L’ASSOCIAZIONE PARTIGIANI OSOPPO RICORDA LA LIBERAZIONE DI UDINE DEL 1° MAGGIO 1945

UDINE\ aise\ - “Nelle settimane scorse abbiamo assistito ad un confronto anche abbastanza acceso fra chi ha sostenuto che la città fu liberata dai partigiani e chi invece sosteneva che furono gli Alleati ad occupare Udine. In realtà, a mio avviso tutte due le posizioni hanno argomenti a loro favore. È ovvio che l’apporto degli Alleati fu determinante: la loro lenta ma inesorabile risalita della Penisola, determinò il crollo delle forze tedesche e fasciste. Così come è altrettanto vero che se gli Inglesi poterono entrare a Udine nel pomeriggio del 1° maggio senza gravi scontri, ciò fu dovuto alle Brigate partigiane che il 30 aprile e 1° maggio attaccarono i reparti tedeschi: la pressione delle forze partigiane spinse i reparti tedeschi ad accelerare la ritirata verso il nord, per tornare al loro paese”. Con queste parole il Presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo, Roberto Volpetti, ha voluto ricordare, a nome dell’Associazione tutta, la Liberazione della città di Udine dalle forze nazi-fasciste, avvenuta il 1° maggio 1945.
“Abbiamo voluto però – continua Volpetti – aprire uno squarcio su quanto avvenne in quelle ore. Non perché ci sia qualcosa di nascosto o di non conosciuto: anzi i documenti e le testimonianze sono note fin da subito dopo la fine della Guerra. Siamo andati a rileggerci la testimonianza di un protagonista di quei fatti, don Emilio de Roja, tratta dal libro “Preti Patrioti”.
Quello che accadde in quelle ore, a leggere con attenzione, è veramente incredibile - spiega il Presidente APO -. Un pretino, don Emilio, affronta una situazione esplosiva e tenta, riuscendoci, di trovare una intesa che consenta ai tedeschi di andarsene senza fare danni e ai partigiani di occupare la città senza spargimenti di sangue per tutti, per se stessi e la popolazione civile. Sembra una cosa impossibile a farsi, visto quello che c’era stato nelle settimane e mesi precedenti, eppure ce la fa.”
“C’è un drammatico colloquio fra il colonnello Voight, il comandante della Piazza di Udine, e il giovane sacerdote (che ha poco più di 26 anni….) - evidenzia ancora Volpetti -. Don Emilio riesce a placare i dubbi e le obiezioni di tutti e a far sì che tutto avvenga in modo tale da evitare che la situazione precipiti: scambio dei prigionieri, rilascio degli impianti e delle infrastrutture, tutto viene concordato. Ma don Emilio pone un’ultima domanda: A chi consegnerete le carceri alla vostra partenza? Già le carceri, i tedeschi non ci avevano pensato e rimasero un po’ impacciati. Poi il colonnello rispose: Potremo affidarle al procuratore di Stato. Certo, un’autorità competente…
Ma don de Roja dice: E non potreste consegnarle a me?... Già, rappresento l’Arcivescovo ed il comando unito...Ma perché a don Emilio interessa poter in qualche modo gestire la situazione del carcere ? Lui la conosce bene quella realtà, sa chi c’è ancora rinchiuso, sa che se i prigionieri finiscono nelle mani sbagliate può succedere di tutto: odi, vendette, ripicche, che sono prevedibili dopo tutto quello che è successo nei mesi precedenti. E assieme ai suoi uomini di fiducia della Osoppo, fino al sorgere del sole si dedica a liberare tutti coloro che erano stati imprigionati per ragioni legate alla Resistenza”.
“Mi sono chiesto – conclude Volpetti - come questo sia stato possibile… Certo don Emilio era facilitato dal fatto di conoscere quindi bene sia la lingua sia il carattere dei soldati tedeschi, ma questo non basta a spiegare tutto. Credo che questo passaggio sarà una delle domande a cui si dovrà dare risposta nel processo di beatificazione che, ci auguriamo, presto dovrà partire per don Emilio. Si resta poi commossi leggendo l’ultima stringata frase della relazione di don Emilio: “Era sorto il sole.” della giornata del 1° maggio 1945. Non c’è spazio per altri commenti, considerazioni o altro. Era sorto il sole di un nuovo giorno, un giorno veramente nuovo, carico di speranze e di incognite.” (aise)