Inapp: torna a crescere il numero di nuove imprese italiane. 152mila nel 2024 (+5,7%)

ROMA\ aise\ - Dopo un triennio in negativo, legato soprattutto al fenomeno della pandemia, si registrano segnali di ripresa nel panorama imprenditoriale italiano. Nel 2024 sono nate 152.000 le nuove imprese (+5,7% rispetto al 2023), con una crescita più marcata nel Nord-Est (+9,3%), seguito dal Sud e Isole (+6,5%) e il Centro (+5,3%). Rimangono tuttavia sul tappetto diversi ostacoli che impediscono alle nostre imprese di svilupparsi nel mercato del lavoro come l’eccessivo peso della burocrazia, l’accesso diseguale al credito, i bassi livelli di competenze imprenditoriali e digitali. Al punto che dal 2010 al 2023 la propensione imprenditoriale in Italia è passata dall’1,1% allo 0,87%, posizionando il nostro Paese al 34° posto su 46 Paesi analizzati nel 2024 (Global Entrepreneurship Monitor).
Questi i principali risultati dello studio Politiche di sostegno per la creazione di nuova impresa: analisi, valutazione e proposte di policy curato dai ricercatori dell’Inapp, Alessandra Pedone e Domenico Barricelli. Lo studio, frutto di una ricerca triennale condotta nell'ambito del Progetto PTA 2023-2025, è stato presentato nelle scorse ore presso l’Auditorium dell’Istituto con la partecipazione di rappresentanti del Ministero del Lavoro, Invitalia, Unioncamere, Censis e Federterziario.
La ricerca evidenzia come nel 2024 il panorama della nuova imprenditorialità italiana si presenta articolato e in trasformazione. Sul fronte del genere prevale la componente maschile (74,7%), con una quota femminile del 25,3%. Uno squilibrio analogo emerge sia tra i titolari under 35 (73,1% uomini) sia tra gli imprenditori immigrati (76,3% uomini). Per livello di istruzione, il 22,6% dei nuovi imprenditori possiede una laurea e il 43,1% un titolo secondario o post-secondario; il 27,9% ha conseguito solo la scuola dell’obbligo. Gli under 35 mostrano invece il profilo formativo più elevato: quasi la metà (48,3%) ha un titolo secondario/post-secondario e uno su cinque è laureato. Le difficoltà principali nella fase di avvio riguardano le procedure amministrative (50,2%) e gli adempimenti normativi (41,3%), seguite da concorrenza (24,2%) e commercializzazione (23,9%), per quanto riguarda poi la fase di avvio il 93% delle imprese dichiara di usare finanziamenti propri per iniziare l’attività.
Permangono aree di criticità come il sistema di sostegno alla nuova impresa caratterizzato da una forte frammentazione con le oltre 40 misure nazionali e regionali, registrando divari territoriali persistenti e carenze trasversali di competenze imprenditoriali, manageriali e digitali. Lo studio - che ha coinvolto 15 stakeholder chiave tra università, agenzie di sviluppo, enti pubblici e associazioni imprenditoriali - sottolinea il ruolo strategico dell'ecosistema (dagli oltre 200 incubatori e acceleratori censiti nel 2025, alle camere di commercio) nel favorire la nascita di nuove iniziative, in particolare di giovani, donne e migranti. Programmi come Resto al Sud, Smart&Start Italia e il Fondo Impresa Femminile hanno mostrato risultati positivi, pur necessitando di maggiore coordinamento.
La ricerca Inapp ha anche evidenziato la presenza di modelli di supporto imprenditoriale già operativi e con risultati misurabili. Tra le buone pratiche si sottolineano gli Sportelli digitali nazionali e camerali, reti di assistenza online e territoriale che offrono formazione, accompagnamento personalizzato e strumenti finanziari a chi avvia un’impresa, contribuendo ad aumentare la sopravvivenza delle attività soprattutto nelle aree caratterizzate da bassa natalità imprenditoriale. Inoltre, il Working Paper formula raccomandazioni concrete come l’integrazione multilivello tra fondi europei, PNRR e politiche regionali, il rafforzamento delle competenze e creazione di un osservatorio nazionale multistakeholder basato su open data e buone pratiche condivise.
“Ci sono segnali positivi che mostrano un’inversione della tendenza – ha evidenziato il presidente dell’Inapp, Natale Forlani -. Certamente ha influito positivamente il modello degli sportelli unici e l’erogazione combinata degli incentivi per il capitale e per l'occupazione, che legano i nuovi investimenti con la crescita delle competenze dei lavoratori. Tra le buone pratiche va ricordate anche la Zona Economica Speciale (ZES) unica che concentra misure di semplificazione burocratica, incentivi fiscali e infrastrutture dedicate per la crescita delle imprese nel Mezzogiorno. Anche il Codice unico degli incentivi, prevedendo la centralizzazione e l’armonizzazione degli strumenti di sostegno, ha rappresentato una leva per semplificare l’accesso alle risorse e garantire una maggiore equità territoriale. Queste misure saranno oggetto, tra l’altro, di una prossima rilevazione dell’Inapp”. (aise)