REDDITO DI CITTADINANZA/ PARLAMENTARI PD ESTERO SU DI MAIO: MEGLIO TARDI CHE MAI, MA NE VERRÀ FUORI QUALCOSA DI CONCRETO?

ROMA\ aise\ - “Il Ministro Di Maio a New York ha scoperto l’America. Ha scoperto, cioè, che gli italiani all’estero sono stati esclusi dal reddito e, aggiungiamo, dalla pensione di cittadinanza e ha detto che studierà una norma per cercare di recuperarli. I più contenti dall’annuncio dovremmo essere noi che siamo stati gli unici finora a denunciare questa vera e propria lesione di cittadinanza e ad offrire, sia alla Camera che al Senato, gli strumenti parlamentari per farlo mentre il decreto era ancora in discussione”. Così i sei deputati Pd eletti all’estero, Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò e Ungaro, che in una nota congiunta osservano: “il Ministro Di Maio, però, si è dimenticato di aggiungere che non si è trattato di una svista o della solita “manina” perversa, ma di una consapevole e netta posizione politica, dal momento che ai nostri emendamenti e ai nostri interventi il Governo e la maggioranza hanno opposto un rifiuto esplicito e numericamente insormontabile”.
“Cosa è cambiato nel frattempo? Il mimetismo (per essere eleganti) del Ministro di Maio – continua la nota – è troppo noto per dare tranquillamente credito alle sue parole e la cosa più probabile è che si sia trattato di un éscamotage per trarsi d’impaccio di fronte ad una platea per lui imbarazzante. In ogni caso, comunque, la via è fatta, gliela abbiamo spianata noi con il nostro lavoro, basta percorrerla con sincerità e reale volontà politica”.
“Ma per essere chiari, già la partenza non ci piace. Il Ministro – spiegano Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò e Ungaro – ha detto, infatti, che “auspica di lavorare a una norma che l’introduca per gli italiani all’estero”. Perché una norma specifica per gli italiani all’estero come se si trattasse di una categoria speciale? Non sono cittadini come gli altri? Una norma specifica per gli italiani all’estero già c’è, quella che pone il limite dei dieci anni di residenza nel territorio nazionale, di cui due continuativi, ma è una norma ai loro danni. Basta far cadere l’esclusione, come noi proponiamo, e tutti sono messi sullo stesso piano. Consentendo, magari, anche ai giovani che vogliano tentare di reinserirsi dopo qualche esperienza all’estero nel percorso lavorativo in Italia di poterlo fare, cosa che oggi non è possibile”.
“Il vero problema, temiamo, sia di visione e di sensibilità politica. Nella loro visione assistenzialistica e corporativa, per Di Maio e soci di governo gli italiani all’estero sono possibili consumatori di risorse che non portano molto consenso, come i fatti hanno finora dimostrato. Sfuggono loro completamente le potenzialità di proiezione globale e di moltiplicazione di opportunità che la loro presenza garantisce nel mondo, sicché non riescono a concepire altro che la politica delle pezze, come si dice dalle parti del Ministro. Senza rendersi conto nemmeno – concludono i parlamenti Pd – dell’involontario risvolto umoristico legato al fatto che mentre Di Maio pronunciava quelle parole, la parte del “petente” la faceva lui chiedendo a molti imprenditori di origine italiana di venire a investire in Italia”. (aise)