Vaccaro (Cgie): costruire un clima dove il dissenso sia accolto come ricchezza, ma espresso con equilibrio

GINEVRA\ aise\ - “Caro Paolo, mi rivolgo a te con il massimo rispetto, ma idealmente queste mie parole sono indirizzate a tutti i colleghi che, in un modo o nell’altro, dimostrano senso di responsabilità, rispetto per le istituzioni e soprattutto senso di appartenenza a questo importante organismo che è il CGIE”. A scrivere è Carmelo Vaccaro, consigliere del Cgie per la Svizzera, che indirizza le sue riflessioni a Paolo Dussich, in Consiglio generale in quota Ctim, che nei giorni scorsi aveva criticato in una nota la governance del Consiglio generale degli italiani all’estero.
“Scrivo per condividere una riflessione sincera, nata da un sentimento profondo di partecipazione e coinvolgimento verso il compito che tutti noi abbiamo assunto. Ho letto con dispiacere alcuni passaggi apparsi sull’AISE relativi a contrasti tra te e il CdP. Ritengo, e te lo dico con spirito costruttivo, che tali dinamiche, se pur legittime, debbano trovare spazio all'interno delle sedi opportune e tra i diretti interessati, evitando che diventino oggetto di attenzione pubblica attraverso i canali mediatici. Non perché non si debba essere trasparenti, ma perché il confronto, per essere efficace, ha bisogno prima di tutto di fiducia e di un dialogo diretto e rispettoso. E in questo caso, mi pare che una risposta interna sia comunque arrivata, senza dover passare per le agenzie stampa.
La Plenaria appena conclusa è stata per me un'occasione preziosa per conoscere più da vicino ognuno di voi. Ho potuto apprezzare le competenze, la passione, ma anche i limiti e le fragilità che, inevitabilmente, tutti noi portiamo. In particolare, ho riconosciuto in te, come anche in Arcobelli e Zaccagnini, delle qualità personali e istituzionali che meritano rispetto e valorizzazione. Abbiamo saputo lavorare insieme, essere uniti quando era necessario, e questo ha mostrato che, nonostante le differenze, siamo in grado di costruire qualcosa di buono quando prevale lo spirito di collaborazione.
Proprio per questo, mi ha colpito negativamente il clima che si è generato durante il punto dedicato alla “Governance”. Il mio disappunto non riguarda tanto i contenuti emersi, quanto piuttosto i toni e le modalità con cui è stata portata avanti una critica, che è sembrata trasformarsi in una requisitoria nei confronti della nostra Segretaria Generale. Criticare è lecito, ed è anzi doveroso quando si ritiene necessario, ma farlo con equilibrio, misura e rispetto è ciò che ci distingue come rappresentanti istituzionali. Nessuno di noi è perfetto, e proprio per questo dovremmo sforzarci di mantenere un clima di rispetto reciproco e di collaborazione, ricordando sempre che “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.
Il senso di appartenenza a questo Consiglio deve essere il collante che ci tiene uniti. Significa riconoscere che, al di là delle differenze di opinioni o delle legittime divergenze politiche, siamo chiamati a servire un fine comune: rappresentare con responsabilità, dignità e visione la vasta e variegata comunità italiana nel mondo. Questo compito ci richiede maturità istituzionale, capacità di ascolto, rispetto delle regole, ma soprattutto rispetto delle persone.
Siamo rappresentanti, non solo funzionari o membri di un organo: siamo punti di riferimento per milioni di connazionali che guardano a noi come voce istituzionale, come strumento di dialogo tra l’Italia e i suoi figli nel mondo. Non possiamo tradire questa fiducia cadendo in logiche di divisione, in atteggiamenti che alimentano conflittualità invece che confronto.
Personalmente credo che l'unità, il rispetto e la lealtà interna siano valori imprescindibili. Solo se sapremo restare uniti, nel rispetto delle nostre diversità, potremo davvero onorare il compito che ci è stato affidato. Dividersi per affermare una visione personale o un posizionamento politico rischia di compromettere la credibilità stessa del CGIE. E questo, a mio avviso, non possiamo permettercelo.
Essere uniti non significa rinunciare al dibattito, né annullare le nostre differenze. Significa affrontarle con senso delle istituzioni, con la consapevolezza che ogni parola detta, ogni gesto compiuto, ha un peso e può influenzare non solo il clima interno, ma anche il modo in cui siamo percepiti all’esterno.
Dobbiamo tutti lavorare per costruire un clima dove il dissenso sia accolto come ricchezza, ma espresso con equilibrio; dove le regole del CGIE siano rispettate da tutti, e dove il ruolo della Segretaria Generale e del Comitato di Presidenza sia riconosciuto nella sua piena dignità. Se ci sono divergenze, affrontiamole insieme, con chiarezza ma anche con rispetto, evitando accuse generalizzate o contrapposizioni sterili.
Ti scrivo tutto questo, caro Paolo, perché so che sei una persona intelligente e appassionata, e so che credi nel valore di questo organismo. Ti invito, con franchezza e fiducia, a farti promotore, come credo tu possa essere, di un clima più sereno, più rispettoso e più coeso. Lo dobbiamo a noi stessi, al nostro impegno, e soprattutto ai 7 milioni e 200 mila italiani che contano su di noi e che meritano il nostro meglio”. (aise)