Mezzo milione di firme per il Referendum sulla Cittadinanza: importante segnale sociale e politico - di Rodolfo Ricci

ROMA\ aise\ - Lo straordinario risultato delle 500mila firme raggiunte e superate oggi per la presentazione del Referendum sulla Cittadinanza non segnala ancora un cambiamento di fase nella considerazione dei diritti dei cittadini immigrati nel nostro paese: per questo bisognerà attendere il risultato del voto nel 2025, dopo che la Consulta si sarà espressa sulla sua ammissibilità.
Ma al momento indica che il paese è nettamente più avanti di chi lo rappresenta, non solo nella maggioranza di governo, ma anche tra le forze di opposizione.
La raccolta di firme è iniziata in sordina, senza alcuna significativa presa di posizione a favore, a parte ovviamente le numerose organizzazioni sociali e le poche e piccole forze politiche che lo hanno sostenuto fin dall’inizio.
La raccolta di firme è iniziata il 6 settembre. Dopo una settimana, l’11 settembre, le firme registrate erano solo poco più di 14mila.
Oscurata dai media e dalle tv, l’iniziativa sembrava praticamente fallita. Il confronto con l’acquisizione di firme medie giornaliere con gli altri due referendum (quello sul lavoro e quello sull’autonomia differenziata) dei mesi scorsi, non dava adito a speranze.
Poi, nel fine settimana del 14 e 15 settembre le firme sono raddoppiate e dal 16 si è assistito ad una progressione incredibile di firme giornaliere acquisite, passando da 35mila a 60mila e così via fino alle oltre 100mila firme degli ultimi due giorni. Ciò è avvenuto in soli 8 giorni. Oggi, ad una settimana dalla fine della raccolta prevista per il 30 settembre è stato superato il fatidico traguardo del mezzo milione di firme necessarie.
Come è potuto accadere?
La questione ha una sua rilevanza sociale e politica di cui prendere atto e su cui ragionare.
La ritrosia a prendere posizione e a sostenere il referendum anche da parte di diverse forze e leader politici e anche da grandi forze sociali può avere avuto una serie di ragioni: a molti è sembrato diciamo rischioso e forse velleitario lanciare il referendum pur con uno strettissimo tempo a disposizione per concludere la raccolta di firme. Altri lo hanno vissuto come inopportuno rispetto alla discussione parlamentare sullo ius scholae, peraltro arenatosi come prevedibile sul bagnasciuga agostano. Altri ancora, probabilmente, vi hanno visto un intralcio rispetto al già nutrito programma referendario per il 2025 costituito dai 4 referendum sul lavoro e quello sull’autonomia differenziata.
Tutte motivazioni con una loro legittimità e, si può anche dire, giustificate da un certo pessimismo che aleggia nella società alla luce dei drammi che viviamo in diretta da oltre due anni, la cui durezza non fa prevedere nulla di buono per il mondo e per il Paese.
Ma proprio per tutto ciò, la risposta di base che si è innescata improvvisamente su questo referendum, guidata da migliaia di piccole/medie organizzazioni e aggregazioni sociali e da decine di migliaia di attivisti che si sono messi all’opera autonomamente negli ultimi 8 giorni con la performance del superamento del mezzo milioni di firme necessarie indica che nella società esistono forze notevoli in grado di mobilitarsi intorno a questioni ormai mature che esigono una risposta positiva, ora, senza rimandarle ad infaticabili discussioni di cui sono piene da anni giornali e tv senza produrre alcunché, anzi peggiorando ulteriormente il quadro, nella fattispecie, dell’integrazione di milioni di nostri connazionali che risiedono e lavorano da anni in Italia con i loro figli e le loro famiglie al seguito.
Il crescendo incredibile di firme sulla piattaforma approntata solo 3 mesi fa dal Ministero della giustizia – dopo anni di richieste – per rendere più moderna e accessibile l’apposizione di firme per i referendum, ha poi convinto ad esprimersi diversi dirigenti politici e opinion leader, tuttavia sempre con una scarsissima copertura dei maggiori media. La tv pubblica ha cominciato a pronunciare qualcosa, a produrre qualche servizio, solo nella giornata di ieri.
Quindi questo risultato è patrimonio comune e diffuso di una autonomia sociale presente, che nel corso dell’ultimo decennio ha avuto già altre occasioni significative di espressione, ma che, in particolare con i governi Draghi e Meloni, si è voluto mettere di nuovo a tacere.
Il timore delle forze di opposizione che non hanno aderito a questa campagna referendaria e che in alcuni casi hanno forse provato ad ostacolarla deve fare i conti con questa realtà che riguarda questo referendum, ma può potenzialmente riguardare anche altre vicende sociali e politiche di primario interesse con le quali, oltre a quelle già citate, dovremmo fare probabilmente i conti nel prossimo futuro, dal premierato, al cosiddetto Decreto Sicurezza (DDL 1660 già approvato alla Camera e in attesa di essere approvato al Senato) che nelle intenzioni dovrebbero completare l’opera di restaurazione molto cara a poteri interni ed esterni nel clima di guerra in atto che si intende protrarre per i prossimi anni, contro la volontà della grande maggioranza delle persone e del sentimento popolare di quasi tutti gli italiani.
Abbiamo adesso un risultato importante e un segnale rilevante a disposizione. Non osservarlo con la dovuta attenzione o addirittura ignorarlo vorrebbe dire mancare di sintonia con ciò che si dovrebbe o vorrebbe rappresentare.
La relazione tra ciò che è prevalentemente sociale e ciò che mira ad una sua rappresentanza deve essere biunivoco, non può più concepirsi come elemento strumentale, seppure con le migliori intenzioni. (rodolfo ricci*\ aise)

* Fiei