Stampa italiana all’estero: un “piccolo mondo antico” che ha ancora cose da dire
ROMA\ aise\ - Un settore travolto dall’innovazione, che continua a cambiare alla velocità della luce, che ha bisogno di professionalità, ma anche di essere sostenuto per “stare al passo” coi tempi, perché ha ancora molto da dire. Dopo gli interventi introduttivi, è proseguita nella Sala del refettorio della Camera la conferenza “Raccontare l’Italia oltre frontiera”, promossa dalla Filef e ospitata da Fabio Porta (Pd), entrata nel vivo con la presentazione della ricerca “Rivistando” e gli interventi di Michele Schiavone (Cgie) e Giangi Cretti (Fusie -Cgie).
Frutto di un anno e mezzo di contatti e interviste di Radio Mir e sconfinamenti.info, “Rivistando” è stata presentata da Valeria Camia: lungi dal voler essere rappresentativa di una categoria così variegata come quella della stampa italiana all’estero, la ricerca ha raccolto spunti utili per comprendere il ruolo che svolgono riviste e periodici, i loro desiderata, i loro progetti.
Delle 30 testate contattate, ha spiegato Camia, hanno risposto in 19, sia “storiche” che novità editoriali, rappresentative di tutti i Continenti.
Giornali che, ha illustrato Camia, segnalano tra i loro obiettivi quelli di “mantenere i legami con l’Italia e i luoghi d’origine e far conoscere i vari territori”, ma anche di “fornire informazioni sui Paesi di residenza per i connazionali, promuovendo al tempo stesso le eccellenze italiane scrivendo anche nella lingua locale per raggiungere non solo gli italofoni”. Tutte si attestano la funzione di “archivio storico” della comunità italiana locale.
I direttori di queste testate “sono giovani” e “non solo per un ricambio generazionale”, ha precisato Camia. Tutte le testate che hanno risposto, ha aggiunto, “sono online, qualcuna mantiene l’edizione cartacea, diverse hanno anche una webradio”. Si tratta di giornali che “sono un bacino di informazione con diversi approfondimenti su vari temi, dalla cultura alla politica, mentre – ha sottolineato Camia – è carente l’interesse per le istituzioni italiane all’estero”.
“Per chi li legge dall’Italia rappresentano un osservatorio privilegiato su come cambia l’emigrazione e si evolve le realtà del paese ospitante. Per chi li legge dall’estero, sono uno strumento per conoscere il Paese di arrivo in modo veloce e aggiornato”.
In tante vorrebbero un maggior rapporto con la stampa italiana: “hanno espresso interesse a creare sinergie, magari ospitando stage dall’Italia in collaborazione e con il sostengo delle scuole di giornalismo, così come forte è il desiderio di essere coinvolti come fonti dirette dai giornali italiani su fatti che avvengono nei diversi paesi esteri”, ha concluso Camia.
Testate che vanno sostenute con mezzi opportuni, ha detto Michele Schiavone, segretario generale del Cgie, che ha messo il tema dell’informazione tra i punti all’ordine del giorno del primo incontro del nuovo Comitato di presidenza del Consiglio generale con il sottosegretario Silli di cui è stata ribadita, anche in quella sede, la necessità di una riforma.
“Le norme hanno bisogno di applicazioni nuove ed eque”, ha detto Schiavone collegato da remoto, citando “difficoltà di alcune testate dovute a rapporti interpersonali guastati”. Ci sono “situazioni sfuggite di mano e che invece di essere gestite dal Governo vengono discusse e decise nelle aule dei Tribunali e questo non è ammissibile”.
Anche per questo è necessario ricostituire “al più presto”, la Commissione per la stampa all’estero al Dipartimento Informazione ed Editoria della Presidenza del Consiglio.
Rispondendo a distanza al sottosegretario Silli, che si è detto impegnato in una sorta di confronto sulle politiche migratorie con gli altri Paesi, Schiavone ha sostenuto che “nessuno ha i numeri dell’Italia” e quindi “dovremmo essere noi a indicare agli altri le politiche di integrazione che abbiamo adottato”. Ricordato il ruolo che la stampa ha svolto durante la pandemia, durante cui è stato veicolo di importanti informazioni e aiuti concreti a connazionali in difficoltà lontano da casa, Schiavone ha ribadito l’importanza di “riformare le storture previste dal decreto del 2017”, confermando l’intenzione del Cgie di “mettere in agenda un nuovo convegno che possa dare seguito a questo seminario, per ragionare a trovare delle soluzioni propositive da consegnare al Parlamento”.
Nel merito delle “criticità” indicate da tutti è entrato Giangi Cretti, presidente della Federazione Unitaria della Stampa Italiana all’Estero e della Commissione Informazione del Cgie, oltre che direttore de “La Rivista”, trimestrale edito dalla Camera di Commercio Italiana in Svizzera.
“Il nostro è un piccolo mondo antico consapevole di essere tale”, ha esordito Cretti. “Tutti gli operatori della comunicazione sono consapevoli che le cose sono cambiate, che le modalità di fare informazione sono nuove e che questa è una sfida per cui spesso le nostre testate non sono sufficientemente attrezzate”. Consapevoli, ha aggiunto, che “il loro ruolo e le loro funzioni sono cambiate” negli anni, così com’è cambiata l’emigrazione e che “bisogna tenere il passo dell’innovazione”. Ma per farlo c’è bisogno anche dell’aiuto delle istituzioni e del Parlamento.
“Si può discutere di nuove leggi, ma sapete quali sono i tempi”, ha annotato Cretti. “Ci sono urgenze che bisogna risolvere presto”.
“Un conto è riformare Comites e Cgie, un conto la Legge sull’editoria: ho l’impressione che si sovrappongano due temi distinti”, ha aggiunto. La legge istitutiva del Cgie è del 1989 ed è datata, quella dell’editoria è del 2016 (Governo Renzi) ed è entrata in vigore nel 2018: “ad oggi – ha sottolineato il presidente Fusie – paghiamo lo scotto delle difficoltà di applicazione della legge”. Per questo “è urgente una riflessione non sulla legge ma sul suo Regolamento di attuazione, che crea enormi difficoltà. La Fusie, così come il Cgie, chiede da anni il ripristino della Commissione che esisteva fino al 2016: affiancava il Die nella valutazione dei requisiti per i contributi alla stampa italiana all’estero, era a costo zero e consentiva ai funzionari del Dipartimento - che vivono a Roma – di riuscire a “contestualizzare” le testate valutate. Non decideva il quantum dei contributi – ha ricordato Cretti – ma presentava le testate nei diversi contesti territoriali”. Una Commissione che anche i funzionari Die riaccoglierebbero a braccia aperte perché di molto aiuto.
“Questi funzionari applicano un Regolamento”, che impone di “erogare i contributi sulla base dei costi”. Ma c’è un “discrimine”: in alcuni casi “si utilizza il parere dei Comites, obbligatorio ma non vincolante – previsto per altro dalla Legge sui Comites non da quella sull’Editoria – per discriminare”. Dunque è fondamentale “chiarire la natura di questo parere e di quello dei rappresentanti della rete diplomatica, che in nessun caso deve essere mediato da simpatie cultuali, personali o politiche”.
“Ho letto la risposta del sottosegretario Silli all’interrogazione di Porta (sul caso Gente d’Italia - ndr) e si dicono cose inaccettabili”, ha sottolineato Cretti. “Sfido chiunque a confrontare le testate che hanno ottenuto un parere positivo con quelle dal parere negativo ed evidenziare distinzioni sugli “interessi delle comunità”. Non ve ne sono. Il Dipartimento chiede molti documenti alle testate per capire i costi che affrontano, il parere di Comites e Rete diplomatica non serve a questo. Bisogna essere oggettivi: la Farnesina dovrebbe spiegare ai Comites su quale base devono esprimere questo parere”.
Ribadito che le verifiche “sono legittime”, perché “i contributi vanno a testate che esistono e che hanno sostenuto dei costi”, Cretti ha anche ricordato la differenza delle norme applicate a quotidiani e periodici italiani all’estero per la richiesta di contributo. “I quotidiani devono seguire criteri e modalità comuni a quelli editi in Italia, i periodici no. Mi chiedo: è giusto chiedere gli stessi requisiti all’estero?” E ancora: “è giusto non tenere conto dei “poteri di acquisto” diversi?” quando si erogano contributi, si è chiesto Cretti che, concludendo, ha sottolineato come le testate edite all’estero siano “le uniche che si occupano dei connazionali nel mondo. La stampa nazionale non lo fa: coltiviamo fa anni la speranza di un’informazione di ritorno e anche quella circolare è svanita nel nulla, ma ci sono cose che si possono e si devono fare nel futuro”. In primis “riflettere su come facciamo informazione e anche su cosa sono i nuovi media”.
Responsabile comunicazione dell’Inca Nazionale, Claudio Di Berardino ha confermato la disponibilità del patronato per un Osservatorio sulla stampa italiana all’estero, mentre Rino Giuliani (Fiei) ha posto l’accendo sull’importanza che la stampa all’estero “sia adegui ai tempi”.
Un accento sulla necessaria professionalità degli operatori è stato posto da Salvo Li Castri (Odg Sicilia – Usef): ricordato che “comunicazione e giornalismo sono due cose diverse” e che per i suoi 60 anni l’Ordine dei giornalisti ha scelto come slogan “Il dovere della vertà”, Li Castri ha sostenuto che in questi anni non sono solo cambiati i media, ma anche i lettori, sia in Italia che all’estero. Se i grandi mali dell’informazione sono fake news e linguaggio d’odio ciò che serve è “più professionalità”: “mi stupisco che tra i criteri per i contributi alla stampa all’estero non si citi la presenza di giornalisti iscritti all’Ordine”.
Presente ai lavori da metà mattina è infine intervenuto Christian Di Sanzo, deputato Pd eletto in Centro e Nord America, già presidente del Comites Houston.
“È giusto chiedersi come è cambiata l’informazione per gli italiani all’estero”, ha osservato il parlamentare, perché “la nuova emigrazione non usa più questi mezzi: consulta i giornali nazionali online e attraverso loro si informa per mantenere un rapporto diretto con l’Italia”. Questo è “un grosso pericolo per la stampa all’estero perché la priva di una funzione fondamentale: fare informazione in lingua italiana all’estero”. Dunque bisogna “ripensare alla sua funzione” che dovrebbe essere “informare l’Italia sugli italiani all’estero, visto che i giornali nazionali non lo fanno”. Bisogna “lavorare insieme per adeguare le regole alla realtà del momento: si può fare molto anche senza una proposta di legge”, ha aggiunto Di Sanzo. “Bastano circolari ministeriali e rivedere il regolamento di attuazione della Legge sull’editoria”, ma serve “la volontà” di farlo.
Quanto alla qualità del prodotto “ci sono grandi disparità”.
Tornando sul tema dei pareri, Di Sanzo ha aggiunto: “sono stato presidente Comites e vi ricordo che sono organismi politici e non tecnici e dunque non si possono forzare a criteri oggettivi. Diamo linee guida su come strutturare il parere, ma non aspettiamoci aderenza a criteri oggettivi. Ciò che è critico è che diventi vincolante per il contributo”.
“Molte ambasciate lasciano vivere giornali “dubbi” per quieto vivere e chiudono quelli validi per una certa visione”, ha aggiunto il deputato. “Ci sono grossissime disparità”; per “riportare oggettività” Di Sanzo ha proposto di “centralizzare in maniera comparativa la valutazione qua a Roma”.
A Fabio Porta il compito di chiudere i lavori del mattino: stigmatizzata l’assenza di Rai Italia – “che tra l’altro non fa più tribune parlamentari” – Porta ha rimarcato l’importanza della “professionalità dei giornalisti anche all’estero” e di “lavorare di più con Odg e Fieg. Sono d’accordo con Cretti sull’importanza di fare presto: non aspettiamo una nuova legge per risolvere le urgenze emerse”, in primis il peso dei pareri di Comites e rete diplomatica sulla stampa. “Bastano direttrici chiare per evitare che i pareri si trasformino in vendette”. (ma.cip.\aise)