Le piante rispondono ai cambiamenti climatici e si spostano al caldo

credits Paolo Paolucci

PADOVA\ aise\ - È stata pubblicata sulla rivista internazionale “Proceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS) la ricerca dal titolo “Red-listed plants are contracting their elevational range faster than common plants in the European Alps” firmata da Lorenzo Marini e da Costanza Geppert del Dipartimento di Agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente dell’Università di Padova insieme ad Alessio Bertolli e Filippo Prosser, botanici della Fondazione Museo Civico di Rovereto, sulle variazioni della distribuzione geografica delle piante alpine in base ai cambiamenti a lungo termine delle temperature.
La pubblicazione – spiega l’ateneo – dimostra che la flora alpina vive un profondo mutamento. Alcune popolazioni di piante, per effetto del cambiamento climatico, sono sottoposte a temperature troppo alte per la loro sopravvivenza. Per questa ragione alcune specie “migrano” a quote più alte, dove si trovano condizioni termiche più fredde.
Lo studio ha monitorato non solo la presenza, ma anche la tipologia (autoctona comune, autoctona rara e aliena) della flora situata sulle Alpi Nord-orientali italiane: in questi tre decenni vi è stato uno spostamento verso quote più alte delle popolazioni di piante. Eppure la distribuzione delle specie autoctone rare non si è espansa verso l'alto in concomitanza con i cambiamenti climatici, ma si è, anzi, contratta. Le piante aliene, invece, si sono diffuse rapidamente a quote più alte spostandosi con la stessa velocità del riscaldamento climatico pur mantenendo la loro presenza anche a valle.
Tuttavia non è solo l’innalzamento della temperatura a sconvolgere la flora alpina: anche l’attività dell’uomo ha un importante impatto poiché a valle si concentrano le attività antropiche e vi è maggiore è una pressione sull’ambiente. Il paesaggio alpino ha subito importanti trasformazioni negli ultimi anni: sono aumentate a valle le aree urbane o agricole e, parallelamente, sono stati abbandonati i prati semi-naturali – non sfruttabili da un’agricoltura sempre più intensiva – a quote intermedie.
“La rapida perdita delle aree di distribuzione specifica delle piante rare si è verificata in zone in cui le attività umane e le pressioni ambientali sono elevate. Questo ci suggerisce che bisognerebbe proteggere anche alcune aree a valle e non solo le zone d’alta quota più remote”, afferma Lorenzo Marini, coordinatore dello studio. “Quello che abbiamo fatto è stato misurare l’abilità a competere, anche con l’uomo, delle specie vegetali. Le piante aliene in condizioni di disturbo – per fertilizzazione, rimozione della vegetazione residente per la costruzione di una casa, una strada o un parcheggio – sono molto veloci a crescere e sfruttare le risorse presenti, sottraendole alle altre specie autoctone. Dal nostro studio è emerso che proprio nelle aree più antropizzate e disturbate le piante aliene sono particolarmente abili a competere con le altre specie”. (aise)