Storia dell'emigrazione italiana in Europa: uscito il secondo volume a cura di Toni Ricciardi

ROMA\ aise\ - È uscito nei giorni scorsi il secondo volume della “Storia dell'emigrazione italiana in Europa” (Donzelli editore – 232 pagine, 25,65 euro) a cura di Toni Ricciardi, storico delle migrazioni e deputato Pd.
Questo secondo tomo – che raccoglie i saggi di Anna Badino, Corrado Bonifazi, Toni Ricciardi, Sandro Rinauro, Gaetano Sabatini e Matteo Sanfilippo – riguarda in particolare gli anni dal 1957 al 1979, “Dal Trattato di Roma all’elezione del Parlamento europeo”.
Questo volume segue il primo “Dalla Rivoluzione francese a Marcinelle (1789-1956)”. Completeranno la collana altri due tomi: “Dalla generazione Erasmus al Trattato di Nizza (1987-2001)” e “Dall’euro al Covid-19 (2002-2022)”.
LA SCHEDA DELL’EDITORE
“La firma del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 ebbe un impatto enorme nello sviluppo dei processi migratori in Europa. Con l’art. 48, che di fatto sancì la libera circolazione dei lavoratori all’interno dello spazio comunitario, il processo di avvicinamento di interessi fino a quel momento contrapposti divenne un pilastro della futura, lenta e non sempre facile costruzione e convivenza europea. Le elezioni dirette del Parlamento europeo del 1979 rappresentarono un ulteriore momento di cesura di questa storia iniziata all’indomani della Rivoluzione francese e conclusasi nelle viscere di Marcinelle”.
Il Trattato di Roma, che nel marzo 1957 segnò in maniera decisiva il futuro processo di integrazione europea, rappresentò la risposta più alta alla tragedia di Marcinelle dell’anno precedente, nella quale l’Italia aveva subito il maggior numero di vittime.
L’appuntamento di Roma diede concretezza alla Conferenza di Messina del 1955, nella quale la libera circolazione della forza lavoro tra paesi fondatori doveva rappresentare il punto di svolta, e vide l’Italia partecipare come un nuovo soggetto, che sedeva a pieno titolo al tavolo delle grandi potenze economiche del tempo. Gli accordi di emigrazione trovarono la loro massima consacrazione con una ulteriore direttrice, quella dell’allora Repubblica federale tedesca, pronta dagli anni sessanta ad accogliere lavoratori nelle proprie industrie automobilistiche.
Nel contesto della definitiva divisione in blocchi contrapposti, l’Italia, tra i paesi fondatori della nuova Europa, rimaneva un serbatoio di manodopera, ma allo stesso tempo si apprestava a vivere i fasti del suo pur breve miracolo economico. La provincia italiana – in primis i piccoli comuni del Meridione, il Nord con minore intensità rispetto al passato – continuava ad alimentare i flussi migratori, quasi esclusivamente rivolti verso l’Europa e in particolare verso le ripristinate industrie tedesche.
In questa fase, il modello del lavoro stagionale ebbe la sua massima applicazione, modificando non solo l’approccio verso il lavoro, ma anche gli assetti delle periferie dei grandi centri urbani europei, con le baracche che ospitavano i lavoratori migranti. A chi partiva per una stagione di lavoro veniva vietato, in molti casi, il ricongiungimento familiare e di conseguenza in questo periodo prese forma il fenomeno dei bambini clandestini, diffuso in particolare in Svizzera, paese nel quale il 30 agosto 1965 si consumò l’ultima grande tragedia dell’emigrazione italiana, Mattmark.
Contestualmente, tra la fine degli anni cinquanta e settanta, il processo di integrazione europea visse lo slancio decisivo.
Nel 1979, con le prime elezioni dirette del Parlamento, l’Europa politica, non solo quella economica, avviò la lenta definizione di una nuova cittadinanza europea, nata dalla Rivoluzione francese, forgiatasi nella tragedia di Marcinelle, che vivrà la propria stagione d’oro nei decenni immediatamente successivi – come vedremo nel terzo volume di quest’opera – e fasi alterne con l’avvio del nuovo millennio, come vedremo nel quarto e ultimo volume. Le migrazioni non sono mai state solo il risultato della ricerca di opportunità migliori da parte delle persone, ma anche il frutto di una complessa serie di processi economici e geopolitici.
Allo stesso tempo, le migrazioni sono probabilmente una delle chiavi interpretative, tra le più significative, per comprendere il lungo processo della storia della globalizzazione, intesa nel suo senso più ampio e onnicomprensivo. Per questa ragione, i quattro volumi di Storia dell’emigrazione italiana in Europa – dalla Rivoluzione francese fino ai giorni del Covid-19 – si sviluppano attraverso l’analisi delle direttrici, delle dinamiche e delle politiche migratorie poste in essere dall’Italia e dai paesi europei. L’emigrazione prima e la mobilità poi sono gli elementi primari per definire la cronologia degli eventi, a cui, senza tralasciare i momenti di cesura tradizionali della storia europea e italiana, viene intrecciata la cronologia della costruzione dello spazio comune europeo. (aise)