Meloni: non “riarmare” ma “difendere” l’Europa/ Italia convintamente con l’Ucraina

ROMA\ aise\ - “Non è un tempo facile quello nel quale ci è stato dato il compito di guidare questa Nazione” ma “con una visione chiara, un po' di coraggio, concentrandosi solo sulle cose davvero importanti, e mantenendo come principale bussola di riferimento il suo interesse nazionale, l’Italia ha tutte le carte in regola per attraversare anche questa tempesta”. Ne è sicura Giorgia Meloni che oggi pomeriggio nell’Aula del Senato ha reso le sue comunicazioni alla vigilia del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo che si occuperà, sì, di temi economici e competitività, ma anche e soprattutto di politica estera, alla luce della rottura del cessate il fuoco a Gaza, dei contatti tra Trump e Putin e del piano “ReArm Europe” presentato da Ursula von der Leyen.
Dopo aver ribadito l’importanza di “rafforzare la competitività” dei sistemi produttivi europei e italiani, anche per “poter offrire servizi sociali adeguati e sempre migliori ai cittadini” e dare opportunità ai giovani, spesso costretti ad emigrare, Meloni ha richiamato la “Bussola per la Competitività”, che “non può più rimanere sulla carta”, e l’impegno dell’Italia per “una politica industriale efficace, che sappia combinare gli obiettivi ambientali con la competitività, rinunciando agli eccessi ideologici che abbiamo purtroppo visto e denunciato in passato”. Citati gli sforzi del Governo sul fronte dell’automotive ma anche per la sburocratizzazione in ambito Ue, l’importanza dell’indipendenza energetica dell’Unione e il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali – tema al centro del Vertice Euro di giovedì pomeriggio – la Premier ha ricordato anche che nel corso del Consiglio europeo ci sarà un primo scambio di opinioni sulla revisione e sulla struttura del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, cioè il bilancio dell’Unione: “un bilancio pluriennale nel quale l’Italia intende indirizzare meglio le risorse, individuare modalità innovative e sempre più efficaci per finanziare le nuove priorità strategiche, difendere al meglio le voci riguardanti le politiche per la coesione e le politiche agricole che, grazie anche alle riforme effettuate da questo Governo, oggi possono raggiungere performance sempre migliori”.
Al centro dei lavori, anche se non formalmente all’ordine del giorno, anche il tema dei dazi e dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti: “un punto da tenere in grande considerazione, soprattutto per una Nazione esportatrice e da molti anni in surplus commerciale come l’Italia”. Per questo occorre “continuare a lavorare con concretezza e pragmatismo, per trovare un possibile terreno d’intesa” così da “scongiurare una “guerra commerciale” che non avvantaggerebbe nessuno, né gli Stati Uniti né l'Europa”.
Sul fronte-migrazioni, Meloni ha rivendicato il ruolo dell’Italia nel riportare il tema al centro dei lavori del Consiglio, confermando che “anche in questa occasione si riunirà il tavolo, che l’Italia promuove insieme a Danimarca e Paesi Bassi e che vede coinvolti i governi maggiormente impegnati nel contrasto all’immigrazione irregolare”. Quanto ai dati, la Premier ha evidenziato “la drastica riduzione degli sbarchi sulla rotta del Mediterraneo centrale, in particolare grazie al crollo delle partenze dalla Tunisia e dalla Libia, e la riduzione complessiva degli ingressi irregolari nella UE, anche sulle altre rotte, come quella balcanica. Nel 2024 gli sbarchi si sono ridotti del 60% rispetto al 2023 e di oltre il 35% rispetto al 2022. E a differenza di quello che ho sentito sostenere, attualmente i numeri di quest’anno sono in linea con quelli del 2024, con piccole oscillazioni, date soprattutto da una complessa dinamica libica”.
“Diminuire le partenze e stroncare il business dei trafficanti è l’unico modo per ridurre il numero dei migranti che perdono la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia e l’Europa”, ha ribadito prima di esprimere soddisfazione per la “proposta della Commissione europea sulla riforma del quadro legislativo europeo sui rimpatri, attraverso il passaggio da una Direttiva a un Regolamento direttamente applicabile nei 27 Stati Membri”. Uno “sviluppo estremamente significativo, anche per armonizzare la prassi dei diversi Stati membri e rendere ancor più efficace l’azione di rimpatrio di chi non ha titolo ad essere accolto sul territorio europeo”. Quanto all’accordo con l’Albania per i centri per i rimpatri, “stiamo seguendo con grande attenzione il ricorso pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia”, con l’auspicio che “la Corte scongiuri il rischio di compromettere le politiche di rimpatrio, non solo dell’Italia ma di tutti gli Stati Membri e dell’Unione Europea stessa, perché significherebbe minare alla base il sistema di Schengen e la stabilità stessa dell’Europa”.
Al centro dei lavori sarà, soprattutto, la politica estera.
“Seguiamo con grande preoccupazione la ripresa dei combattimenti a Gaza, notizia delle ultime ore, che mette a repentaglio gli obiettivi ai quali lavoriamo: il rilascio degli ostaggi, di tutti gli ostaggi, e una fine permanente delle ostilità, così come il ripristino di una piena assistenza umanitaria nella Striscia”, ha detto Meloni, confermando che “l’Italia accoglie con favore il Piano di ricostruzione presentato al vertice del Cairo lo scorso 4 marzo dai Paesi arabi. Per poter muovere verso una sua applicazione, nella prospettiva più ampia di una pace stabile e duratura e della soluzione politica a due Stati, è però necessario che Hamas rilasci gli ostaggi e deponga le armi”.
Quanto alla Siria, “torniamo ad esprimere la nostra preoccupazione per quello che sta accadendo, in particolare dopo gli ultimi brutali attacchi che hanno visto milizie legate al nuovo governo di transizione uccidere centinaia di civili, appartenenti in gran parte alla minoranza alawita, ma colpendo anche la minoranza cristiana. Insieme ai partner europei, siamo impegnati a richiamare il nuovo governo a garantire una transizione democratica, fondata sul rispetto e sulla piena inclusione di tutte le minoranze etniche e religiose, a partire da quelle alawita, cristiana e curda”, ha detto Meloni prima di citare le parole di Papa Francesco, inviando “un affettuoso saluto al Santo Padre, che anche in un momento di prova non ha mai fatto mancare la sua forza e la sua guida”. Altro “aspetto determinante”, ha proseguito la Premier, è “la lotta al terrorismo: non ci devono essere spazi per un nuovo insorgere dell’Isis o ambiguità verso gruppi che intendano fare della Siria una base per organizzazioni terroristiche”.
Sulla “guerra di invasione Russa all’Ucraina”, Meloni ha voluto “ribadire alcuni punti fermi”, primo tra tutti la “nostra ferma e totale condanna della brutale aggressione all’Ucraina, così come il nostro sostegno al popolo ucraino”. L’Italia “si é dimostrata una Nazione solida e credibile, che ha una posizione chiara, e che rivendica il suo spazio sullo scenario globale” e che “con determinazione” è “al fianco del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ogni qual volta viene attaccato per la sola ragione di aver ricordato chi sono gli aggressori e chi gli aggrediti”.
“Dopo più di tre anni di guerra, di sofferenze indicibili per la popolazione civile e perdite ingenti di uomini e mezzi, la Russia controlla circa il 19% del territorio ucraino, e non solo non è riuscita a prendere possesso dell’intera Ucraina, come pensava di fare in appena tre giorni, ma non ha neanche il pieno possesso neppure delle quattro regioni che aveva proclamato “ufficialmente annesse” nel settembre del 2022”, ha aggiunto Meloni, secondo cui “è lo stallo sul campo che oggi può portare all’apertura di negoziati per la pace”. Dunque, “salutiamo positivamente questa nuova fase e sosteniamo gli sforzi del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in questo senso. L’Italia considera la proposta di cessate il fuoco concordata l’11 marzo a Gedda da Stati Uniti e Ucraina un primo, significativo, passo di un cammino che deve portare a una pace giusta e duratura per l’Ucraina”. Un “passo in avanti che deve essere sostenuto compattamente, rimettendo ora la responsabilità di una scelta in capo alla Russia, da cui ci attendiamo concreti e rapidi passi nella stessa direzione”. Queste “sono giornate delicate”, in cui “sia più che mai necessario astenersi dal rincorrere il commento ad ogni singola dichiarazione di ogni protagonista in campo, lavorando invece intensamente sul piano diplomatico, fuori dal clamore”.
“Non è immaginabile costruire garanzie di sicurezza efficaci e durature dividendo l’Europa e gli Stati Uniti”, ha evidenziato Meloni. “È giusto che l’Europa si attrezzi per fare la propria parte, ma è nella migliore delle ipotesi ingenuo, nella peggiore folle, pensare che oggi possa fare da sola, senza la NATO, fuori da quella cornice euro-atlantica che per 75 anni ha garantito la sicurezza dell’Europa e che in questi ultimi 3 anni ha consentito all’Ucraina di resistere. Chi ripete ossessivamente che l’Italia dovrebbe scegliere tra Europa e USA lo fa strumentalmente, per ragioni di polemica domestica o perché non si è accorto che la campagna elettorale americana è finita, dando a Donald Trump - piaccia o no - il mandato di governare e di conseguenza ai partner occidentali di fare i conti con questa America. Chi per ragioni diverse alimenta una narrazione diversa, tentando di scavare un solco tra le due sponde dell’Atlantico, non fa che indebolire l’intero Occidente, a beneficio di ben altri attori”.
Al Governo “non interessa il protagonismo delle parole; ci interessa il protagonismo dei fatti”. Il ruolo dell’Italia “non è quello di seguire acriticamente i partner europei piuttosto che statunitensi, ma al contrario quello di offrire il suo franco punto di vista e se necessario segnalare anche il suo dissenso, perché la posta in gioco è troppo alta. E questo fa una Nazione seria”.
La proposta italiana “prevede l’attivazione di garanzie di sicurezza, tra l’Ucraina e le Nazioni che intendono sottoscriverle, sul modello del meccanismo previsto dall’articolo 5 del Trattato NATO, senza che questo implichi necessariamente l’adesione di Kiev all’Alleanza Atlantica”. I termini dell’art. 5 “non prevedono, come si dice, l’automatica entrata in guerra in caso di aggressione di uno Stato membro. Prevedono l’assistenza alla Nazione aggredita con l’azione che si reputa più necessaria. Il ricorso all’uso della forza è una delle opzioni possibili, ma non è l’unica opzione possibile. E il meccanismo che immaginiamo non sarebbe ovviamente a senso unico, ma permetterebbe alle Nazioni che intendono sottoscrivere le garanzie di poter contare anche sull’Ucraina in chiave difensiva, e oggi l’Ucraina possiede uno degli eserciti più solidi dell’intero continente”. Si tratta di “una proposta che noi reputiamo molto seria, e sulla quale sto riscontrando un consenso crescente”.
Quanto alla difesa, il Consiglio sarà chiamato a confrontarsi sul “Libro Bianco sulla difesa”, il piano “ReArm Europe” proposto da von der Leyen. Un nome che è “fuorviante per i cittadini” perchè, ha spiegato Meloni, “rafforzare le nostre capacità difensive non significa banalmente acquistare armamenti. Intanto, perché non si tratta di acquistarli, magari da Paesi stranieri, quanto semmai di produrli, rafforzando la competitività e sostenendo gli investimenti delle nostre aziende e del nostro tessuto produttivo. Ma, ancor prima, perché rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose, rispetto al semplice potenziamento degli arsenali. In tempi di minacce ibride, la sicurezza è una materia molto vasta. Pensiamo alla difesa dei confini, alla lotta al terrorismo, all’importanza della cyber-sicurezza, soprattutto nell’epoca dell’intelligenza artificiale, quando un attacco hacker può in un attimo mettere a rischio l’operatività dei servizi essenziali”.
“Pensiamo – ha aggiunto – alla necessità di sviluppare e difendere il dominio sottomarino, laddove passano gran parte delle nostre comunicazioni e dei nostri dati; pensiamo a quanto è importante presidiare i gasdotti e le altre infrastrutture energetiche, garantire la sicurezza delle rotte commerciali e delle catene di approvvigionamento alimentari, presidiare il dominio spaziale. Tutte cose che non si fanno semplicemente con le armi. Senza questo approccio a 360 gradi non c’è difesa. Senza difesa non c'è sicurezza. Senza sicurezza non c’è libertà, perché senza sicurezza noi non possiamo proteggere l’Italia, le sue imprese e i suoi cittadini”.
Per questo, sarebbe meglio chiamare il Piano “Defend Europe”: “non abbiamo posto una semplice questione semantica o nominalistica, ma abbiamo proposto una questione di sostanza. Di merito”.
Quanto all’entità finanziaria del Piano, Meloni ha ricordato che “von der Leyen ha indicato in 800 miliardi di euro la sua dimensione complessiva”, precisando che “questi 800 miliardi di euro non sono né risorse che vengono tolte da altri capitoli di spesa né risorse aggiuntive europee”.
Il Piano “arriva a 800 miliardi di euro con due voci. La prima, 150 miliardi, dovrebbe corrispondere a prestiti che gli Stati Membri possono attivare, se reputano opportuno farlo, garantiti dall’Unione Europea. Si tratta cioè di eventuali prestiti su base volontaria, ma su questa misura ci riserviamo di dire di più quando avremo tutti i dettagli. La seconda voce, che vale 650 miliardi, è sostanzialmente teorica, nel senso che è la stima di quanto potrebbe cubare un ulteriore indebitamento nazionale se ciascuno Stato Membro decidesse di ricorrere a deficit aggiuntivo per massimo l’1,5%, al di fuori del vincolo della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita”.
Quindi, “non si tratta di spendere 800 miliardi di risorse attualmente esistenti nei bilanci degli Stati Membri, magari tagliando servizi ai cittadini per poter reperire quelle risorse o smettendo di investire sugli altri capitoli. Si tratta invece della possibilità di ricorrere a deficit aggiuntivo, rispetto a quanto normalmente previsto dal Patto di stabilità”.
L’Italia “valuterà con grande attenzione l’opportunità o meno di attivare gli strumenti previsti dal Piano” alla luce di “indicatori economici e finanziari estremamente positivi” visto che “secondo l’ultimo Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale, l’Italia è l’unica Nazione del G7 ad essere tornata dopo il Covid in avanzo primario” e che “lo stato di salute dei nostri conti pubblici è molto buono”.
Per questo “è nostro dovere proporre anche soluzioni alternative alla semplice creazione di nuovo debito”. Con il Ministro Giorgetti, ha aggiunto, “abbiamo proposto un meccanismo di garanzie pubbliche europee, coordinato e integrato con i sistemi nazionali, sul modello di quello che è attualmente utilizzato per il programma “InvestEU”, per mobilitare più efficacemente i capitali privati e rilanciare gli investimenti nel settore della difesa, nel quale l’Italia - ricordiamolo - può vantare dei campioni assoluti. Così come uno straordinario tessuto di piccole e medie imprese ad alto tasso tecnologico, che vogliamo difendere e sostenere perché volano di crescita e di investimenti. Perché stimolare la crescita, in tutti i settori, è la sola garanzia per creare ricchezza da redistribuire. E una politica economica espansiva che dedicasse risorse, aggiuntive e non sostitutive, agli investimenti in sicurezza, ricerca, infrastrutture strategiche, nuove tecnologie, avrebbe un effetto rilevante sulla crescita economica e sull’occupazione, senza deteriorare le altre voci di spesa pubblica. Ovviamente mantenendo, come ho già detto, l’equilibrio complessivo dei conti pubblici che caratterizza questo Governo”.
È una “grossolana semplificazione” affermare che “aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi, la scuola, le infrastrutture, la sanità o il welfare. Non è, ovviamente, così, e chi lo sostiene è perfettamente consapevole che sta ingannando i cittadini, perché maggiori risorse per la sanità, la scuola o il welfare non ci sono, attualmente, non perché spendiamo i soldi sulla difesa, ma perché centinaia di miliardi di euro sono stati bruciati in provvedimenti che servivano solo a creare consenso facile. La demagogia non mi interessa”.
La premier ha quindi criticato chi “oggi sventola le bandiere della pace contro le spese per la difesa lamentandosi anche di un’eccessiva ingerenza americana nelle nostre vicende. Beh, signori, le due cose non stanno insieme. O demandi la tua sicurezza ad altri, e gli altri decidono per te, o impari a difenderti da solo e decidi tu”.
Ecco perché “abbiamo sempre creduto nell’obiettivo – ambizioso ma io penso ormai improcrastinabile – di costruire quel solido pilastro europeo della NATO di cui parliamo da molto tempo e che deve affiancarsi al pilastro nordamericano, in un’ottica di complementarità strategica. Posizione che portiamo avanti da sempre, e che l’attuale maggioranza di governo ha consacrato anche nel programma con il quale si è presentata agli italiani. Sono scelte difficili, colleghi, però è il nostro lavoro. Mettere il destino degli italiani prima del nostro, la coscienza prima dei sondaggi, ciò che è necessario prima di ciò che è conveniente. Particolarmente in un tempo come questo, quando ogni errore dettato dalla superficialità, dalla demagogia o dall’interesse di parte potrebbe presentare alla Nazione un conto molto salato da pagare”.
“In conclusione, colleghi, non è un tempo facile quello nel quale ci è stato dato il compito di guidare questa Nazione. Il quadro è in continua mutazione, e le nostre certezze continuano a diminuire. Ma – ha sottolineato Meloni – c’è una certezza che per me non viene meno. Con una visione chiara, un po' di coraggio, concentrandosi solo sulle cose davvero importanti, e mantenendo come principale bussola di riferimento il suo interesse nazionale, l’Italia ha tutte le carte in regola per attraversare anche questa tempesta. Personalmente sono, e sarò, insieme a tutto il Governo, concentrata solo su questo. Come diceva Pericle: “La felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio”. Metteremo tutto il coraggio che serve, perché ai nostri figli non manchino domani né la libertà né la felicità”. (aise)