Cittadinanza/ Trinacria – USEF Cile: tra 10 anni la nostra associazione non avrà più membri cittadini italiani

SANTIAGO\ aise\ - Il Governo dovrebbe fare un passo indietro sulla riforma della cittadinanza per “non chiudere la porta” a quanti “erano in procinto di bussare con rispetto e convinzione”, recidendo “legami” con la terra degli avi e modificando la composizione delle associazioni all’estero. Questo, in sintesi, quanto richiesto da Trinacria – USEF Associazione Siciliani del Cile in una “lettera aperta” inviata al Governo e alla Regione mentre in Senato prosegue l’esame del decreto cittadinanza.
“Noi membri della comunità di siciliani e discendenti di emigrati siciliani in Cile”, si legge nella lettera, “non facciamo parte di una migrazione recente né motivata da opportunità economiche attuali. I nostri genitori, nonni e bisnonni arrivarono in Cile negli anni più difficili del ventesimo secolo: tempi di guerra, fame e disperazione. Lasciarono la loro amata Sicilia con il cuore spezzato, non per mancanza d'amore verso la patria, ma per necessità di sopravvivere. Giunsero in un Cile che li accolse con speranza, ma anche con molte difficoltà. Lavorarono duramente, nei campi, nei porti, nell'edilizia, come venditori ambulanti. Si ricostruirono una nuova vita con dignità e sacrificio, senza mai dimenticare la terra che li aveva visti nascere”.
“Nel corso degli anni, - prosegue la “lettera aperta” – i nostri nonni ci hanno trasmesso la lingua, la storia, il cibo, i santi, i valori, la cultura e, soprattutto, la promessa immancabile di tornare in un modo o nell’altro in quella Isola amata perché siamo italiani. Sebbene non tutti siamo nati lì, molti di noi sentono un senso di appartenenza profondo”.
“Provenendo da una emigrazione antica”, si sottolinea, “la maggior parte di noi appartiene alla terza o quarta generazione”, eppure “il cuore è ancora in Italia. Ma i nostri figli, nipoti e pronipoti non potranno mai ritornare in Italia da italiani, magari per studio, lavoro, per farsi una vita nel Bel Paese. Veramente, allora, siamo italiani come dice la Costituzione?”.
La riforma sulla cittadinanza, continua l’associazione, “limita il diritto alla discendenza a solo due generazioni ed esigendo condizioni che molte famiglie umili non potranno soddisfare, quindi queste persone sono di fatto già escluse dalle nuove norme. Ma – si chiede l’Usef Cile – si può essere esclusi solo in virtù di una pratica amministrativa che mette in discussione la nostra identità culturale, la nostra memoria condivisa, il nostro legame emotivo con l'Italia e classifica gli italiani in cittadini di diverse categorie? Noi scriviamo queste righe con spirito di confronto e con il desiderio di essere ascoltati per rispetto dei nostri antenati: siamo parte dell'eredità viva dell'Italia nel mondo e, come associazione, manteniamo vive le sue tradizioni, la sua lingua, il suo spirito”.
“Ci addolora che ci vengano chiuse le porte proprio quando volevamo bussare con rispetto e convinzione; è demotivante – sottolinea l’Usef Cile – immaginare che in 10 o 15 anni la nostra associazione non avrà più membri cittadini italiani”.
“Abbiamo fede che il Governo italiano, il Parlamento e anche le regioni possano riconsiderare questa decisione con uno sguardo più ampio per il buon futuro dell’Italia. Uno sguardo – concludono i siciliani in Cile – che includa anche coloro che, pur lontani dai suoi confini, da un paese chiamato Cile, dal sud del mondo, si considerano una risorsa che estende l'identità italiana ben oltre i suoi confini e che continuano a sentirsi autentici siciliani e, per tanto, italiani”. (aise)