Meloni: abbiamo bisogno di un’Ue che sia un gigante politico, non burocratico
ROMA\ aise\ - Un’Europa “autoreferenziale” che ha perso peso nel mondo perché troppo occupata a moltiplicare le regole al suo interno, diventando così un “gigante burocratico” quando invece dovrebbe concentrarsi su “poche cose” così da tornare protagonista sullo scenario globale. Così la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che questa mattina ha riferito in Parlamento in vista del Consiglio europeo, il primo della nuova legislatura comunitaria.
“Quella che prenderà il via ufficialmente il 16 luglio sarà la decima legislatura del Parlamento europeo”, ha ricordato Meloni. “Il prossimo 16 luglio si insedierà, infatti, il nuovo Parlamento, la cui composizione sarà il frutto delle indicazioni espresse nelle urne, tra i 6 e il 9 giugno scorsi, dai cittadini nei 27 Stati Membri dell’Unione”, ha aggiunto. Ovunque, i partiti “hanno sostenuto la necessità di un cambiamento nelle politiche europee” così da dare all’Unione “una direzione diversa da quella percorsa finora”.
Anche l’affluenza alle urne, ha sostenuto Meloni, è sintomo di “un livello di attenzione e di gradimento per le istituzioni comunitarie sempre più basso”. La ragione, per la Premier, si deve cercare nel fatto che l’Ue “è sempre troppo uguale a se stessa, e a tratti percepita perfino autoreferenziale, tanto da non essere in grado di adeguare la sua strategia a un mondo che attorno cambiava, come se i suoi primati nello scacchiere geopolitico fossero immutabili e non invece conquiste da difendere e rilanciare”.
Dallo scenario politico a quello economico, l’Ue non può più permettersi una “visione eurocentrica, come se le scelte degli altri dovessero dipendere necessariamente dalle nostre”.
“In questo avvilupparsi su sé stessa fingendo di non vedere il contesto, l’Unione europea si è progressivamente trasformata – come tante volte abbiamo denunciato - in una sorta gigante burocratico”, ha detto Meloni, secondo cui “la percezione che hanno avuto gli italiani e gli europei è quella di un’Unione troppo invasiva, che pretende di imporre ai cittadini cosa mangiare, quale auto guidare, in che modo ristrutturare la propria casa, quanta terra coltivare, quale tecnologia sviluppare, e così via su moltissimi aspetti che riguardano la vita quotidiana. E mentre fare questo, di normare tutto, finendo anche col rischio di omologare culture, tradizioni, specificità geografiche e sociali, rimane invece più debole sulla sua capacità di incidere sugli scenari globali, di avere autorevolezza e credibilità nelle aree di crisi, di avere una politica estera e di sicurezza comune, di controllare le sue catene di approvvigionamento fondamentali, con il risultato di rendersi sempre più vulnerabile agli shock esterni”.
L’Europa “ha di fronte oggi è un compito molto arduo” cioè “ripensare completamente alle sue priorità. Personalmente continuo a ritenere che la risposta a questo declino stia nella necessità di fare meno e di farlo meglio”. L’Ue dovrebbe “concentrarsi su poche, grandi materie, quelle cioè sulle quali gli Stati nazionali non sono in grado di competere da soli, e lasciar invece decidere agli Stati nazionali ciò che non ha bisogno di essere centralizzato. Privilegiare al gigante burocratico che moltiplica regole insostenibili, e a volte incompatibili con la crescita della sua competitività, un gigante politico forte della sua civiltà millenaria, consapevole delle sue ineguagliabili eccellenze in molti campi, e che aiuta i propri sistemi produttivi a competere a testa alta sullo scenario globale”.
Nel concreto, una Ue “protagonista nel mondo” deve “aumentare la propria autonomia strategica”, deve prevedere “risorse” perché “è semplicemente impensabile che un singolo Stato Membro, persino se si trova nella migliore condizione possibile dal punto di vista della capacità fiscale, possa affrontare da solo gli investimenti necessari per alcune delle grandi sfide che l’Europa ha davanti e che dichiara di voler affrontare. Penso certo al rafforzamento della competitività, ma anche alla transizione energetica e ambientale, alla politica di difesa e sicurezza, e ovviamente penso al governo dei flussi migratori”.
Per rendere attrattiva l’Ue per gli investimenti bisogna “applicare anche in Europa il principio che questo governo sta applicando in Italia, ovvero “non disturbare chi vuole fare”. Significa creare le condizioni per consentire a chi vuole investire e fare impresa di farlo al meglio” e quindi “disboscare pesantemente quella selva burocratica e amministrativa che ha finito col rendere il quadro normativo europeo un percorso a ostacoli per le imprese, in particolare per le micro, piccole e medie imprese”. Il nuovo presidente della Commissione Europea “dovrebbe immaginare una delega specifica alla sburocratizzazione, dando così un segnale immediato del cambio di linea che intende imprimere.”
C’è poi da “proteggere le aziende europee dalla concorrenza sleale” e governare “i flussi migratori” perché “l’Europa, culla della civiltà occidentale, non può più tollerare che un crimine universale come la schiavitù, che noi europei siamo stati i primi a debellare secoli fa, sia tollerato sotto altre forme. Ma l’immigrazione irregolare di massa non verrà mai fermata se non si coinvolgono nella lotta ai trafficanti le Nazioni di origine e di transito – come su impulso italiano l'Europa ha già fatto attraverso i Memorandum con Egitto e Tunisia, e dovrà continuare a fare replicando questo modello in molte altre Nazioni – e se non si affrontano a monte le cause che spingono una persona ad abbandonare la propria terra. E anche qui, nell’Agenda strategica, l’Unione europea si impegna ad affrontare le cause profonde della migrazione. Si mette, cioè, nero su bianco un principio che noi sosteniamo da tempo, ovvero che il primo diritto che è nostro compito garantire è il diritto a non dover emigrare, potendo trovare nella propria terra le condizioni per la propria realizzazione”.
Un obiettivo che “presuppone la necessità di costruire un modello nuovo di cooperazione con le Nazioni africane”, approccio “sul quale l’Italia ha fatto scuola con il Piano Mattei per l’Africa”.
La Premier si è detta “convinta che in materia migratoria l’Europa debba cercare soluzioni innovative, come abbiamo fatto noi in Italia. Una di queste soluzioni innovative è certamente quella che abbiamo indicato con il Protocollo Italia-Albania, per processare in territorio albanese, ma sotto giurisdizione italiana ed europea, le richieste di asilo”.
Quanto alla sicurezza dell’Unione “è fondamentale accelerare la strada verso una politica industriale comune nel settore della difesa, aumentando la collaborazione tra i nostri campioni nazionali in una logica di sovranità europea”.
“Dobbiamo anche assumerci le nostre responsabilità”, ha sottolineato Meloni: “in questi anni di conflitti e di minacce alle porte dell’Europa, dobbiamo ricordarci che la libertà e la sicurezza hanno un costo e che per avere pace ai nostri confini dobbiamo essere capaci di esercitare la deterrenza necessaria a raggiungere quell’obiettivo. E questo vale ancor di più se ci poniamo l’obiettivo ambizioso, ma a mio avviso improcrastinabile, di costruire quel solido pilastro europeo della NATO, affiancato al pilastro statunitense, che possa metterci nelle condizioni di affrontare le nuove sfide alla sicurezza, incluse le minacce che investono il Mediterraneo e il Medio Oriente. Posizione che il Governo italiano ha sempre sostenuto, e di cui ci faremo interpreti anche al Vertice NATO previsto Washington tra pochi giorni”. Ciò significa anche “spendere in difesa”.
Tra i temi in agenda anche l’allargamento dell’Ue – “l’Italia sostiene il cammino di avvicinamento all’Europa di tutti i candidati: Balcani Occidentali, Ucraina, Moldova, Georgia” – e la conferma al sostegno della causa ucraina.
È “nell’interesse dell’Europa” anche “compiere ogni sforzo per una soluzione di pace in Medio Oriente, che non può che essere basata sul principio di due popoli, due Stati” e guardare al Mediterraneo, “che sta trovando una sua nuova centralità e ha riscoperto la sua antica vocazione di crocevia di interconnessioni strategiche. Commerciali, energetiche, digitali”.
Quanto all’ambiente, “siamo i primi difensori della natura, ma la vogliamo difendere con l’uomo dentro. In questi anni si è fatto, invece, spesso l’esatto contrario”, ha sostenuto Meloni secondo cui “la prospettiva “green” è stata perseguita anche a costo di sacrificare intere filiere produttive e industriali, come quella dell’automotive”. Ribadita la contrarietà dell’Esecutivo anche alla direttiva sulle “case green”, su cui bisogna “rimettere mano”, Meloni ha citato tra le priorità del suo Governo anche “riportare nelle Istituzioni europee il giusto rispetto per gli uomini e le donne che nella natura vivono e lavorano da generazioni” cioè “agricoltori, allevatori, pescatori”.
Ricordata la “orribile, disumana, morte di Satnam Singh, trentunenne bracciante che veniva dall’India” a causa “dell’atteggiamento schifoso del suo datore di lavoro”, Meloni ha sostenuto che “questa è l’Italia peggiore. Quella che lucra sulla disperazione dei migranti, e sulla piaga dell’immigrazione senza regole. La vergogna del caporalato è lungi dall’essere sconfitta, nonostante gli sforzi compiuti da governi di diverso colore” e il suo intende fare la sua parte.
Nel suo intervento Meloni ha parlato anche dell’inverno demografico dell’Europa – per cui occorrono “investimenti per la natalità” – del prossimo avvio del semestre ungherese alla presidenza del Consiglio europeo e dell’importanza di avere “una volontà politica comune” per “portare avanti questa agenda ambiziosa”.
Gli elettori il 6 e 7 giugno hanno “bocciato le politiche portate avanti dalle forze di governo in molte delle grandi Nazioni europee, che sono anche, molto spesso, le forze che hanno impresso le politiche dell’Unione di questi anni. Questo giudizio negativo emerge dal peso dei seggi ottenuti dai partiti di governo sul totale degli eletti: in Francia le forze di governo hanno eletto soltanto il 16% dei parlamentari europei spettanti a quella Nazione, in Germania il 32%, in Spagna il 34%. Solo l’Italia, tra le grandi Nazioni europee, ha un dato positivo con quasi il 53% degli eletti che è espressione delle forze di governo”.
“Noi siamo convinti che il popolo abbia sempre ragione e che sia dovere di chiunque ricopra un incarico di responsabilità seguire le indicazioni che arrivano dai cittadini”, ha detto Meloni scagliandosi contro chi “vorrebbe sublimare, in questo caso anche a livello europeo, una visione oligarchica e tecnocratica della politica e della società” riferendosi a chi nella prima riunione informale del Consiglio Europeo dopo le elezioni si “è presentato con le proposte di nomi per gli incarichi apicali, frutto delle interlocuzioni tra alcuni partiti, senza neanche fingere di voler aprire una discussione su quali fossero le indicazioni arrivate dai cittadini con il voto”.
Il suo Governo “non intende accettare “la logica dei caminetti” con cui “alcuni pretendono di decidere per tutti, sia per quelli che sono della parte politica avversa, sia per quelli di Nazioni considerate troppo piccole per essere degne di sedersi ai tavoli che contano. Una sorta di “conventio ad excludendum” in salsa europea”.
“I cittadini chiedono un’Europa che sia più concreta e che sia meno ideologica”, sarebbe “un errore importante” imporre una “maggioranza fragile”.
“Non intendo sostenere una tesi diversa da quella nella quale credo, semplicemente per chiedere in cambio un ruolo che all’Italia spetta di diritto”, ha assicurato. “Non mi addentrerò, lo comprenderete, nel merito delle tante interlocuzioni che in questi giorni sto avendo, che continuerò ad avere. Voglio limitarmi a dire che abbiamo chiesto e torneremo a chiedere un cambio di passo politico, prima di tutto. In linea con il messaggio dato dalle urne. E poi ovviamente intendiamo batterci per l’Italia. Noi siamo un Paese fondatore dell’Ue, l’economia italiana è la terza d'Europa, la nostra manifattura è la seconda del Continente, siamo il terzo Stato membro per popolazione, abbiamo primati in tantissimi campi e oggi possiamo contare su una ritrovata stabilità politica e una solidità economica che ci hanno consentito di scrollarci di dosso i troppi pregiudizi dei quali eravamo vittime.”
“Forti di ciò che siamo, e di ciò che l’Italia può ambire ad essere, - ha concluso la Premier – mi auguro che su questo si possa agire con compattezza, e fare gioco di squadra per assicurare che la nostra Nazione sia rappresentata al meglio negli incarichi di vertice dell’Unione europea. Dobbiamo cioè lavorare per vederci riconosciuto ciò che spetta all’Italia come Nazione, non al Governo, non a questo o a quel partito, ma alla Nazione. Non sempre quel peso ci è stato adeguatamente riconosciuto in passato, ma il messaggio che i cittadini ci hanno consegnato con il voto è un messaggio chiaro, e non intendo farlo cadere nel vuoto”. (aise)