Da inchiostro a circuito elettrico a base di grafene: il nuovo studio tra Pisa, Firenze e Graz

PISA\ aise\ - Da inchiostro di un pennarello rosso a circuito elettrico a base di grafene. Questo è quanto è stato scoperto da un gruppo di ricerca coordinato da Francesco Greco, professore associato di bioingegneria della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Advanced Science, ha visto la collaborazione tra la Scuola Sant’Anna, Graz University of Technology, CSGI - Center for Colloid and Surface Science, Università degli Studi di Firenze e Istituto Italiano di Tecnologia.
“Il passaggio di un raggio laser sull’inchiostro lo trasforma in una forma di carbonio poroso e conduttivo che viene chiamato “grafene indotto dal laser” (detto LIG: Laser Induced Graphene in inglese) - ha spiegato il coordinatore Greco -. Finora si credeva che fosse possibile ottenere questo LIG solo da certi particolari materiali plastici e polimeri, e questo era un po’ limitante in termini di applicazioni. Un inchiostro o una vernice invece hanno la caratteristica di poter essere usati facilmente e ovunque, come copertura di altri oggetti. Rappresentano inoltre una alternativa economicamente vantaggiosa”.
Un banale pennarello rosso, di quelli che si comprano nelle cartolerie e vengono usati per scrivere sulle lavagne. Da questo oggetto di uso quotidiano è nato lo studio pubblicato su Advanced Science, nell’ambito del progetto europeo 5DNanoprinting. Questo pennarello rosso contiene infatti uno specifico colorante, chiamato Eosina, che ha una struttura chimica simile a quella del grafene e ha un’alta stabilità alla temperatura.
Il primo ad accorgersi delle caratteristiche particolari del colorante Eosina è stato Alexander Dallinger, post-doc presso l’Institute of Solid State Physics (University of Graz). Dallinger ha osservato lo strano comportamento degli inchiostri quando irraggiati da un laser.
“La scoperta iniziale è avvenuta in maniera fortuita. Stavo provando la scrittura laser su altri materiali, senza successo: nessuno veniva trasformato in grafene conduttivo - ha aggiunto Alexander Dallinger -. Su uno dei campioni avevo scritto con un pennarello rosso il suo nome per riconoscerlo. Per errore (o per fortuna?) il raggio laser è passato sopra la scritta: proprio in quel punto ho visto apparire una traccia nera, indicativa della trasformazione in grafene. Incuriosito, l’ho subito analizzata: la traccia era conduttiva e si trattava proprio di grafene! Da lì sono nate numerose domande: di cosa è fatto l’inchiostro di quel pennarello? Perché quel pennarello funziona e altri no? Quale è “l’ingrediente segreto”? E così via. Da queste domande è partito tutto lo studio e le scoperte che hanno portato a questa pubblicazione”.
Per trasformare il colore in un circuito, i primi passi compiuti dal gruppo di ricerca sono stati definire il disegno del circuito elettronico su un computer e tracciare il colore su una superficie a scelta (può essere un foglio, una tazzina di caffè o degli occhiali, per esempio). Una volta definite queste azioni, una macchina laser ha tracciato sulla superficie colorata il disegno realizzato al computer. Sotto l’effetto dell’esposizione al laser, il colorante Eosina si è trasformato chimicamente in grafene, ovvero in un materiale conduttivo.
“Questo approccio, denominato "Paint & Scribe" integra su qualsiasi superficie un circuito elettrico a base di grafene, indotto da un laser: si colora un oggetto, poi ci si passa sopra il laser e si ottiene un circuito. È un sistema innovativo considerando che, finora, i circuiti elettrici a base di grafene venivano ottenuti solo su precursori polimerici”, ha continuato Francesco Greco.
Nello studio anche Rodorico Giorgi e Rachel Camerini, rispettivamente professore associato e post-doc presso il Dipartimento di Chimica ‘Ugo Schiff’ dell’Università degli Studi di Firenze, e il CSGI - Center for Colloid and Surface Science. La loro esperienza nel campo dei colori e della chimica dei pigmenti è stata centrale per analizzare la composizione degli inchiostri e individuare i coloranti responsabili della formazione di grafene.
“Credo che il nostro studio sia un esempio di come la curiosità scientifica (in primis quella di Alexander, che per primo ha osservato lo strano comportamento dell’inchiostro, ma anche di tutti noi coinvolti nello studio) possa portare inaspettatamente a risvolti pratici e applicativi - ha concluso Francesco Greco -. Infatti, questo studio, oltre ad analizzare il perché solo alcuni coloranti sono adatti alla trasformazione in LIG, vuole proporre questo metodo per la realizzazione di circuiti e sensori su qualsivoglia superficie. Anziché montare dei circuiti o sensori (spesso pesanti, costosi, ingombranti) sugli oggetti da sensorizzare, possiamo adesso pensare di “scriverli” direttamente dove serve. Questo potrà dare l’impulso ad applicazioni in moltissimi settori: l’elettronica stampabile, i sensori biomedici, la robotica, l’automazione, i sensori ambientali. Ci stiamo già occupando di alcune di queste applicazioni. Inoltre abbiamo iniziato lo studio di altri coloranti derivati da materiali naturali, nell’ottica di realizzare elettronica green”. (aise)