“Mario Schifano: The Rise of the '60s” al Magazzino Italia Art di Cold Spring

Installation view of 'Mario Schifano: The Rise of the ‘60s' at the Robert Olnick Pavilion at Magazzino Italian Art, Cold Spring, NY. Photo by Marco Anelli / Tommaso Sacconi
NEW YORK\ aise\ - Si è aperta il 14 settembre scorso, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Padiglione di Magazzino Italia Art, intitolato a Robert Olnick, a Cold Spring, New York, la mostra “Mario Schifano: The Rise of the ‘60s”, organizzata in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano, a cura di Alberto Salvadori.
In programma sino all’8 gennaio 2024, l'esposizione presenta 80 opere realizzate dal 1960 al 1970 da uno degli artisti italiani più significativi nel panorama internazionale della seconda metà del XX secolo. La mostra comprende un nucleo di 12 dipinti mai esposti prima al pubblico, provenienti dalla Fondazione Maurizio Calvesi e Augusta Monferini.
“Mario Schifano: The Rise of the ‘60s” è accompagnata da un volume, a cura dello stesso Salvadori, con testi del curatore e di Andrea Cortellessa, Claire Gilman, Daniela Lancioni, Francesco Guzzetti, Giorgia Gastaldon, Giuliana Bruno, Lara Conte, Luciano Chessa, Rapahel Rubinstein, Riccardo Venturi e Stefano Chiodi.
Mario Schifano (nato a Homs, Libia nel 1934; morto a Roma, Italia nel 1998), fa la sua prima importante apparizione con la mostra Cinque pittori romani: Angeli, Festa, Lo Savio, Schifano e Uncini, presentata da Pierre Restany nel 1960 alla Galleria La Salita di Roma. Attirato l'interesse della critica con i suoi dipinti monocromi, che evocavano la sensazione di uno schermo e mostravano numeri, lettere, segnali stradali e i marchi Esso e Coca Cola. Firma un contratto in esclusiva con Ileana Sonnabend e poi nel 1962 fa il suo primo viaggio negli Stati Uniti, dove rimane colpito dal lavoro di artisti come Dine e Kline. Trascorre molto tempo con Frank O'Hara, Jasper Johns, Rothko, Andy Warhol e Gregory Corso ed espone alla Sydney Janis Gallery di New York nella mostra The New Realists.
Dopo mostre personali a Roma, Parigi e Milano, torna negli Stati Uniti dove riceve molta attenzione da parte della stampa, vincendo diversi premi tra cui il Premio Lissone (Lissone 1961), il Premio Fiorino e La Nuova Figurazione (Firenze, 1963). Nel 1963 termina la sua collaborazione con Ileana Sonnabend che era rimasta sorpresa dal drastico cambiamento nella pratica dell'artista rispetto al suo lavoro precedente. La sua opera successiva contiene molti riferimenti a periodi precedenti della storia dell'arte italiana. È di questo periodo il primo dei suoi “Paesaggi anemici” che presenta, dietro invito, alla Biennale di Venezia del 1964. Sono di questo periodo anche i primi cortometraggi da lui realizzati, girati in bianco e nero e per la maggior parte muti.
Inizia la sua esclusiva collaborazione con Giorgio Marconi che prosegue fino alla fine degli anni '70. Partecipa a mostre collettive internazionali tra cui eventi al Carnegie Institute di Pittsburgh nel 1964 e nel 1965 alle Biennali di San Marino e San Paolo del Brasile, nonché al Museo Nazionale di Arte Moderna di Tokyo.
Nel 1967-1969 presenta allo Studio Marconi di Milano il lungometraggio Anna Carini vista in agosto dalle farfalle, al quale seguono la trilogia di film Satellite, Umano non umano e Trapianto – Consunzione e morte di Franco Brocani.
Partecipa ad una mostra collettiva alla Galleria La Salita di Roma dove non espone quadri, ma proietta fotogrammi sulla guerra del Vietnam.
Una crisi ideologica ed esistenziale lo costringe a periodi di isolamento nel suo studio dove realizza opere reinterpretando Magritte, De Chirico, Boccioni, Cézanne e Picabia. Ha rifatto le sue opere degli anni '60 nella serie Sintetico dall'inventario. (aise)