Cgie: la cittadinanza nel dibattito tra i consiglieri

ROMA\ aise\ - La nuova legge sulla cittadinanza ha monopolizzato il dibattito che ha concluso i lavori mattutini del Consiglio generale degli italiani all’estero, riunito a Roma per la sua assemblea plenaria. Dopo la relazione del Governo affidata al sottosegretario Silli, quella della Segretaria generale Maria Chiara Prodi e l’intervento di alcuni dei parlamentari eletti all’estero presenti ai lavori, i consiglieri sono intervenuti (quasi tutti) per stigmatizzare l’impianto e le conseguenze della legge. Nei loro interventi, i consiglieri hanno parlato anche del voto all’estero e della governance del Consiglio generale.
L’incontro con Mattarella al Quirinale ha riportato il Cgie sui quotidiani nazionali: circostanza che ha fatto “gioire” Gian Luigi Ferretti (Ugl), contento anche delle relazioni di Silli e Prodi, meno di qualche intervento parlamentare che “ha abbassato il livello del dibattito”. Ricordato che sia la legge istitutiva del Cgie che l’ultima riforma che ne ha modificato la composizione sono state approvate durante Governi di centrosinistra, Ferretti ha invitato i parlamentari “a fare i legislatori” per cambiare ciò che oggi criticano. Quanto alla cittadinanza “gioisco per questo ritorno patriottico d’oltremare”, così come “per gli europei che, dopo aver cianciato di cittadinanza Ue oggi si stracciano le vesti. Dai nostri connazionali che pretendono il massimo dei diritti pretendo il massimo dei doveri”, ha concluso vagheggiando anche su prossime chiamate alle armi, visti i tempi.
“Il doppio cittadino non deve essere criminalizzato”, la doppia cittadinanza “significa integrazione”, ha detto invece Giuseppe Scigliano (Germania) riferendosi alle norme che, in base alla nuova legge, impediscono la trasmissione della cittadinanza iure sanguinis ai doppi cittadini. E poi, si è chiesto, “chi controlla? Io ho la doppia cittadinanza e nessun documento che la attesti”. Ci sarà “caos nei Consolati”.
Delle anomalie del voto all’estero ha invece parlato Paolo Dussich (Ctim) che ha citato e chiesto di mettere agli atti il documento del Comites di Santo Domingo che “certifica le fragilità strutturali del voto corrispondenza”, sostenendo la “urgenza della riforma del voto”.
Molto abbattuto Mariano Gazzola (Argentina), vice segretario per l’America Latina: “tutto è contro di noi, tranne la personale cortesia del sottosegretario Silli. La nostra condizione di nati all’estero, la doppia cittadinanza, il semplice fatto di essere numerosi, tutto ciò, agli occhi di qualuno, ci rende un pericolo per la sicurezza nazionale, hanno scritto proprio così. Servivano modifiche alla legge 91/92? Sì, l’abbiamo detto più volte. L’allora sottosegretario agli esteri Merlo lo ha chiesto nel 2019. Ma andava fatto così? Senza coinvolgere gli eletti all’estero, il Cgie e i funzionari Maeci? Hanno consultato solo burocrati che vivono dietro una scrivania qui a Roma, lontani dalle nostre realtà. E il risultato è un disastro”, ha concluso, testimoniato dal fatto che “a più di 20 giorni dall’entrata in vigore della legge, i Consolati non riescono ad applicarla”.
Più ottimista Walter Petruzziello (Brasile): “le parole di Mattarella ci hanno dato speranza”. E poi, critico contro la legge: “come si fa a dire che i figli minorenni di un cittadino italiano non hanno cittadinanza iure sanguinis? Saranno cittadini per beneficio di legge, con i genitori costretti alla registrazione in Consolato e a pagare 250 euro al Viminale”. Tutto questo “solo per un anno”, con i Consolati già intasati da altro e a pochi giorni dalla sentenza della Corte Costituzionale del 25 giugno.
Così come durante l’intervento degli eletti all’estero, Francesco Papandrea (Australia) ha ripreso la parola per contestare il metodo scelto per gli interventi e il tempo tolto ai consiglieri. Ha quindi sostenuto che “i referendum non si capivano” e che suoi quesiti non si è avuta “nessuna informazione”. Criticato l’ammontare dei fondi agli enti gestori che “sono sempre meno”, richiamando la relazione della segretaria generale, ha sostenuto che “non c’è evidenza del grande lavoro svolto dal Cgie. L’assemblea plenaria è l’organismo sovrano, non il Comitato di presidenza”.
Contrario alla legge sulla cittadinanza anche Nello Gargiulo (Cile): “sì, servivano correzioni” ma le nuove regole fanno altro. “Io – ha ricordato – avevo proposto di prevedere un corso di lingua e cultura propedeutico per avviare la pratica”. Questa legge “ha prodotto una frattura con le comunità”. Quanto al voto all’estero, per eliminare i brogli basterebbe “allegare la fotocopia della carta identità” nel plico.
Critico contro la segretaria generale e contro Di Giuseppe il consigliere Vincenzo Zaccarini (FdI): “Prodi non è stata obiettiva, la sua relazione non ha rappresentato tutto il Cgie: il centrodestra è d’accordo col Governo sul decreto – cittadinanza”, la cui approvazione, secondo il consigliere, non si deve alla maggioranza ma alla “assenza di 179 parlamentari delle opposizioni che potevano cambiare la legge con gli emendamenti”. Quanto all’incontro con Tajani alla Farnesina, che ha visto alcuni consiglieri uscire per protesta, Zaccarini ha sostenuto che “il Minsitro ha da fare cose più importanti di noi, puoi condividere o no quello che dice ma non si esce dall’Aula. Ieri al Quirinale noi non eravamo d’accordo su un piccolo passaggio contenuto nelle parole di Mattarella ma non siamo usciti”, ha detto Zaccarini che ha concluso il suo intervento mandando a quel paese Di Giuseppe che “non riconosce il Cgie”.
Di tutt’altro tenore il contributo del consigliere Juan Carlos Paglialunga (Argentina): “se domani avessi un altro nipote, quel bambino non sarebbe automaticamente italiano”. La riforma crea “parti di famiglie “sospette” per legge”. “Pensate – si è chiesto trattenendo a stento la commozione – che la mia famiglia valga meno della vostra? Come se fossimo un rischio per il Paese, come i terroristi?”.
“Gli italiani si rispettano” le parole che Antonio Iachini (Venezuela) ha indirizzato all’onorevole Di Giuseppe. Quanto al voto all’estero, “in Venezuela non sono arrivati i plichi per un errore di un funzionario: ma chi li manda questi funzionari all’estero? Il ministro, non il Cgie. e allora controllate al Ministero quello che state facendo”.
A chiudere il dibattito mattutino è stato il senatore Roberto Menia (FdI) che ha ribadito la sua posizione a favore della riforma della cittadinanza che è un “concetto diverso dalle “origini”, un concetto che è prima di tutto spirituale”. In questi anni “ci sono stati quanti hanno mantenuto attaccamento, lingua e cultura, quanti non lo hanno fatto. Non si può dare il passaporto a chi non ha nulla a che fare con l’Italia per 5 o 6 generazioni. Questa non è identità”. Certo, ha ammesso, “il testo era perfettibile”. Ora, ha anticipato, l’attenzione si sposterà sulla legge elettorale e quindi, “sicuramente anche sul voto all’estero”. “Io – ha concluso – sono per il voto elettronico, che so molto difficile, ma la truffa del voto per corrispondenza deve finire”. (m.c.\aise)