A piedi nudi (Una ruga in più) di Vanni Spagnoli

ROMA\ aise\ - Si intitola A piedi nudi (Una ruga in più) la nuova raccolta di poesie di Vanni Spagnoli (Youcanprint 2025) che l’autore apre con dubbi che scuotono la coscienza: serve ancora cercare le parole, meditarle, strapazzarle per denunciare la deriva verso cui l’egoismo e la sete di comando di pochi stanno trascinando il destino del mondo?
Fortuna per chi lo legge, quel dubbio si dissipa nella convinzione che, sì, bisogna mantenere viva la speranza per raccontare alle generazioni che verranno la notte che sta oscurando l’umanità.
Nei suoi versi ritroviamo la violenza cieca e senza senso, ed emblematico è quell’orologio che da più di quarant’anni è fermo all’attimo prima che l’inferno cancellasse vite e progetti. Ma c’è anche Auschwitz, le strade di Belfast, il Kamikaze e le armi, tante, che quando sono presenti prima o poi si useranno.
Nella poesia di Vanni Spagnoli c’è tutto: il dolore, la rabbia, la speranza e il mare con il suo potere catartico e la speranza di un approdo alla terra promessa.
La splendida copertina dentro la quale ha protetto i suoi canti sintetizza tutto: davanti a uno scenario di morte e distruzione ci sono un vecchio e un bambino che si tengono per mano e, come in un verso di Francesco Guccini, vanno insieme incontro alla sera.
Qualcuno ci ha lasciati “A piedi nudi” sulle ricchezze, le miserie e gli inganni di bombe truccate di colore.
Incapaci di evocare il senso dell’umano, davanti agli orrori del mondo sprofondato nel buio più profondo, non resta che imprecare quel Dio qualunque esso sia per affidargli una rabbia impotente e una voce priva di parole.
Non torneranno più le rondini al nido, dicono con mestizia e nostalgia alcuni versi di Spagnoli. Con gli occhi cuciti di nero sono volate lontane da urla, dal clamore di missili e bombe e da scheletri osceni di case.
Nella ruga in più ritorna la tenerezza di occhi che guardano ancora all’amore, ma anche la tristezza in quelli che non vedranno sorgere la lama di luce in un cielo stellato.
La commozione per il suo “Migranti” pervade il cuore. Lì, dove il Mondo finisce, anche se il buio addormenta i colori, restano le stelle a scavare l’orizzonte che l’alba rivestirà di giallo e uno zaino a contenere la vita e i sogni.
E sebbene le lacrime e il sangue dei bambini si mescoleranno con la polvere sollevata dalle bombe torneranno di nuovo maggio, la natura eterna con le sue stagioni e le rose si riaccenderanno di un rosso vermiglio.
Ci sarà “una ruga in più” nel tessuto dell’anima, ma si potrà ancora correre scalzi sfidando l’asfalto tiepido della sera, mentre un nugolo di lucciole confonderà persino le stelle che resistono nel cielo e i suoni torneranno a morire tra i rami. (rita sacconi\aise)