“TRANQUILLA MAMMA” POI LO SCHIANTO: 9/11, LA FAMIGLIA DI DAVID DE FEO RACCONTA

NEW YORK\ aise\ - "David era lì, a quell’ora, per puro caso ed è morto per cose che non avevano a che fare con lui. Come tutte le vittime. Ha sofferto e se n’è andato per qualcosa di cui non c’entrava nulla. Per giochi di potere di altri". È il racconto di Emmelina De Feo, che l'11 settembre 2001, al World Trade Center, ha perso il fratello David. "Di lui non è rimasto più nulla, se non una carta di identità", scrivono Giovanna Pavesi e Marta Corradi, che hanno intervistato Emmelina e Luisa De Feo, mamma di David, che l'11 settembre 2001 si trovava nella Torre Sud del WTC. Il toccante contributo è stato pubblicato oggi, nell’anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle, da La Voce di New York, diretta da Stefano Vaccara.
"Nessuno riuscì a ricordare il suo numero di telefono quella mattina. Eppure, lo conoscevano a memoria. L’avevano composto centinaia di volte. Quel giorno, all’improvviso, tutto si fermò. Successe di martedì, in una giornata ordinaria di settembre.
Emmelina era nella sua stanza. Stava scegliendo cosa indossare e aveva la radio accesa. Fu la prima a sentire la notizia, perché tutte le trasmissioni furono interrotte. Un aereo aveva colpito un palazzo. La Torre Nord del World Trade Center. Scese le scale di legno, di corsa, urlando. Disse ai suoi genitori di accendere la televisione. Non erano ancora le nove. Una colonna di fumo nero, denso, usciva dalle finestre del grattacielo. Suo fratello, David De Feo, lavorava a Ground Zero, al 104esimo piano della Torre Sud. Nessuno sapeva cosa stesse succedendo.
Emmelina provò a rintracciarlo, ma il telefono era staccato. "Gli lasciai un messaggio in segreteria chiedendo se potesse ricontattarci. Lo fece poco dopo", spiega la sorella a La Voce di New York. Con David parlò solo la madre, Luisa: "Mi disse: "Stai tranquilla, mamma. Stai calma. Ti voglio bene. Non c’è nulla di cui preoccuparsi". Avevo la sensazione che stesse succedendo qualcosa di strano, non poteva essere un errore. O un incidente. Attaccai il telefono, mi girai e subito dopo vidi, in tv, il secondo aereo colpire la sua torre. Sapevo di averlo perso. In quel momento capii che lui non c’era più. Era come se qualcosa avesse colpito anche me".
"My son has gone", mio figlio se n’è andato. Luisa ripete spesso questa frase, mentre è appoggiata al tavolo della sala da pranzo. Dietro di lei, tante foto di David. In divisa militare. Per la prima Comunione. Nel giorno del suo matrimonio. Era un ragazzo alto con gli occhi scuri e un bel sorriso. Fu una delle 2997 vittime di quell’attentato. A Ground Zero aveva iniziato a lavorare cinque anni prima. Morì a 36 anni. "Ne avrebbe compiuti 37, il 12 ottobre. Era nato nel Columbus Day. Era davvero una persona speciale", spiega sorridendo la madre. Si era sposato con una maestra delle scuole elementari qualche anno prima, ma non avevano ancora avuto figli.
Da poco avevano comprato una casa e quel giorno, David, aveva deciso di entrare in ufficio prima dell’orario stabilito: "Si trovò lì, a quell’ora, per puro caso. Nel pomeriggio gli avrebbero dovuto consegnare degli elettrodomestici che avevano ordinato qualche giorno prima. Decise di iniziare presto per finire prima", racconta Emmelina. David era nato a New York ed era cresciuto nel Queens, insieme alla sua famiglia, che aveva origini italiane. A casa dei genitori, entrambi campani, si parlava italiano.
Le ore successive all’attentato furono surreali. "Realizzammo che non saremmo potuti andare in città, perciò siamo rimasti qui, a casa, cercando di comprendere che cosa stesse succedendo. E penso che noi l’avessimo capito anche se non volevamo crederci. Mio marito, che era molto malato in quel periodo, continuava a ripetere che David era una persona forte e che se la sarebbe cavata. Ma il modo in cui quell’aereo aveva colpito la torre non lasciava alcuna via di fuga per chi si trovava nell’edificio", continua Luisa.
Emmelina ha gli occhi lucidi, mentre parla di suo fratello seduta sul divano. "Lui era lì, a quell’ora, mentre non ci doveva essere ed è morto per cose che non avevano a che fare con lui. Come tutte le vittime. Ha sofferto e se n’è andato per qualcosa di cui non c’entrava nulla. Per giochi di potere di altri". Il silenzio, in casa, è interrotto soltanto dalle figlie di Emmelina che stanno giocando. Di David nessuno ha mai trovato nulla. Né un indumento, né un effetto personale. Di lui è rimasta soltanto la ID Card. La conserva Sofia, la moglie. Che ogni anno, torna a Ground Zero".
La video intervista e la sua trascrizione completa sono disponibili sul sito Internet de La Voce di New York. (aise)