Inapp: cresce l'occupazione femminile ma permangono divari di genere strutturali

ROMA\ aise\ - Nel mercato del lavoro italiano i divari di genere restano ampi, ma non insormontabili. Tra il 2021 e il 2024 l’occupazione femminile è infatti cresciuta di oltre 600 mila unità, con un incremento del tasso di occupazione che ha raggiunto il 53,3% e si nota anche un rafforzamento della qualità dell’occupazione, con la crescita di contratti a tempo indeterminato e la diminuzione del tasso di disoccupazione femminile. Ma il divario di genere rimane evidente.
Sono queste alcune delle evidenze del Gender Policy Report 2025 pubblicato in queste ore dall’INAPP, redatto dal gruppo di ricerca “Analisi di genere del mercato del lavoro e delle politiche pubbliche”, che è stato presentato nelle scorse ore all’Auditorium dell’Istituto dell’Analisi delle Politiche Pubbliche.
Nel report si legge infatti che il tasso di occupazione femminile continua, infatti, a essere nettamente inferiore a quello maschile, che nel 2024 raggiunge il 70%, mentre la disoccupazione femminile resta più elevata rispetto a quella degli uomini, pari al 6,2%. Questi dati confermano come l’accesso e, soprattutto, la permanenza nel mercato del lavoro continuino a essere più difficili per le donne. Nel 2024, seppure in graduale miglioramento, rimangono elevati anche i tassi di inattività. Il 42,4% delle donne tra i 15 e i 64 anni risulta inattivo, a fronte del 24,4% degli uomini, con situazioni particolarmente critiche nelle regioni del Mezzogiorno, dove l’inattività femminile supera il 56%. Le cause della mancata partecipazione delle donne al mercato del lavoro sono prevalentemente legate a motivi familiari: questi interessano il 34% delle donne inattive tra i 15 e i 64 anni e arrivano al 44% nella fascia 25–34 anni, coincidente con l’età feconda. Per gli uomini, invece, i carichi di cura incidono in misura marginale, riguardando solo il 2,5% degli inattivi tra i 15 e i 64 anni e il 3% nella fascia 25–34 anni.
Superare questi ostacoli, secondo l'INAPP rappresenterebbe una leva fondamentale per ampliare la partecipazione femminile al mercato del lavoro: circa il 15% delle donne inattive tra i 15 e i 64 anni e il 26% di quelle tra i 25 e i 34 anni dichiara infatti la disponibilità a entrare nel mercato del lavoro qualora mutassero le condizioni che ne limitano oggi la partecipazione.
Dunque, nonostante il trend di crescita dell’occupazione femminile italiana i margini di miglioramento non sono ancora tali da consentire di superare i gap di genere che contraddistinguono il nostro mercato del lavoro, anche rispetto agli standard medi europei dove si registra un tasso di occupazione femminile pari al 66.2%.
Il Report poi individua dei focus in cui si sottolineano i divari di genere:
Povertà e lavoro povero: le donne sono la maggioranza delle persone low paid
I dati relativi al 2024 indicano una netta predominanza femminile tra i lavoratori dipendenti a bassa retribuzione. Le donne rappresentano il 58,9% del totale dei lavoratori sottopagati contro il 41,1% degli uomini, confermando la persistenza di meccanismi di differenziazione retributiva di genere. Nello stesso anno, il 18,4% delle lavoratrici dipendenti percepisce una retribuzione bassa, contro il 9,5% dei lavoratori uomini – un divario di quasi 9 punti percentuali.
L’invecchiamento della popolazione e il mancato turn-over nel lavoro domestico
Tra il 2015 e il 2024 è aumentato costantemente l’età delle persone occupate nel lavoro domestico retribuito – nella stragrande maggioranza donne – come colf o badanti: in dieci anni dimezzata la quota di persone in età compresa tra 25 e 34 anni (da un valore pari al 14,3% nel 2015 al 7% registrato nel 2024) e quadruplicata quella delle persone con 65 anni e oltre (nel 2015 rappresentavano appena il 2,8% del totale mentre nel 2024 ne costituiscono il 10,4%). Nello stesso periodo si assiste al graduale assottigliamento del numero complessivo di persone occupate come colf o badanti, facendo ipotizzare la sostanziale assenza di turn-over in questo segmento dell’occupazione.
Intelligenza artificiale generativa: le donne più esposte al rischio sostituzione
Le donne risultano più frequentemente impiegate in occupazioni “disrupted” ossia maggiormente vulnerabili alla sostituzione o trasformazione tecnologica: nei prossimi anni, quasi un quarto delle offerte di lavoro in alcuni Paesi europei richiederà competenze legate all’IA, con una quota che nei settori ICT è pari al 45 % in Spagna, 40 % in Belgio e 40 % in Italia, numeri significativi in una prospettiva di genere se si considera la storica scarsa presenza delle donne nelle discipline STEM e nel settore ITC, che spesso richiede flessibilità e disponibilità a orari prolungati.
“Dalla crescita del tasso di occupazione delle donne in età di lavoro dipende la capacità di rigenerare la nostra popolazione attiva per soddisfare i fabbisogni del sistema produttivo e per rendere sostenibili le prestazioni sociali - ha spiegato il presidente dell’INAPP, Natale Forlani -. Il Gender Policy Report segnala un’importante crescita dell’occupazione femminile ma permangono forti criticità, legate alle caratteristiche della domanda di lavoro, soprattutto nei servizi a basso valore aggiunto che penalizzano la qualità dei rapporti di lavoro e dalla carenza dei servizi come la sanità, il lavoro di cura e l’istruzione che negli altri paesi europei hanno consentito una crescita consistente della componente femminile del mercato del lavoro con particolare conseguenze nelle aree territoriali meno sviluppate”. (aise)