Nei prossimi mesi, soprattutto in occasione dei grandi eventi internazionali di cui si è detto, verrà posta con forza la necessità di strutturare specifiche attività di prevenzione e controllo, ben prima di doversi confrontare con eventuali emergenze. Il Covid ci ha insegnato che la trasparenza, la circolazione dei dati, la ricerca scientifica e l’utilizzo delle nuove tecnologie sono armi potenti. Dobbiamo imparare ad usarle”. (aise)