NUT: gli effetti psicofisici dell'ambiente spaziale nel nuovo studio dell’ASI nei sottomarini
ROMA\ aise\ - Nell'ambito della terza missione privata di Axiom Space (Ax-3), l'Agenzia Spaziale Italiana, insieme al Dipartimento di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche dell'Università di Firenze e in collaborazione con la Marina Militare, ha lanciato il progetto “NUT”. L'obiettivo è distinguere gli effetti psicofisici causati dallo stress tipico dell'ambiente spaziale, come microgravità e radiazioni, da quelli riconducibili all'isolamento e al confinamento.
È ampiamente dimostrato che il volo spaziale può causare cambiamenti nell'organismo umano, con effetti negativi sulla fisiologia degli astronauti. Oltre alla gravità alterata e ai raggi cosmici, anche l'isolamento, il confinamento e lo stress psicofisico a cui sono sottoposti durante le missioni possono aggravare questi effetti o essere la causa principale di importanti alterazioni psicologiche, cognitive e fisiologiche. Le conseguenze dell’isolamento e del confinamento saranno ancora più rilevanti nelle future missioni interplanetarie di lunga durata e, se non adeguatamente gestite, potrebbero compromettere le prestazioni dell'equipaggio e il successo delle missioni.
Per questo, il progetto NUT ha previsto uno studio parallelo su parametri chimico-clinici e biologici sia di astronauti impegnati nella missione Ax-3 che di sommergibilisti coinvolti nelle missioni della Marina Militare. I sottomarini sono un analogo ideale dei veicoli e delle stazioni spaziali. Escludendo microgravità e radiazioni, l'equipaggio di una missione sottomarina affronta gli stessi fattori di stress delle missioni spaziali in termini di isolamento, luce artificiale e ambiente ipossico. Gli studi condotti sugli equipaggi dei sottomarini, più numerosi rispetto a quelli spaziali, sono fondamentali per conoscere e approfondire gli effetti a lungo termine dell'isolamento e del confinamento.
I risultati attualmente ottenuti dal progetto NUT indicano che, sebbene le missioni brevi come Ax-3 (21 giorni) non influenzino significativamente l'organismo, si osservano cambiamenti nei livelli di citochine infiammatorie e in alcuni parametri metabolici che sono indicativi di una tendenza all’aumento dell’infiammazione sistemica e dello stress ossidativo, che si manifestano maggiormente nelle missioni di lunga durata. È interessante notare che le citochine infiammatorie mostrano un andamento simile negli astronauti di Ax-3 e nei sommergibilisti.
“Considerando che i sommergibilisti non sono esposti a microgravità e radiazioni, ma entrambi i gruppi studiati (astronauti e sommergibilisti) sono in condizioni di isolamento/confinamento, questi risultati suggeriscono che le condizioni di isolamento/confinamento hanno un ruolo importante nell’indurre l’alterazione dei livelli di infiammazione sistemica”, commenta il coordinatore scientifico del progetto, la Dr. Monica Monici del Laboratorio Congiunto ASAcampus, Div. Ric. ASA, Dip di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Università di Firenze.
L’attività dimostra, inoltre, la proattività della Marina Militare nel campo della ricerca. L’occasione di poter collaborare su base volontaria con ASI e UNIFI ha visto, infatti, una entusiasta partecipazione degli Equipaggi dei Sottomarini, perché consapevoli di contribuire a dare ulteriore risalto al continuo processo di aggiornamento tecnologico e di attenzione al benessere psico-fisico degli Equipaggi cui la Forza Armata tende da sempre.
La dottoressa Francesca Ferranti, responsabile scientifico del progetto per ASI aggiunge: “I futuri scenari di esplorazione umana dello spazio profondo esporranno l’astronauta a condizioni di isolamento/confinamento estreme e a una dipendenza prolungata e inevitabile da sistemi di supporto vitale automatizzati, con un notevole impatto sulla psicologia e fisiologia umana”. Inoltre, prosegue “La collaborazione con la Marina Militare rappresenta un’opportunità unica per la ricerca in questo settore, mettendo a disposizione della comunità scientifica italiana quello che riteniamo essere l’analogo terrestre per eccellenza per gli studi di isolamento/confinamento. I risultati dell’esperimento NUT lo confermano”. (aise)