Architextures / Astrazioni Architettoniche: Carlo D'Orta alla Gamec di Pisa

PISA\ aise\ - Inaugura oggi alla Gamec di Pisa, sul Lungarno Mediceo, “Architextures / Astrazioni Architettoniche”, mostra fotografica di Carlo D'Orta, che, curata da Massimiliano Sbrana, rimarrà aperta al pubblico fino al 12 aprile.
Viaggiatore e fotografo da oltre 40 anni, negli anni 2002-2012 D’Orta si dedica allo studio dell’arte contemporanea e frequenta corsi avanzati di pittura nell’ambito della Rome University of Fine Arts (RUFA) e un master in fotografia all’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano. La sua visione fotografica subisce una completa trasformazione. Abbandona l’approccio documentario e cerca scatti tendenti verso l’astrazione, o venati da una visione metafisico/surrealista.
Carlo d'Orta infatti usa la macchina fotografica non per documentare o fare cronaca, ma per estrarre dalla realtà immagini pittoriche che esistono davvero, ma quasi mai sappiamo vedere.
Il suo soggetto principale sono le architetture. E la sua arte è soprattutto una ricerca della sintesi delle forme essenziali, delle combinazioni geometriche prodotte dalle sovrapposizioni e intrecci di strutture architettoniche che popolano le nostre città. Non gli interessano gli edifici in sé, né la realtà percepibile a prima vista. Lui si concentra su linee, intersezioni, combinazioni di forme. Per questo cerca prospettive particolari, punti di vista inconsueti, angoli e scorci visuali dai quali le architetture si mescolano in un dialogo di linee, forme, contrasti di luci e colori che assume un significato quasi biologico.
Le sue fotografie possono a volte sembrare dei collage, ma non lo sono. Gli incroci di forme e geometrie non sono realizzati in post-produzione o al computer, ma esistono davvero nella realtà: essi sono il frutto della prospettiva e della ricerca di punti di vista dai quali strutture e forme distinte, separate fisicamente fra loro, appaiono invece al nostro sguardo come fuse e unite. Questo è il senso soprattutto della sua serie Biocities, che affonda le radici e l’ispirazione più profonda nell’arte astratta di Mondrian, Malevic, El Lissitzky, Rothko, Peter Halley, nella fotografia di Franco Fontana e Lucien Hervé e forse - proprio per lo sforzo di andare con i suoi scatti oltre il dato fisico, per approdare ad una nuova meta-realtà - anche nella visione delle città e piazze metafisiche di De Chirico. (aise)