In ricordo di Franco Di Mare - di Sira Miori

ROMA\ aise\ - Oggi, nella Chiesa degli Artisti di Roma, si saluta Franco Di Mare, giornalista di valore, coraggioso e generoso, dal carattere aperto e gioviale tipico delle sue origini napoletane, di cui andava fiero.
Dopo tante battaglie raccontate e vissute in prima linea, si è dovuto arrendere nella sua lotta contro un male incurabile, che lo ha colpito e ucciso, come ormai tanti giornalisti e civili, impegnati in ambienti di guerra, inquinati dalle polveri dell'uranio impoverito e dalla presenza di amianto.
Figlio della tradizione giornalistica napoletana e formatosi nella fucina de l'Unità di Napoli, giornalista d'inchiesta e capo redattore, è poi passato alla RAI nel 1991.
È stato per molti anni inviato di guerra, nei teatri dei conflitti del mondo di questi ultimi decenni: dall'Afghanistan, all'Iraq, al Libano, all'America centrale, alla Somalia al Mozambico, al Rwanda..., fornendoci dure e impietose testimonianze degli orrori delle guerre, del sacrificio dei civili e della corruzione che sfrutta i deboli e gli indifesi. Sempre in prima linea per un'informazione vera, corretta, inedita e comunque densa di umanità.
È stato un coraggioso testimone soprattutto della guerra che, negli anni 90, ha insanguinato la ex Jugoslavia: prima dal fronte, come inviato, e poi, a causa delle minacce ricevute, dagli studi della RAI di Roma, anche come conduttore di trasmissioni televisive per Rai 2 e Rai 1.
Ha scritto diverse opere, pubblicate dalla casa editrice Rizzoli, sempre a sfondo autobiografico, ispirate dalle sue esperienze di lavoro giornalistico: Il cecchino e la bambina (2010), Non chiedere perché (2011), Il paradiso dei diavoli (2012), Il caffè dei miracoli (2015), Il teorema del baba (2015), Barnaba e il mago (2018), Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi (2024). Tutte percorse da un Leitmotiv incessante: quello della lotta per sopravvivere e far prevalere "la vita dentro la guerra", unitamente agli inquietanti interrogativi - di primaria attualità anche oggi - su cosa spinga l'uomo ai conflitti e a comportamenti disumani, nelle carneficine, che coinvolgono sempre tanti innocenti.
La sua opera più conosciuta è il romanzo "Non chiedere perché" (Rizzoli BUR 2011), sempre a sfondo autobiografico, che narra la sua esperienza di giornalista e inviato di guerra nei Balcani, dalla Bosnia Erzegovina, alla Serbia, al Kosovo: un'opera intensa e coinvolgente, testimonianza preziosa che unisce fatti di atroce violenza a momenti di profonda umanità. Le vicende narrate sono ambientate in massima parte a Sarajevo, tra le macerie della capitale della Bosnia-Erzegovina sotto il tiro dei cecchini. E a Visegrad, la cittadina collocata, dagli accordi di Dayton del 1995, nella Repubblica Srpska di Bosnia-Erzegovina di espressione serba, posta sulla confluenza dei fiumi Rzav e Drina, allora al centro di una zona di aspri combattimenti della guerra dei Balcani, per la sua posizione strategica, tra il confine bosniaco-musulmano e l'area serbo-ortodossa, divisa dalla Drina, il fiume protagonista del romanzo "Il ponte sulla Drina" dello scrittore Ivo Andric, premio Nobel per la letteratura nel 1961.
Quest'opera di Franco Di Mare, finalista al Premio Bancarella, è una rara e impietosa testimonianza delle atrocità e dei massacri del nazionalismo esasperato dei nostri tempi, della bestialità umana che ha portato all'abisso della "pulizia etnica" di cui sono stati vittime bambini, donne, uomini solo perché bosniaci musulmani.
È strettamente connessa alla sua vicenda umana, legata all'adozione come figlia, di una bimba di dieci mesi, incontrata casualmente in un orfanatrofio di Sarajevo, colpito da un bombardamento nel luglio del 1992. Stella era rimasta orfana di entrambe i genitori, uccisi dalla follia delle milizie serbo-bosniache dell'esercito di Karadzic e Mladic, poi condannati come criminali di guerra dal Tribunale Penale Internazionale de l'Aja. Il regista Enzo Monteleone, nel 2016, ha tratto il film "L'Angelo di Sarajevo", che Rai 2 ha trasmesso proprio venerdì sera.
Non posso dimenticare la soddisfazione di Franco Di Mare all'annuncio, il 23 dicembre 2014, che il Ministero degli Affari Esteri aveva attribuito un premio-sostegno alla traduzione del romanzo in bosniaco di Assa Hadzihasanovic, pubblicato dall'editore Art Rabic di Sarajevo. Allora eravamo in una Bosnia-Erzegovina considerata come "area prioritaria" per la politica culturale del Ministero. Stava infatti preparando la sua domanda di candidatura all'entrata nell'Unione europea, con status di candidato ottenuto molti anni dopo, nel 2022, e avvio dei negoziati approvato il 21 marzo scorso dal Consiglio europeo.
Era il Natale 2014, e Franco Di Mare, con la sua verve napoletana, accolse la notizia come... "un bel regalo di Natale". Ciao, Franco!
Ti immagino sempre in prima linea, anche lassù... (sira miori*\aise)
* già Direttrice degli IIC a Bruxelles e a Belgrado, Coordinatrice d’area geografica, Consigliere per gli Affari culturali dell'Ambasciata d'Italia