Al Museo civico del Risorgimento a Bologna “Garibaldini in uniforme dall'Uruguay alle Argonne (1843-1915)”
BOLOGNA\ aise\ - La memoria storica del Risorgimento è indissolubilmente legata all’iconografia della camicia rossa con cui per la prima volta, nell’aprile del 1843, Giuseppe Garibaldi vestì a Montevideo la legione degli oltre 500 italiani impegnati a difendere la repubblica uruguayana dagli attacchi del dittatore argentino Juan Manuel de Rosas.
Da allora il rosso non abbandonò più le milizie volontarie al seguito dell’Eroe dei due mondi, conferendo all’indumento emblema del Garibaldinismo la notorietà di uniforme più celebre di tutto l’Ottocento e il valore simbolico di un mito che ha attraversato diverse generazioni, ancora oggi percepito come fondativo del nostro vivere civile, sebbene sia appurato che la camicia rossa non fu l’unica uniforme garibaldina, malgrado le testimonianze dell’iconografia ufficiale.
La mostra “Garibaldini in uniforme dall'Uruguay alle Argonne (1843-1915)”, promossa dal Museo civico del Risorgimento del Settore Musei Civici Bologna e in programma sino al 9 febbraio 2025, offre un percorso visivo e storico attraverso le uniformi e le vicende dei Garibaldini dalla guerra in Uruguay fino alla partecipazione alla Prima guerra mondiale, mettendo in luce l’evoluzione del garibaldinismo nelle diverse fasi storiche.
L’esposizione propone una serie di 47 ricostruzioni grafiche a colori realizzate dal curatore Pietro Compagni - uno dei più validi figurinisti storico-militari contemporanei, con al proprio attivo un notevole numero di pubblicazioni, mostre e convegni - che, sulla base dell'iconografia e di descrizioni coeve, illustrano le uniformi indossate da volontari e volontarie che nel corso dei decenni parteciparono alle campagne militari promosse da Giuseppe Garibaldi (e dai suoi eredi) a partire dall’America Latina (1843), passando per le Guerre di Indipendenza (1848-1866), la difesa della Repubblica Romana (1849), la spedizione conclusasi all’Aspromonte (1862), la campagna dell’Agro romano (1867), il conflitto franco-prussiano (1870-1871), la lotta per la libertà della Grecia (1897), fino alla spedizione nelle Argonne durante la Prima guerra mondiale.
Molti dei corpi, bande, legioni, colonne, brigate, compagnie e battaglioni che formarono i ranghi garibaldini indossavano uniformi proprie, fornite dai loro organizzatori, oppure dalle popolazioni delle località in cui questi reparti si formavano. Inoltre, spesso i garibaldini provvedevano autonomamente al proprio vestiario, per cui erano decisive le necessità personali, la disponibilità finanziaria, la situazione contingente e anche il gusto personale e la “fantasia” di ogni volontario.
In ogni caso, gli uomini che dal 1843 al 1915 combatterono con Garibaldi o in nome degli ideali garibaldini. nella maggior parte dei casi non avevano un’uniforme propriamente detta: per uniforme si intende un vestiario codificato, concepito secondo canoni regolamentati, descritto in appositi regolamenti a stampa. Allora è necessario ricorrere ad altre fonti: i reperti originali, l’iconografia pittorica e fotografica, le memorie di chi indossò quelle uniformi, ma anche documenti, relazioni, note spese, oltre alla “letteratura” degli studiosi del settore.
Le ricostruzioni proposte sono il frutto di molti anni di pazienti ricerche condotte da Pietro Compagni che, tra le fonti del suo lavoro, si è avvalso anche di cimeli rari e di grande valore storico, tra cui uniformi originali, documenti d’epoca, fotografie e dipinti appartenenti alle collezioni del Museo civico del Risorgimento di Bologna, in parte esposti in questa occasione per raccontare l’epopea dei Garibaldini, uomini che hanno combattuto per la libertà e l’unità d’Italia.
Tra questi, spicca un reperto del tutto unico: un'uniforme garibaldina del “Reggimento Malenchini”, un corpo di volontari che raggiunse i Mille di Giuseppe Garibaldi in Sicilia poco tempo dopo lo sbarco (1860), e le cui uniformi erano di color caffè e non rosse.
Per diversi motivi, tutte le uniformi di quel corpo sono andate perdute e quello conservato a Bologna è l’unico esemplare rimasto, oggi in cattivo stato di conservazione.
La giubba, realizzata con tessuto di scarsa qualità, appartenne a Primo Baroni, che venne ferito nella battaglia di Milazzo (nella giubba è ancora visibile il buco provocato dalla palla che lo colpì). Lo storico Andrea Viotti scrisse nel lontano 1979 un saggio sul Reggimento Malenchini, ipotizzando una ricostruzione grafica dell’uniforme unicamente in base alle memorie scritte, non essendo allora a conoscenza di questo prezioso reperto. Grazie agli studi di Viotti e al reperto originale, Pietro Compagni ha potuto realizzare un figurino attendibile.
In concomitanza con la mostra “Garibaldini in uniforme dall'Uruguay alle Argonne (1843-1915)”, il Museo civico del Risorgimento di Bologna lancia la campagna Art Bonus per il restauro conservativo urgente della giubba. Il fabbisogno economico da raggiungere entro il 31 marzo 2025 è di 5.000 euro. (aise)