Cassis trova ghiaccio sui vulcani di Marte
ROMA\ aise\ - È stato recentemente pubblicato - sulla rivista Nature Geoscience - un nuovo articolo che riporta la scoperta, fatta grazie ai dati della stereo-camera CaSSIS (Colour and Stereo Scientific Imaging System) a bordo della missione ESA/Trace Gas Orbiter, di brina di ghiaccio d’acqua nelle caldere di tre vulcani marziani. CaSSIS è stata progettata e realizzata all’Università di Berna con il contributo dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova e dell’Agenzia Spaziale Italiana.
L’articolo, guidato da Adomas Valantinas, post-doc alla Brown University, ha tratto vantaggio dall’utilizzo dalla scrupolosa ispezione di più di 5000 immagini a colori acquisite da CaSSIS, a partire dalle quali – evidenzia l’ASI – Gabriele Cremonese, Giovanni Munaretto, Maurizio Pajola e Cristina Re dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova hanno prodotto i dati tridimensionali del terreno e proprio una di queste immagini si è meritata la copertina della prestigiosa rivista.
Obiettivo del lavoro sono stati i vulcani Olympus, Arsia, Ascraeus Montes e Ceraunius Tholus, nella regione di Tharsis, situata all’equatore marziano.
Il più grande di essi, l’Olympus Mons, è alto 26 km e ha un’estensione di 600 km, 100 volte più grande del vulcano terrestre Mauna Loa. In particolare, sono stati identificati dei sottili (1 centesimo di millimetro) strati di ghiaccio d’acqua transienti, che si formano durante la notte e il primo mattino marziano alla base delle caldere (ovvero i crateri sommitali dei vulcani) e iniziano a scomparire per evaporazione dalla tarda mattinata. La portata di questa scoperta è notevole poiché i vulcani in questione si trovano tra le zone più calde e secche del pianeta, dove il ghiaccio d’acqua esposto sulla superficie non è mai stato identificato e non è stabile. Per questo motivo, nessuno si sarebbe mai aspettato di trovare del ghiaccio nelle caldere dei vulcani posti all’equatore di Marte, contrariamente a quanto accade per i poli che invece presentano quantità abbondanti di ghiaccio.
Nelle immagini delle caldere scattate durante il primo mattino marziano le immagini multifiltro di CaSSIS hanno evidenziato la presenza di depositi bluastri che poi scomparivano in immagini successive prese nel pomeriggio. Il fatto che questi depositi siano composti da ghiaccio d’acqua è stato verificato tramite un’analisi multidisciplinare che combina i dati provenienti da CaSSIS, dalla stereocamera HRSC a bordo di Mars Express, dallo strumento NOMAD a bordo di Trace Gas Orbiter e da dei modelli di circolazione atmosferica marziana. Come detto, il team padovano ha avuto il compito di fornire i dati 3D del terreno, generati grazie alle coppie stereo acquisite da CaSSIS e necessari per comprendere la topografia della regione in esame. Inoltre, ha contribuito nell’analisi spettrofotometrica delle immagini multifiltro, che ha consentito di escludere la presenza di ghiaccio di CO2 e confermare, tramite l’analisi della riflettività dei depositi, la presenza di ghiaccio d’acqua.
Oltre ad essere stati identificati per la prima volta, tali depositi di ghiaccio aprono nuove prospettive per lo studio futuro dei microclimi marziani e la distribuzione dell’acqua sulla superficie del Pianeta Rosso, due tematiche essenziali in vista delle future missioni robotiche e umane.
"L’aspetto fondamentale di questo articolo è il suo carattere altamente interdisciplinare”, spiega Giovanni Munaretto di INAF-OAPD. “Tramite la fusione di dati provenienti da diversi strumenti in combinazione a modelli di circolazione atmosferica globale è stato possibile effettuare una nuova scoperta con importanti implicazioni sul ciclo dell’acqua marziano e sulla sua atmosfera, di cui conosciamo ancora relativamente poco. Inoltre, questo studio dimostra l’importanza dei dati forniti da ExoMars TGO per capire meglio come funziona il Pianeta Rosso, soprattutto in vista della sua futura esplorazione robotica e umana".
"Questo lavoro evidenzia la peculiarità dei dati CaSSIS - dichiara Angelo Zinzi, responsabile ASI per le attività di Esplorazione del Sistema Solare dello Space Science Data Center - e, proprio per aumentarne ancora di più la loro potenzialità scientifica, sta per essere avviato un accordo tra ASI e INAF per includere il loro archivio presso SSDC. In questo modo questi dati potranno essere facilmente analizzati, anche in combinazione ad altri dati, come quelli del radar MARSIS, nei tool di SSDC, primo fra tutti MATISSE, che di recente è stato ulteriormente adattato per l’analisi geologica delle superfici planetarie". (aise)