Cittadinanza: il rammarico e le perplessità dell'Associazione Trentini nel mondo

TRENTO\ aise\ - “Rammarico”, “perplessità”, “irritazione”, “illogicità”. Così, con questi aggettivi, il Consiglio Direttivo dell’Associazione Trentini nel mondo ha commentato il Decreto Cittadinanza approvato a fine marzo dal Governo. Lo ha fatto dopo la riunione a Trento dello scorso 7 aprile, voluta proprio per discutere riguardo al nuovo Decreto. Rammarico, perplessità, irritabilità e illogicità vengono soprattutto dal contenuto del provvedimento che introduce nuove e “stringenti restrizioni” alla trasmissione della cittadinanza italiana per discendenza, in particolare per chi è nato all’estero da genitori italiani. Ma non solo, anche per ciò che concerne il riacquisto della cittadinanza, del tempismo dell’approvazione, per la costituzionalità del decreto e per il mancato riconoscimento del ruolo degli italiani all’estero per l’Italia.
Secondo l’Associazione, questo provvedimento “non si limita ad arginare le richieste di riconoscimento della cittadinanza Iure Sanguinis per quanti non ne hanno ancora fatto richiesta, ma ostacola la trasmissione della cittadinanza italiana per chi nasce all’estero da genitori italiani”. Per questo, secondo i Trentini nel mondo “si tratta di un provvedimento non condivisibile perché presenta aspetti che suscitano dubbi sulla sua legittimità giuridica, perché disconosce il ruolo degli italiani all’estero, oltre ad apparire illogico. Così com’è stato formulato, rischia di creare danno più che beneficio all’Italia e agli Italiani”.
L’Associazione ha poi spiegato che la Costituzione italiana, all’articolo 77, prevede che i decreti di urgenza siano consentiti solo in presenza di una reale e comprovata necessità, che in questo caso specifico “non sembra sussistere”. Il provvedimento, secondo i Trentini, “limita, con esecutività immediata, un diritto fondamentale come quello della cittadinanza, introducendo ex novo principi giuridici quali il “legame effettivo” finora mai considerati nel nostro ordinamento sulla cittadinanza”. È quindi “una riforma senza precedenti dei principi fondamentali che hanno plasmato la cittadinanza italiana per generazioni”.
Anche riguardo il tempismo di approvazione, l’Associazione si è detta “sorpresa ed irritata”: “è stato emanato in anticipo rispetto alla seduta del 24 giugno prossimo della Corte Costituzionale, quando verrà esaminata la costituzionalità dell’articolo 1 della Legge 5 febbraio 1992, n° 91 (“Nuove norme sulla cittadinanza”), che attribuisce la cittadinanza, Iure Sanguinis, ai figli di cittadini residenti all’estero, senza che sia previsto alcun limite temporale o generazionale”.
E non solo, poiché, come ha voluto ricordare la Trentini nel Mondo, “la Costituzione non prevede alcun obbligo di residenza per l’esercizio dei diritti, ma anzi stabilisce esplicitamente il diritto di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi (articolo 16) e riconosce la libertà di emigrazione (articolo 35)”.
Rispetto al ruolo degli italiani all’estero, l’Associazione ha spiegato ancora la propria perplessità: “il decreto non considera la lunga tradizione di rispetto e riconoscenza che l’Italia ha sempre mostrato nei confronti dei propri emigranti, che attraverso le rimesse inviate dall’estero contribuirono al sostentamento dei familiari rimasti in patria. Disconosce la forza che la collettività degli Italiani all’estero rappresenta per il nostro Paese, per le relazioni politiche, culturali e commerciali”. Citando l’esempio degli Stati di Santa Catarina, Paranà e Rio Grande do Sul, in Brasile, dove risiede una numerosa comunità di origine trentina, nel 2024 hanno importato prodotti Made in Italy per un valore di oltre un miliardo di euro.
L'"illogicità" si palesa, secondo l’Associazione, perché “il decreto prevede che un cittadino italiano nato all’estero trasmetta la cittadinanza ai figli solo se ha vissuto almeno due anni in Italia prima della nascita dei figli. Per ottemperare a questo requisito un cittadino italiano nato all’estero dovrebbe rientrare per due anni in Italia e poi “riemigrare” prima della nascita dei figli. Ovvero o rientrare per due anni durante la minore età (con i genitori si suppone), oppure tornare temporaneamente in Italia per due anni prima della nascita dei figli, vale a dire durante gli anni della formazione. Quanti possono permettersi di sostenere due anni di università in Italia? Sarebbe stato più logico abolire del tutto il principio dello Ius Sanguinis”.
Secondo l’Associazione, quindi, i benefici che porterà questo decreto sono pochi. In primo luogo, “la conseguenza più evidente del decreto sarà una significativa riduzione del numero degli Italiani residenti all’estero, con la progressiva cancellazione di tutti i discendenti di italiani nati all’estero e, in prospettiva, il definitivo allontanamento dall’Italia delle comunità di oriundi che in tutto il mondo promuovono e coltivano vincoli effettivi ed affettivi con il nostro Paese”. I testi del decreto e dei disegni di legge del Governo, così come sono formulati ad oggi, “disconoscono e mortificano i valori dell’italianità nel mondo, dove milioni di nostri concittadini quotidianamente contribuiscono positivamente alla reputazione internazionale del nostro Paese. Attraverso di loro l’Italia è un Paese conosciuto, rispettato e amato in tutti i continenti, lo stile di vita italiano è riconosciuto e apprezzato, i nostri prodotti sono considerati sinonimo di qualità e buon vivere”.
La Trentini nel mondo, dunque, ha spiegato di sostenere la richiesta fatta da UNAIE (Unione Nazionale Associazioni di Immigrazione ed Emigrazione), volta a cercare di avere un incontro con il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, “per un confronto sulle modifiche da apportare durante l’iter di approvazione del decreto da parte del Parlamento”. In particolare, ritiene “indispensabile” prevedere che “il diritto all’ottenimento automatico della cittadinanza sia riconosciuto fino ai discendenti di terzo grado, senza il vincolo dell’essere nato in Italia e, per i discendenti oltre la terza generazione, che il riconoscimento della cittadinanza italiana sia subordinato all’esistenza di un “legame effettivo” che prescinde dalla residenza (come ad esempio la conoscenza degli elementi di base della cultura italiana, il possesso di un titolo di studio italiano ancorché conseguito all’estero, la proprietà di immobili e beni mobili in Italia, soggiornare frequentemente per periodi anche inferiori all’anno in Italia).
Infine, ha chiesto anche “l’introduzione di maggiori controlli per evitare il riconoscimento di cittadinanze fittizie e l’inasprimento delle sanzioni per coloro che presentano documentazioni non veritiere”. (aise)