L’Economia del mare in Italia vale 216,7 miliardi di euro pari all’11,3% del PIL

ROMA\ aise\ - Con 232.841 imprese e 1.089.710 di occupati, l’Economia del mare in Italia genera un valore aggiunto diretto pari a 76,6 miliardi di euro, che, se consideriamo il valore attivato nel resto dell’economia, raggiunge i 216,7 miliardi di euro, pari all’11,3% del PIL nazionale. Un settore in netta crescita in ogni suo aspetto. Questo è quanto emerge dal XIII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare 2025, presentato ieri al MIMIT in apertura del Blue Forum 2025 e realizzato dall'Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare e Centro Studi Tagliacarne - Unioncamere.
Il rapporto spiega infatti come cresce il valore aggiunto diretto con un +15,9%, pari a più due volte la crescita media italiana ferma al 6,6%. Cresce anche il peso dell’economia del mare sul valore aggiunto complessivo di più di 1 punto percentuale rispetto a quanto rilevato dal XII Rapporto del 2024.
Il moltiplicatore di quest’anno resta stabile a 1,8. Ossia per ogni euro speso nei settori direttamente afferenti alla filiera mare se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia. Crescono gli addetti, con un aumento occupazionale del +7,7%, più di quattro volte quello registrato nel Paese (+1,9%).
Nel biennio 2022-2024 è cresciuto anche il numero delle imprese, con un +2% in controtendenza con l’economia nazionale che si attesta su un -2,4%.
“Il Rapporto contiene elementi estremamente significati sulle reali potenzialità del nostro Paese per sviluppare una vera, significativa e trainante economia del mare che rappresenta uno dei principali comparti su cui si può appoggiare il nostro sistema Paese”, ha commentato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, aprendo la conferenza stampa di presentazione.
Come ogni anno, la tredicesima edizione del Rapporto, punto di riferimento nazionale ed europeo nella definizione del valore della Blue Economy italiana, ha messo sotto la lente di ingrandimento i diversi settori che compongono la forza produttiva “blu”: le filiere dell’ittica e della cantieristica, i servizi di alloggio e ristorazione, le attività sportive e ricreative, l’industria delle estrazioni marine, la movimentazione di merci e passeggeri, la ricerca, regolamentazione e tutela ambiente.
All’evento di presentazione, aperto dal Ministro Urso, sono intervenuti anche il Presidente di Unioncamere Andrea Prete, il Presidente di Assonautica Italiana, Si.Camera e Camera di Commercio Frosinone Latina Giovanni Acampora, il Direttore Generale del Centro Studi Tagliacarne Gaetano Fausto Esposito e il Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare OsserMare Antonello Testa. A impreziosire i lavori una tavola rotonda moderata da Roberta Busatto con: Francesca Biondo – Presidente Osservatorio della Pesca, Francesco di Cesare – Presidente Risposte Turismo, Cetti Lauteta - Partner di The European House Ambrosetti, Alessandro Panaro - Head Maritime & Energy SRM e Luciano Serra – Presidente Centro Studi sulla portualità turistica di Assonat.
A chiudere il confronto la Sen. Simona Petrucci, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per l’Economia del mare. I lavori del Blue Forum 2025 proseguiranno il 10 e 11 luglio presso Unioncamere.
“La blue economy - ha sottolineato Andrea Prete, Presidente di Unioncamere - si caratterizza non solo per il contributo crescente allo sviluppo dell’intera economia nazionale, ma anche per la vivacità imprenditoriale. Tra 2022 e 2024 le imprese sono cresciute del 2% a fronte di una contrazione della base complessiva del 2,4%. È anche una economia più inclusiva dal punto di vista territoriale, perché in termini di valore aggiunto complessivo (diretto e indiretto) incide nel Mezzogiorno per il 15,5% sul totale dell’economia a fronte di un dato medio italiano dell’11,3%, malgrado al Sud ci sia una minore capacità di attivare gli altri settori della filiera rispetto al resto del Paese. A fronte di questi risultati si confermano le difficoltà nel reperimento della forza lavoro rispetto alle altre imprese, in particolare per le competenze di tipo tecnico e per quelle trasversali. Da ciò la tradizionale attenzione posta dal sistema camerale all’irrobustimento della delle filiere del settore e allo sviluppo delle risorse umane”.
“I dati indicano che è stato raggiunto il picco più alto dell’economia del mare a partire dal 2019. Anche il contributo della blue economy alla crescita del complesso dei beni e servizi prodotti in Italia è crescente nel tempo perché è passato dal 5,8% del 2021 all'attuale 9,5%". È quanto ha evidenziato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, che aggiunge: “tuttavia occorre considerare il forte clima di incertezza che caratterizza l'economia: se ci fosse un ulteriore aumento di circa il 30% dell'incertezza sperimentata fino ad ora ciò si potrebbe tradurre in una perdita per la blue economy di 1,2 miliardi quasi completamente concentrata nel turismo e nella logistica”.
Secondo Antonello Testa, Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare OsserMare: “L’Economia del mare italiana conferma il suo trend di crescita superando i 216 miliardi di euro di valore aggiunto pari al 11,3% del PIL. I dati confermano la leadership dell’Italia in Europa, a differenza di quanto registrato dal EU Blue Economy Report 2025 che ci colloca al 4° posto come valore aggiunto dopo Germania, Spagna e Francia guardando a un perimetro diverso dal nostro. La sfida dell’Italia si vince solo avendo la piena conoscenza dello scenario marittimo in cui ci muoviamo e della sua evoluzione in modo rapido e puntuale ed è quello che noi istituzionalmente, insieme al Centro Studi delle Camere di commercio G. Tagliacarne – Unioncamere, facciamo da più di tredici anni”. (aise)