ALL’OPERA BRUXELLES UN TRISTANO DI GRANDE ELEGANZA – di Giovanni Chiaramonte
BRUXELLES\ aise\ - Come rappresentare Wagner nel terzo millennio? La domanda è legittima, la risposta non è ovvia. La Gesamtkunstwerk wagneriana - sintesi di arti visuali poetiche musicali e drammaturgiche – è stracarica di mitologia nordeuropea, incrostata di antichi poemi cavallereschi, gravata da una certo non leggera Weltanschauung schopenhaueriana e, da un punto di vista strettamente musicale, racchiude in sé una sintesi complessa di secoli di evoluzione stilistica: l'insieme rischia di stroncare lo spettatore del 2019 per eccesso di contenuti, come un "aligot" cotto all'antica stroncherebbe le pance indebolite dai salutismi del nostro ultimo decennio.
"La musica del Tristano (fino al 19 maggio all’Opera di Bruxelles, ndr) fa saltare la relazione dei gradi armonici principali che caratterizzano la tonalità" spiega Altinoglu il - benedetto dal talento - direttore musicale de La Monnaie, casa dell’Opera di Bruxelles, "e il libretto, scritto dallo stesso Wagner, trasuda di simbolismi complessi e arcani, così carichi di significato da essere al filo dell'illeggibilità". Dove andare con questo materiale musicale e linguistico, denso come la materia collassata di un buco nero? Come proporre questo formidabile ma pesantissimo "aligot" al sensibile ma delicato pancino dello spettatore contemporaneo?
Assai intelligentemente Ralf Pleger (ideatore e regista) e Alexander Palzin (scenografo) hanno lavorato per sottrazione semplificazione e rallentamento, creando una struttura lineare semplice - quasi una performance - che ha supportato e reso leggibile attraverso un magnifico "rallentamento" la densissima massa della materia linguistico/musicale wagneriana, con un risultato di grande eleganza complessiva che ha permesso allo spettatore di aprire il cuore alle delizie di questa poesia musicale diretta magistralmente da Altinoglu, e di non stancarsi! Cosa non ovvia se si pensa che parliamo di quasi cinque ore di rappresentazione e per di più in tedesco.
Non amo i modernismi semplificatori che uccidono il tessuto narrativo dell'opera ma qui sono meravigliosamente usati: Tristano è prima di ogni cosa dramma psicologico e magnifica, quasi liturgica, rappresentazione dell'amore romantico; questa maniera di metterlo in scena, con delle strutture artistiche di grande bellezza che hanno segnato la scena e diventate parte della narrazione, ha permesso allo spettatore di gustare fino all'ultima goccia il sapore di questo nettare, senza essere disturbato da eccessi scenici inutili e a mio avviso si pone come un modello di rappresentazione di Wagner adatto a questo nuovo millennio.
A qualcuno questo "rallentamento" narrativo può provocare smarrimento, ma crediamo che lo spettatore odierno, educato da anni di performances e di videoarte, sia in grado di capire e seguire meglio di certa critica quello che non è un deficit di azione ma un linguaggio operistico moderno che vuole restituirci un Wagner disincrostato da pesantezze, nella sua limpida essenza.
Chapeau alla direzione artistica de La Monnaie di Peter de Caluwe, un sovrintendente con una visione europea colta e sovra provinciale del futuro dell'opera che struttura allestimenti che saranno dei classici -come si conviene alla dignità di guida culturale che deve avere il teatro di una capitale - e chapeau al Teatro Comunale di Bologna che con lungimiranza lo ha coprodotto. (giovanni chiaramonte\aise)